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Onu, troppe armi in Libia. Ecco perché Irini va rinnovata

Un rapporto delle Nazioni Unite mette in chiaro le continue violazioni dell’embargo Onu sulla Libia: le armi arrivano, per questo Irini serve ancora e deve essere implementata

L’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, è a Roma per incontrare il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e quello della Difesa, Lorenzo Guerini, e per poi visitare il quartier generale dell’operazione “EunavForMed Irini” – che si trova all’interno del Comando Operativo Interforze (COI) di Centocelle (la missione è guidata dall’ammiraglio italiano Fabio Agostini).

La missione congiunta dell’Ue si avvicina all’anniversario del lancio, avviata il 31 marzo 2020 con lo scopo di controllare l’attuazione dell’embargo Onu delle armi alla Libia. Un fattore che viene considerato da tutte le parti in causa come centrale per la stabilizzazione del Paese (che sta intravedendo la luce dopo anni bui).

Venerdì Borrell sarà alla base di Sigonella e salirà a bordo della fregata tedesca “Berlin”, che di recente si è unita alla missione Ue. L’operazione, secondo quanto anticipato da varie fonti, la prossima settimana sarà rinnovata per altri due anni. Testimonianza dell’importanza che viene affidata ai suoi obiettivi.

Tutto mentre in un’analisi all’interno di un rapporto monstre (548 pagine) redatto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, l’embargo sulle armi viene definito “totalmente inefficace”, come già anticipato a settembre scorso. Il problema restano le realtà che agiscono alle spalle dei due blocchi del paese – e che hanno sfruttato lo scontro armato, ora fermo, per trasformare quei blocchi in cui sono intervenuti in sfere di influenza.

Nel dossier si sottolineano le violazioni “ampie e palesi” del divieto indicando come responsabili i paesi che appoggiano le varie parti in conflitto (Turchia, in Tripolitania, e Russia, Emirati Arabi ed Egitto in Cirenaica), ma anche i mercenari e attori non statali, come il Wagner Group russo (inquadrato in modo indipendente sebbene si muova in coordinazione col Cremlino, che lo usa per i lavori sporchi) o l’ex capo dell’azienda di sicurezza militare Blackwater, Erik Prince (figura nota nel mondo della guerra privata, trumpiano, la cui vicenda libica era già stata denunciata dalle Nazioni Unite).

Tra l’ottobre 2019 a gennaio 2021, “l’embargo sulle armi resta totalmente inefficace. Nel caso di quegli stati che sostengono le parti in conflitto, le violazioni sono ampie, palesi e in completo spregio delle sanzioni. Il loro controllo della catena di approvvigionamento complica l’individuazione, il contrasto o il blocco” dell’afflusso di armi, scrivono sei esperti incaricati dall’Onu per la redazione del fascicolo sull’embargo.

Una condizione che rende evidente l’importanza di confermare e soprattutto implementare Irini, sia sul piano degli assetti che su quello operativo (soprattutto per quanto risguarda le ore di volo) e delle regole di ingaggio (soprattutto nel rendere meno complicate le ispezioni).

Recentemente il Washington Institute ha pubblicato un’analisi secondo cui, trattando il conflitto come una questione di sicurezza nel Mediterraneo, l’amministrazione Biden può assistere meglio il nuovo governo libico (che lunedì ha giurato dopo l’elezioni nel Foro onusiano) e “dimostrare il suo impegno a rivitalizzare le alleanze”. Nella proposta di policy è inclusa anche la possibilità di aprire un dialogo operativo tra IRINI e AfriCom, il comando del Pentagono che copre l’Africa.

AfriCom è attivo sia in termini di diplomazia militare che a livello operativo sul piano dell’anti-terrorismo in tutto il quadrante nordafricano, e questo genere di dialogo strategico potrebbe portarsi dietro un miglioramento dell’efficienza operativa per la missione europee di rispetto dell’embargo. Aspetto che si inserire in un potenziale aumento dell’interessamento degli Stati Uniti alla situazione, come registrato tempo fa su queste colonne da Karim Mezran (Atlantic Council).

D’altronde, alla luce della nuova postura della presidenza Biden è considerato essenziale rafforzare gli strumenti di coordinamento e scambio d’informazioni tra Nato e Ue nel Mediterraneo. Uno scambio informativo che renderebbe ancor più efficace l’azione di IRINI e al contempo andrebbe a rafforzare la credibilità europea in una fase così cruciale del dossier libico.

IRINI dovrebbe essere anche presa in considerazione dall’Europa e dall’Onu per avere anche una parte nel monitoraggio del cessate in fuoco – elemento che ha permesso l’avvio del processo di stabilizzazione del paese e il passaggio elettorale per la nuova autorità esecutiva che guiderà la Libia fino alle elezioni del 24 dicembre. Un ruolo che la missione europea potrebbe svolgere sfruttando le conoscenze acquisite nell’area e i mezzi aerei ed elettronici a disposizione.

 

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