Maurizio Sacconi commenta la proposta lanciata da Enrico Letta all’assemblea Pd, un’idea che lui stesso provò a mettere in pratica sia da ministro del Lavoro che da presidente della commissione Lavoro del Senato. Senza successo. Per questo il neo-segretario deve essere consapevole di partire in salita, visto come la pensa il suo stesso mondo di riferimento
Enrico Letta ha voluto caratterizzare la sua guida del Partito Democratico anche attraverso la proposta della partecipazione dei lavoratori alle decisioni e agli utili delle imprese. Si tratta invero di una novità per questa area politica se si eccettua il favore inascoltato per la partecipazione di Pietro Ichino. Precisiamo subito che nessuno in Italia ha mai ipotizzato un regime alla tedesca, figlio di una storia di relazioni industriali collaborative e di una cultura socialdemocratica e sindacale lontane dall’ideologia comunista.
Le ipotesi legislative sono sempre state dedicate a tipizzare una serie ampia di modalità di coinvolgimento dei lavoratori nella vita delle imprese, attraverso la libera contrattazione, con lo scopo di incentivarle. Insomma premi e non vincoli, come ha oggi affermato un acuto osservatore quale Dario di Vico. Quale presidente della commissione lavoro del Senato (e relatore), tentai inutilmente di condurre ad approvazione un testo unificato che sembrava largamente condiviso.
Ma fu la Confindustria di allora, in ottimi rapporti proprio con il PD, a farne bloccare il percorso nel timore che anche la sola approvazione di un elenco di buone pratiche potesse condurre una parte del sindacato ad usarle come clava conflittuale. E, invero, l’avvio di una stagione partecipativa quanto meno nelle aziende più strutturate, presuppone una evoluzione culturale della rappresentanza dei lavoratori nel senso del privilegio delle prassi collaborative.
La partecipazione implica infatti la convinzione che le imprese siano comunità di interessi (e, se possibile, di valori) e che il loro destino sia comune a tutti coloro che vi operano. Non parliamo poi delle pubbliche amministrazioni nelle quali il destino comune dovrebbe coincidere con il benessere collettivo ma che, proprio per questo, sembrano indifferenti a tutti.
Nei giorni scorsi la CISL ha eletto Luigi Sbarra a segretario generale e questi, riprendendo valori ed esperienze della sua organizzazione, ha rilanciato l’obiettivo del diffuso coinvolgimento dei lavoratori. Nella identità di questo sindacato si rinviene la consapevolezza che partecipazione e responsabilità marciano di pari passo, come i diritti e i doveri nei rapporti di lavoro.
Insomma, Letta ci da una buona notizia ma speriamo sia consapevole delle conseguenze delle belle parole, innanzitutto per il suo stesso mondo di riferimento.