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Letta, Conte e Cottarelli, le tre novità della politica italiana

L’arrivo di Draghi al governo ha messo in moto movimenti e sommovimenti nei partiti e non solo. Ecco alcuni esempi significativi su un nuovo modo di far politica nel M5S, nel Pd e in una potenziale forza di centro secondo Luigi Tivelli

Come già mi era capitato di scrivere, la nascita e l’avvio del governo Draghi non poteva non comportare sommovimenti e mutamenti significativi nel quadro delle forze politiche, indotte a concentrarsi, così come accaduto per il governo, sulla valorizzazione delle proprie risorse e su un nuovo modo di far politica.

Il primo sommovimento significativo è stato l’affidamento sostanzialmente deliberato da Grillo della leadership del Movimento 5 Stelle a Giuseppe Conte.

Conte ha accettato riservandosi di presentare un progetto che ancora sta elaborando, ma in ogni caso si tratta di un passo avanti significativo perché con lui avremmo un Movimento certamente di taglio più moderato, non so quanto “liberale” (anche se Luigi Di Maio ha usato anche questo termine), ma non sarà più una sorta di documento monotematico basato sul reddito di cittadinanza e la lotta ai privilegi. E poi viene definitivamente meno il principio dell’”uno vale uno” in quanto si affida alla leadership a un professore universitario che è stato due volte Presidente del Consiglio e si sancisce la rilevanza del principio di competenza.

Certamente non meno rilevante il sommovimento avvenuto a seguito delle dimissioni di Nicola Zingaretti del Pd. Anche in quel caso, quasi sulla scia del modello su cui si basa il governo Draghi, i notabili del partito si sono subito orientati alla ricerca dell’eccellenza offrendo la segreteria a Enrico Letta, che è la personalità di maggior prestigio interno e internazionale del Pd, in quanto direttore dell’Alta Scuola di studi politici di SciencesPo a Parigi, il quale dopo una breve riflessione ha poi accettato.

Certamente non sarà lo stesso Pd di Zingaretti. Il nuovo segretario non avrà certo a fianco un cosiddetto stratega del tipo di Goffredo Bettini che aveva finito per indurre Zingaretti a dare il massimo peso al ruolo del premier Conte e agli stessi 5 Stelle nel quadro dell’alleanza. È da presumere, già dalle prime dichiarazioni di intenti, che Enrico Letta lavorerà molto, a partire dalla storia, dalle radici, dall’identità del partito, sull’autonomia e doterà finalmente il Pd di un programma moderno e autonomo rifacendone un partito potenzialmente maggioritario e che il rapporto con i 5Stelle, che in qualche modo proseguirà, sarà, come avviene in politica, un rapporto di collaborazione-competizione, nella consapevolezza della rilevanza e dell’orgoglio delle radici identitarie e del peso programmatico che acquisterà il Pd.

Ma c’è poi un terzo fattore che si è messo in moto grazie alla spinta evolutiva del governo Draghi di cui, immersi tra pandemia, problemi di vaccinazione e di zone rosse, si è poco parlato, ed è la costituzione di una nuova potenziale forza al centro dello schieramento politico, che prende il nome di Comitato “un programma per l’Italia”, presieduto da Carlo Cottarelli e promossa da Azione di Claudio Calenda, PiùEuropa di Emma Bonino, quello che resta dell’antico Partito Repubblicano, più altri movimenti minori di ispirazione liberale.

Il modello è interessante perché come ha illustrato a Repubblica Cottarelli, egli guiderà gruppi di esperti per giungere a una sorta di programma comune. Una serie di idee e proposte non solo tese a risolvere i problemi concreti e annosi del Paese ma mirate su una vision del futuro, e tese a superare la logica degli improduttivi sussidi. Nel webinar di presentazione del comitato, presenti i leader dei partiti e dei movimenti, è stata annunciata l’intenzione di una più pregnante collaborazione politica tra di essi.

Presentarsi subito privilegiando l’identità programmatica rappresenta un modello molto significativo, in un Paese in cui di solito si privilegia invece la politica politicante e i programmi sono semmai orpelli che si aggiungono perché in qualche modo ci devono pur essere, e questo rende l’iniziativa indubbiamente interessante. Così come è di indubbio interesse il fatto che possa nascere una forza laica liberaldemocratica di ispirazione moderatamente progressista che è quella forza di cui si è sentita la mancanza nel Paese nel corso della Seconda repubblica e che nella Prima repubblica – pensiamo ad esempio al Patito Repubblicano, aveva dato energie politiche molto importanti per i governi di centro sinistra o di pentapartito al Paese.

Una forza che potrebbe anche avere un potere attrattivo verso altre realtà come per un verso Italia Viva di Renzi e come la stessa Forza Italia se sulla base dell’evoluzione del quadro politico ritenesse di staccarsi dall’alleanza di centrodestra per esigenze di governabilità, una forza che avrebbe pure un’altra funzione strategica di essere rispetto al Pd un “secondo forno” di dialogo, non lasciando il Pd nella condizione di avere i 5 Stelle come “unico forno” di dialogo.

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