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La guerra ibrida dei vaccini è fatta di export e fake news

Mentre gli Usa sono alle prese con la vaccinazione domestica e un’operazione di disinformazione russa riguardo ai propri farmaci, la diplomazia vaccinale è già realtà, e quella del Cremlino va di corsa. Dove convergono le fake news e le vendite di fiale?

Il confronto “ibrido” non risparmia le vaccinazioni contro il Covid-19. Lunedì la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha detto alla stampa che l’amministrazione Biden “è consapevole di, sta monitorando e sta prendendo contromisure” rispetto alla campagna di disinformazione russa in corso, volta a denigrare i vaccini occidentali e avvantaggiare il siero di Mosca, Sputnik V.

La rivelazione è arrivata attraverso il Wall Street Journal. Secondo la fonte dell’articolo, un ufficiale del Dipartimento di Stato americano, quattro pubblicazioni online in più lingue hanno agito da paravento per un’operazione dei servizi di intelligence russi (nello specifico, GRU e FSB).

Le testate disseminavano notizie distorte, mettendo in dubbio l’efficacia dei vaccini Pfizer e Moderna, amplificando la gravità e la frequenza degli effetti collaterali (correlando, ad esempio, l’inoculazione del vaccino Pfizer con la comparsa di paralisi facciali) e instillando sospetti sulla meticolosità dei test condotti dalle case farmaceutiche occidentali.

Fedele al suo tradizionale copione, il Cremlino ha rispedito le accuse al mittente. Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha detto al WSJ che “se dovessimo trattare ogni pubblicazione negativa contro lo Sputnik V come il risultato di uno sforzo dei servizi speciali americani, diventeremmo pazzi”. Ma secondo un report appena pubblicato dal think tank americano German Marshall Fund, la Russia è il più grande diffusore di cronaca negativa sui vaccini americani; 86% dei post russi sul vaccino Pfizer sono risultati critici.

La pandemia da coronavirus ha offerto ampio spazio di manovra ai regimi impegnati in un’offensiva psicologica, detta anche ibrida, mediante la diffusione di fake news nei media occidentali. La diplomazia dei vaccini è la “naturale estensione” di queste campagne, secondo il report GMF. In sostanza, un regime come quello russo o cinese può avvantaggiare la commercializzazione del proprio vaccino – e il ritorno d’immagine (domestico e internazionale) che ne consegue – disseminando disinformazione e minando la fiducia globale nei sieri “concorrenti”.

Questa campagna è in linea con altre operazioni di disinformazione già condotte da Mosca e da Pechino, dove il virus è solo l’ultimo proiettile nel caricatore. Le testate incriminate “diffondono molti tipi di disinformazione [oltre a quella relativa ai vaccini, come] organizzazioni internazionali, conflitti militari, proteste, e qualsiasi questione divisiva che possono sfruttare”, ha detto Psaki. Come spiegato anche dalla fonte del WSJ, queste narrative possono facilmente attecchire a livello domestico, entrare nel discorso pubblico e destabilizzare il processo democratico.

La questione si colloca nel contesto della più grande campagna vaccinale nella storia, un’opportunità più unica che rara per alterare gli equilibri geopolitici del pianeta. E a Washington ne sono ben consapevoli. Giusto venerdì scorso Psaki ha espresso in conferenza stampa la “preoccupazione” della Casa Bianca riguardo al “tentativo di fare politica mediante i vaccini da parte di Russia e Cina”. Secondo il Tempo, gli Usa “hanno fatto sapere per vie informali a molti paesi europei – Italia compresa – di non gradire affatto l’apertura sempre più larga che si sta facendo al vaccino russo Sputnik”.

Quando un giornalista le ha chiesto se la strategia vaccinale americana, che non prevede export finché non saranno vaccinati tutti gli statunitensi, riducesse l’influenza americana nel mondo, la portavoce ha ammesso la “complessità” del problema. Del resto, i regimi come Russia e Cina possono permettersi di esportare senza dover renderne conto ai propri cittadini non vaccinati. “Lavoriamo con i partner su tutta una serie di questioni […] incluso l’accesso ai vaccini, e continueremo a farlo”, ha aggiunto Psaki.

L’EMA, l’ente regolatore europeo per i farmaci, ha approvato i vaccini Pfizer e Moderna per l’utilizzo dopo un periodo di esame. Il vaccino russo, invece, è stato sottoposto solo settimana scorsa all’approvazione dell’EMA. Ciò non ha impedito a Paesi come l’Austria di smarcarsi dall’ente europeo e richiedere il vaccino russo, visti i ritardi europei nella consegna dei vaccini, incontrando immediata disponibilità da parte del Cremlino e il plauso di politici del calibro di Matteo Salvini.

Fonti indipendenti certificano l’efficacia superiore al 90% di tutti e tre i vaccini in questione.

I risvolti geopolitici sono già emersi. È improbabile che gli Stati Uniti inizino la propria diplomazia vaccinale prima di maggio, mese entro il quale l’amministrazione Biden prevede di aver messo a disposizione dosi di vaccino per tutti gli statunitensi. Quella russa e cinese, invece, è già in corso nel resto del mondo, Europa inclusa; il premier ungherese Viktor Orbàn si è vaccinato col siero cinese Sinovac, e Sputnik è già in fase di somministrazione a San Marino.



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