Nonostante il Covid, il premier israeliano domani farà il primo viaggio dall’instaurazione di relazioni diplomatiche formali nella nazione del Golfo, post accordi di Abramo, a dimostrazione di un momento delicatissimo
Come si stanno riequilibrando in chiave di influenze nella macro area i rapporti tra Israele e Emirati Arabi Uniti dopo gli accordi di Abramo? Cosa porta in dote la visita-lampo che domani compirà negli Emirati Arabi Uniti il premier israeliano, Benjamin Netanyahu? Potrà l’incontro con il principe Mohammed Bin Zayed, che cade alla vigilia delle elezioni politiche israeliane (previste per il 23 marzo) rappresentare la cartina di tornasole per nuovi scenari che toccano energia, geopolitica e alleanze?
INCONTRO
Si tratta del primo viaggio nella nazione del Golfo dall’instaurazione di relazioni diplomatiche formali, post accordi di Abramo. Più volte è stato rimandato a causa della pandemia (novembre, dicembre, gennaio) ma alla fine Netanyahu ha impresso un’accelerata, definendolo “di una grande importanza per la sicurezza, nazionale e internazionale”. Nonostante la pandemia, il premier israeliano non ha voluto cancellare il viaggio, anche se è stato ridotto (da tre giorni a tre ore).
Gli accordi portano in dote, come è noto, la rottura de facto di quella tesi che nessuna normalizzazione dei rapporti con Israele poteva esserci se non dopo un accordo di pace globale con i palestinesi. Proprio dai palestinesi sono giunte le maggiori critiche sugli accordi: l’Autorità Palestinese li ha sempre definiti un “colpo al consenso arabo”, anche se sia Trump che i membri del governo israeliano hanno successivamente assicurato che altri paesi della regione stavano valutando di firmarli, come poi effettivamente fatto da Marocco e Sudan.
A dimostrazione di una corsia diplomatica ormai avviata, inoltre, pochi giorni fa il presidente israeliano Reuven Rivlin ha ricevuto formalmente il primo ambasciatore in Israele dagli Emirati Arabi Uniti, Mohammad Mahmoud Al Khajah, che in seguito ha incontrato il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi. Al Khajah Ha anche incontrato Zvi Heifetz, l’inviato speciale di Israele negli Stati del Golfo e ha aperto un account Twitter che pubblica messaggi sia in inglese che in ebraico.
IRAN
Come influiranno le nuove relazioni nel dossier iraniano ed in quello energetico è un punto cruciale. Si discute molto dell’importanza della partecipazione dei Paesi regionali a qualsiasi negoziato sul dossier nucleare iraniano, per sostenere la sicurezza e la stabilità nella regione. Ancora qualche giorno fa il principe ereditario del Bahrain, Salman bin Hamad Al Khalifa, ne ha parlato con il Primo Ministro israeliano, affermando che i negoziati con Teheran dovrebbero “includere questioni più ampie”. Le parole di Al Khalifa sono le prime che riguardano il ritorno Usa ai negoziati sul nucleare con l’Iran.
Da un lato si registra il dubbio degli sceicchi del Golfo Persico, che restano scettici sulle intenzioni iraniane. Dall’altro hanno fatto trapelare, nemmeno troppo velatamente, che sarebbero favorevoli ad un accordo solo se includesse limiti alle attività non nucleari dell’Iran, incluso lo sviluppo missilistico e il sostegno ai gruppi ribelli. Nel mezzo il rapporto Netanyahu-Biden, che avrà un suo peso specifico: Gerusalemme e Washington avvieranno nei prossimi giorni discussioni strategiche sull’Iran tarate su intelligence e nucleare iraniano. L’obiettivo è concordare un dialogo proficuo e costruttivo, per evitare un pubblico spaccamento circa le policies americane in Iran. Per questa ragione tutto lascia pensare che verrà ravvivato il pool sull’Iran, istituito per la prima volta sotto l’amministrazione Obama, che sarà guidato dai consiglieri per la sicurezza nazionale di entrambe le nazioni, ovvero Meir Ben-Shabbat di Israele e Jake Sullivan di Washington.
ENERGIA
Le relazioni tra Israele ed Emirati Arabi Uniti registrano una novità anche con riguardo al dossier energetico, per portare greggio dal Mar Rosso al Mediterraneo. La Europe Asia Pipeline Company (Eapc) di proprietà statale israeliana e il Med-Red Land Bridge con sede negli Emirati Arabi Uniti hanno firmato un accordo storico. Le società intendono utilizzare l’oleodotto Eilat-Ashkelon per trasportare il petrolio dal Mar Rosso al Mediterraneo. L’Egitto rischierebbe così di essere il perdente di questa operazione.
Sebbene il Cairo goda di buoni rapporti con Israele e gli Emirati Arabi Uniti, l’accordo potrebbe privarlo delle tasse di transito per l’utilizzo del Canale di Suez. Gli oleodotti possono spostare 400.000 barili al giorno a Eilat e 1,2 milioni di barili dall’altra parte ad Ashkelon.
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