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La Cina vuole l’Artico. La storia dell’aeroporto di Kemijarvi

La Difesa finlandese ha bloccato la Cina, che tramite un istituto di ricerca voleva prendere il controllo di un aeroporto sull’Artico

Che il controllo dell’Artico sia un tema della sfida geopolitica globale ormai è piuttosto chiaro. Il riscaldamento climatico, fattore dal valore strategico, permetterà migliore fruibilità delle rotte dell’estremo nord, e ne aprirà allo sfruttamento delle risorse. Russia, Cina e Stati Uniti, nonché le potenze europee, si stanno muovendo in una competizione finora meno visibile rispetto ad altri teatri, ma non meno agguerrita.

Due giorni fa per esempio l’emittente pubblica finlandese Yle ha mandato in onda un servizio in cui raccontava di come il Polar Research Institute of China avesse cercato di acquistare un aeroporto nei pressi di una base delle Puolustusvoimat, le forze armate della Finlandia. L’Istituto è un ente di ricerca statale cinese e voleva usare lo scalo come scalo per i propri studi.

L’avamposto logistico che il governo di Pechino voleva acquistare (o al limite affittare, o usare dietro un finanziamento per una nuova pista) era lo scalo di Kemijarvi, in Lapponia, dove nel 2018 si è recata a trattare l’affare una delegazione di scienziati di cui però faceva parte anche il maggiore Lie Ji, assistente dell’attaché militare dell’ambasciatore cinese. I voli di ricerca e osservazione avrebbero permesso al Dragone di avere un occhio diretto sull’Oceano Artico, sul Polo Nord e sul Passaggio a nord-est.

A bloccare l’operazione sono state le Forze armate e l’intelligence di Helsinki, dato che l’aeroporto lappone è nel cono aereo di Ketola e adiacente al poligono di Rovajarvi (luogo di addestramento militare finlandese, a volte utilizzato anche dalla Nato, a gennaio è stato visitato dal comandante dello US Army Europe).

“L’esercito aveva una chiara visione sul fatto che questo tipo di attività non può essere svolta qui. È troppo vicino a Rovajarvi”, ha detto il sindaco nello speciale televisivo, aggiungendo che non c’è stato alcun seguito alla proposta iniziale. Un consulente del ministero della Difesa finlandese ha aggiunto parlando a Yle che una volta scrutinata la proposta hanno subito ritenuto impossibile la vendita.

Al di là delle leggi della Finlandia, c’è una direttiva dell’Ue che limita gli investimenti esteri, entrata in vigore lo scorso ottobre, che bloccherebbe accordi del genere. La sensibilità davanti a certe situazioni è aumentata in Europa, così come le normative. Scudo di protezione agli asset strategici come il Golden Power servono proprio a evitare che attori rivali come la Cina (o la Russia) acquisiscano il controllo di beni che possano alterare le condizioni di sicurezza nazionale.

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