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L’Italia alla guida della Difesa europea? Con Draghi si può, a patto che…

Karolina Muti e Arturo Varvelli (Ecfr) lanciano quattro suggerimenti al governo italiano per assumere la guida della nascente Difesa europea. Con Mario Draghi si può ambire alla leadership del progetto comune, a patto di sfruttare gli strumenti messi a disposizione da Bruxelles, investire entro i confini nazionali e digitalizzare le Forze armate

“La recente crisi politica in Italia ha portato alla nascita di un nuovo governo, con l’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, come primo ministro; come sempre, sono sorte domande su ciò che l’Italia farà dopo”. Si apre con queste parole la riflessione lanciata da Karolina Muti e Arturo Varvelli per l’European council on foreign relations (Ecfr). Nel testo i due autori si interrogano sul futuro delle relazioni dell’Italia, e in particolare sul suo ruolo nel contesto europeo e transatlantico. “Anche se l’europeismo e il trans-atlantismo sono punti fermi della tradizionale politica estera e di difesa di Roma, la cronica instabilità interna tende a minare la sua credibilità e affidabilità agli occhi sia della Nato che degli alleati dell’Ue”, avvertono i due autori.

SFIDE E OPPORTUNITÀ

Nonostante le difficoltà delle premesse, l’Italia si trova tra alcune congiunture favorevoli: da un lato, la nuova presidenza degli Stati Uniti, che vede con un occhio decisamente più favorevole sia l’architettura europea, sia il rapporto di fiducia tra partner atlantici, e consente alla doppia vocazione europea e atlantica di Roma di diventare un vero e proprio asset strategico da sfruttare nei dialoghi in entrambi i forum; dall’altro, la necessità per l’Europa di dotarsi di un’architettura di difesa più strutturata è riconosciuta come un elemento fondamentale per la difesa continentale (e atlantica) imprescindibile.

QUATTRO PUNTI PER ROMA

Secondo gli esperti, il rischio per l’Italia, terza potenza militare e industriale d’Europa, è perdere il momento favorevole, in un momento in cui l’asse franco-tedesco si fa sempre più forte. Se Roma non dovesse riuscire ad intervenire sulla costruzione della Difesa europea allo stesso livello di Parigi e Berlino, queste ultime potrebbero presentare ai Paesi membri quanto deciso tra loro come un “fatto compiuto”. Secondo l’analisi di Muti e Varvelli, per assicurarsi un ruolo pieno e attivo nella difesa europea, indipendentemente dalle sue tribolazioni politiche interne, l’Italia dovrebbe perseguire quattro punti programmatici prioritari: favorire la cooperazione di difesa europea, investire nel settore della difesa, digitalizzare le proprie forze armate e potenziare le sinergie tra settore privato, pubblico, civile e militare.

I PROGRAMMI COMUNI EUROPEI

Primo, L’Italia dovrebbe impegnarsi nei programmi di difesa dell’Ue, come la Coordinated annual review on defence dell’Ue, il Fondo europeo di difesa (Edf) e la Cooperazione strutturata permanente (Pesco), nella convinzione che le tecnologie-chiave e le capacità avanzate necessarie per affrontare con efficacia ed efficienza gli scenari in costante mutamento del futuro, siano più facilmente ottenibili attraverso la cooperazione con l’Europa. In particolare, i costi necessari per un adeguato sostegno alla ricerca e sviluppo delle tecnologie di difesa, complici anche le ristrettezze dovute alla pandemia, non possono essere sostenute dal solo budget nazionale destinato alla difesa e la cooperazione sia con l’Ue che con gli altri partner internazionali è una componente imprescindibile per l’Italia.

INVESTIMENTI DI DIFESA ITALIANI

In secondo luogo, l’Italia dovrebbe mantenere gli investimenti governativi a supporto della competitività del proprio settore industriale di difesa. Questo invito è particolarmente rivolto a quei segmenti di mercato dove l’Italia possiede delle capacità particolari o uniche. L’articolo sottolinea l’incremento dei fondi destinati dal ministero della Difesa ai programmi di investimento, ma ricorda anche il livello pericolosamente basso degli investimenti dedicati ai programmi di procurement in cooperazione con le altre nazioni.

DIGITALIZZAZIONE DELLE FORZE ARMATE

Elemento imprescindibile è poi la digitalizzazione completa delle Forze armate. Sebbene gli esperti rilevino che i militari sono ben consapevoli della necessità sempre più pressante di capire e investire nelle tecnologie emergenti, avvertono anche che le misure di adattamento dello strumento militare alla dimensione digitale sono state, fino ad oggi, troppo lente.

COOPERAZIONE E SINERGIE TRA CIVILI E MILITARI

L’ultimo punto pone l’attenzione sulla necessità di una cooperazione più efficace e veloce tra le componenti civili e militari sia a livello nazionale che europeo, così come tra i settori pubblico e privato. Dalla gestione delle infrastrutture critiche, all’innovazione e agli sviluppi delle tecnologie emergenti, gli attori del settore privato sono coinvolti a pieno in aree-chiave che contribuiscono all’efficacia delle politiche estere, di sicurezza e di difesa. Di conseguenza, il coordinamento e il dialogo costante con questi attori sono di fondamentale importanza, ed è necessario strutturare azioni più coerenti e solide per una migliore risposta alle crisi.

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