Skip to main content

Via libera al rinnovo di Irini. Così l’Italia traccia la linea Ue in Libia

“L’operazione Irini ha fatto e continuerà a fare la sua parte per implementare l’embargo di armi sulla Libia, contribuendo così alla stabilizzazione e alla pace nella regione”. L’ammiraglio Fabio Agostini, comandante di Irini, commenta così il rinnovo biennale. L’Italia prosegue il lavoro per la piena convergenza europea sul dossier. E a Tripoli si aspetta Mario Draghi

Rinnovo biennale conseguito. Come ampiamente anticipato dalla stampa e dalla dichiarazione dei leader europei degli ultimi giorni, la missione Irini per il controllo dell’embargo sulla Libia è stata prorogata fino al 31 marzo 2023. Rimane invariato il mandato, anche se ci sono specifiche maggiori sulla procedura di dirottamento di una nave sospetta di traffico di armi da (e verso) il Paese nordafricano. Resta invariato anche il comando, italiano, basato a Centocelle nella mani dell’ammiraglio Fabio Agostini.

IL MOMENTO

“L’estensione del mandato – ha detto oggi – è la conferma della volontà dell’Unione europea di mantenere gli impegni presi nella conferenza di Berlino sulla Libia”. Impegni da preservare anche alla luce del recente insediamento del governo di Abdulhamid Dabaiba, fresco di giuramento a Tobruk, che dovrà traghettare il Paese verso le elezioni del 24 dicembre, come definito nel Foro di dialogo promosso dall’Onu. “Con la creazione del nuovo governo libico di unità nazionale – ha detto Agostini – il processo di pace ha intrapreso una buona strada”. L’operazione, ha aggiunto il comandante, “ha fatto e continuerà a fare la sua parte per implementare l’embargo di armi sulla Libia, contribuendo così alla stabilizzazione e alla pace nella regione”.

LA LINEA ITALIANA

L’ufficialità sul rinnovo è arrivata oggi dal Consiglio dell’Unione europea, sulla scia della “Strategic review” portata avanti dal Comitato politico e di sicurezza dell’Ue. La decisione è stata sostenuta dall’Italia, da sempre attiva nel promuovere una missione che rappresenta il massimo impegno operativo dell’Unione nella crisi libica. Ieri il ministro Luigi Di Maio è stato a Tripoli insieme ai colleghi di Germania e Francia, Heiko Maas e Jean-Yves Le Drian, per testimoniare “l’unità di intenti dei Paesi europei più impegnati per la stabilizzazione della Libia”. Seconda visita in pochi giorni, considerando che il ministro italiano era a Tripoli anche domenica scorsa, primo capo di una diplomazia occidentale a incontrare il nuovo governo libico. L’incontro aveva preceduto di due giorni il bilaterale, in sede Nato, con il segretario di Stato americano Tony Blinken, utile a consolidare la sponda americana sul tema. Tra un paio di settimane sarà la volta del premier Mario Draghi, pronto a consolidare la leadership italiana sul dossier.

RAFFORZARE LA MISSIONE

La scorsa settimana, incontrando a Roma l‘Alto rappresentante Josep Borrell il ministro Lorenzo Guerini spiegava che “il governo italiano dà il deciso sostengo all’operazione Irini e chiede, con l’avvicinarsi della scadenza del mandato, una revisione strategica al fine di potenziare la missione e la sua capacità di agire in supporto al processo di pacificazione libica”. Per il ministro della Difesa resta “opportuno sollecitare una maggiore collaborazione con la missione Nato Sea Guardian e rafforzare i compiti secondari, tra cui quello di addestramento della Guardia Costiera e della Marina libica”. Sul punto della collaborazione con Sea Guardian, il problema principale resta la tradizionale insofferenza della Turchia (membro della Nato) per la missione Irini, giudicata sin dall’inizio da Ankara più favorevole per le forze di Khalifa Haftar, capace di ricevere armamenti via terra dall’Egitto. 

I NUMERI

Dal suo avvio, Irini ha investigato oltre 2.300 navi in navigazione nel Mediterraneo centrale, effettuando un centinaio di “friendly approach”, nove abbordaggi con ispezioni a bordo, un dirottamento con conseguente sequestro di un carico di carburante per scopi militari. Eppure, l’ormai noto rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu definisce l’embargo “totalmente inefficace”. Il problema, come notato da Formiche, restano le realtà che agiscono alle spalle dei due blocchi del Paese, che hanno sfruttato lo scontro armato, ora fermo, per trasformare quei blocchi in cui sono intervenuti in sfere di influenza. Proprio per questo l’Italia ribadiva la necessità del rinnovo della missione.

I COMPITI SECONDARI

Poi si tratterà di dare spinta ai compiti secondari dell’operazione. Oltre al controllo sull’embargo di armi, infatti, figurano nel mandato di Irini anche il monitoraggio e la raccolta di informazioni sul traffico illegale di petrolio, il contributo allo smantellamento del traffico di esseri umani e il supporto alla formazione della Guardia Costiera e Marina libica. Tuttavia, questo ultimo compito resta congelato in attesa di un accordo con il nuovo governo libico di unità nazionale. Intanto Irini prosegue le sue attività in mare. L’Italia impiega al momento il pattugliatore Borsini, un drone e diversi assetti in supporto associato. Dal mese prossimo tornerà anche l’unità anfibia Nave San Giorgio, con il ruolo di nave ammiraglia, e l’Italia assumerà nuovamente il comando delle forze in mare con il contrammiraglio Stefano Frumento.



×

Iscriviti alla newsletter