Il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti ha aperto alla possibilità di mettere il golden power sull’offerta del gruppo di Stato cinese Faw per Iveco. Per gli esperti però l’operazione è in salita. La divisione Difesa è fuori dall’accordo e manca un appiglio per intervenire con i poteri speciali
Non sarà facile mettere il golden power sulla cessione di Iveco ai cinesi di Faw Group. Le parole del ministro leghista dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti hanno riacceso i riflettori della politica italiana sull’offerta del gruppo cinese per la società italiana produttrice di camion e bus e per la parte motori di Ftp Industrial in mano a Cnh International, a sua volta controllata da Exor, il gruppo della famiglia Agnelli.
Giovedì Giorgetti ha detto che la questione “è oggettivamente materia che interessa il Golden power. Non significa che lo adotteremo, ma considero strategico questo tipo di produzione che può anche essere oggetto di riconversione industriale”. Al numero due della Lega si è accodata buona parte del centrodestra, dal forzista Antonio Tajani al vicepresidente del Copasir di Fratelli d’Italia Adolfo Urso.
La trattativa tra Faw, gruppo controllato dal governo cinese, e Cnh prosegue da tempo, anche se non è ancora stata annunciata un’offerta ufficiale. Secondo la Reuters, Cnh ha rifiutato l’anno scorso un’offerta di 3 miliardi di euro ritenendola troppo bassa. Le opzioni più probabili al momento restano due: o un’offerta vincolante, oppure, scrive il Corriere, lo spin off di Ftp e Iveco e la loro quotazione in Borsa, annunciata nel settembre del 2019. A meno che, ovviamente, il governo Draghi non decida di esercitare i “poteri speciali” bloccando l’operazione.
Chi spinge per lo stop sostiene che l’acquisto da parte del gruppo di Stato-cinese permetterebbe a Pechino di accedere a informazioni sulla divisione di Iveco che produce veicoli per la Difesa italiana e la Protezione civile, “Iveco Defense Vehicles”. Divisione che però, va ricordato, non rientra nell’offerta di Faw. Qui sorgono i dubbi sulla possibilità di intervenire con il golden power.
“Sicuramente l’operazione sarà oggetto di notifica, ormai si notifica tutto. Ma il settore degli autoveicoli civili oggi non rientra nella lista di settori coperti dal golden power, è fuori dal perimetro – commenta Fabio Bassan, professore di Diritto internazionale dell’Economia all’Università di Roma Tre – servirebbe un provvedimento normativo che integri la lista, altrimenti è difficile immaginare un appiglio”.
Nonostante il perimetro dei “poteri speciali” del governo sia stato notevolmente ampliato dal Decreto Liquidità nell’aprile del 2020 per proteggere le aziende dal crollo in borsa dovuto alla pandemia, non rientra infatti nella normativa né la meccanica né il settore dell’automotive in sé.
Il gruppo di coordinamento per il golden power a Palazzo Chigi dovrebbe trovare un aggancio che permetta di intervenire. È il caso del comparto“Dual-use”, ovvero di tutti quei prodotti, inclusi i software, che possono avere sia un utilizzo civile che militare. In quel caso è il Decreto liquidità approvato dal Conte-bis a riportare il settore sotto l’ombrello del golden power. Ma per la definizione di “dual-use” rimanda a un regolamento europeo (CE 428/2009) che traccia un perimetro amplissimo. Anche per questo fonti vicine al gruppo di esperti di Palazzo Chigi confidano a Formiche.net che, per il caso Iveco-Faw, “è difficile parlare di veti, al massimo ci può essere qualche prescrizione”.
Non aiuta a sbrigliare la matassa la distanza fra la normativa italiana e quella europea sul golden power, nota Bassan. “Il golden power europeo, che è nato dopo quello italiano, non parla di settori ma di infrastrutture critiche. Così la normativa italiana sui poteri speciali si muove oggi su una complessa matrice: da una parte i singoli settori, dall’altra le infrastrutture indicate dall’Ue”.
La matrice dà vita a una lista di settori inclusi nel perimetro che, “come tutte le liste che prevedono una deroga in diritto, è da considerarsi esaustiva”. Serve allora un atto di legge, o un Dpcm, per modificarla come è stato fatto ad aprile scorso. Il rischio di un intervento al di fuori del perimetro, avvisa Bassan, è “l’inizio di una battaglia legale in tribunale, perché le imprese vanno di fronte al Tar, e lì bisogna saper dimostrare la legittimità dell’operazione”.