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Invitalia fuga i dubbi sull’Ilva. Lo Stato ci sarà. Senza aspettare il CdS

Dopo settimane di tensione e la produzione a un passo dallo stop, in una lettera inviata ad Arcelor Mittal Invitalia conferma l’investimento di 400 milioni per entrare nell’acciaieria, una volta che i fondi verranno sbloccati dall’azionista Mef. Anche prima della risoluzione del procedimento amministrativo

Ilva, Invitalia c’è. L’Agenzia per gli investimenti, controllata dal ministero dell’Economia, parteciperà all’aumento di capitale nell’acciaieria di Taranto, del valore di 400 milioni, grazie al quale Invitalia entrerà in possesso del 50% del capitale, per poi salire al 60% (il restante 40% rimarrà in capo all’attuale gestore, Arcelor Mittal) entro il 2022 grazie a un nuovo aumento che porterà il totale della ricapitalizzazione a 680 milioni. Una rassicurazione contenuta in una missiva inviata proprio oggi da Invitalia a Mittal e di cui Formiche.net ha visionato il contenuto. L’accordo di fine 2020 per l’ingresso dello Stato insomma è ancora in piedi. Anzi, si appresta a entrare nella piena operatività.

In un passaggio incastonato a pagine 3, la società guidata dall’ex commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, spiega come Invitalia “è in attesa delle determinazioni dei ministeri competenti: ma conferma che il governo si sta attivamente adoperando per far sì che, nel più breve tempo possibile e già prima della decisone che definirà tale giudizio, possano essere autorizzate la sottoscrizione e la integrale liberazione del primo aumento di capitale”. La società infatti sottolinea come “per procedere all’aumento di capitale in Aminvestco (la cordata di cui Mittal è azionista di maggioranza, ndr), occorre  lo stanziamento dei 400 milioni da parte del Mef.” Fondi che una volta sbloccati consentiranno a Invitalia di entrare a tutti gli effetti nel capitale dell’acciaieria.

Il dato è comunque la volontà, ribadita, della società e dunque dello Stato italiano di investire nella siderurgia italiana, vera e propria pietra angolare dell’industria tricolore. Rassicurazioni che giungono in un momento di forti tensioni tra il colosso franco-indiano Mittal e la stessa Invitalia. La settimana scorsa, la stessa Mittal aveva annucianto la decisione, poi rientrata, di fermare la produzione per la mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale di Invitalia. Il gigante dell’acciaio aveva annunciato una riduzione della produzione e il rallentamento degli investimenti previsti, scatenando l’ira dei sindacati, salvo poi fare dietrofront.

La partita industriale, quella tra Mittal e Invitalia almeno, è sanata. Ma c’è un’altra mina su Taranto, quella della giustizia. Poche settimane fa, il Consiglio di Stato (quarta sezione) ha infatti accolto la richiesta di sospensiva che Arcelor e Invitalia avevano presentato relativamente alla sentenza del Tar di Lecce del 13 febbraio scorso che aveva disposto la fermata degli impianti dell’area a caldo, ritenuti inquinanti. In caso di rigetto della sospensiva (fatti salvi eventuali provvedimenti ad hoc del governo) ArcelorMittal avrebbe dovuto avviare lo spegnimento dell’area a caldo entro un mese, senza attendere l’udienza di merito fissata per il 13 maggio. Che adesso diventa l’altra data da cerchiare in rosso sul calendario.

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