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Mar Cinese, perché Filippine e Cina sono ai ferri corti

Manila e Pechino sono in piena crisi diplomatica, con il governo filippino che ha inviato assetti navali per contrastare una flottiglia di pescherecci cinesi intorno a un atollo conteso. Pechino respinge le accuse, Washington ricorda la necessità della libera navigazione

Tra Filippine e Cina è in corso una crisi diplomatica sul Mar Cinese Meridionale, dove Manila ha inviato unità navali e marittime per contrastare quella che definisce “un’incursione”, “una privazione per militarizzare l’area” organizzata da Pechino – accusata d’aver inviato attorno a Whitsun Reef una “flottiglia marittima” composta da oltre 200 barche. Whitsun Reef è parte delle Isole Spratly, lingue di terra contese tra Cina, Filippine, Vietnam e Malesia. Non è la prima volta che il Partito/Stato usa le imbarcazioni civili per blitz con cui marcare la presenza su certi territori.

“Con la maggiore presenza navale nell’area, cerchiamo di rassicurare il nostro popolo delle forze armate delle Filippine, l’impegno forte e incrollabile per proteggerli e difenderli dalle molestie e garantire che possano godere dei loro diritti sulla ricca zona di pesca del paese”, ha detto il portavoce della Difesa filippina. Manila ha ricevuto il sostegno del Vietnam e soprattutto degli Stati Uniti: la Cina sta usando “milizie marittime per intimidire, provocare e minacciare altre nazioni, il che mina la pace e la sicurezza nella regione”, dice Washington. Pechino si difende, rivendica la sovranità in quel tratto – il reef Niué Jiao – e sottolinea che le barche hanno attraccato per evitare il maltempo.

Gli Usa rilanciano: “Le barche cinesi ormeggiano in questa zona da molti mesi in numero sempre crescente, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche”. Prima di accedere a ulteriori piani internazionali, va analizzato che sulla situazione pesano le elezioni presidenziali nelle Filippine programmata per il 2022: Rodrigo Duterte non può ricandidarsi, ma potrebbe usare il tema nazionalistico per spingere il proprio candidato e questo potrebbe irrigidire le posizioni riguardo alla Cina (anche per trovare maggiore sponda a Washington, dove la nuova Casa Bianca è poco incline a presidenti dal pugno duro come lui, ma molto interessata a compattare le alleanze internazionali per far fronte nel contenimento di Pechino).

La questione della pesca è uno dei temi riguardo alle contese sul Mar Cinese, ricco di pesci, ed è oggetto di contrasti tra Washington, Pechino e gli altri paesi rivieraschi. Il Partito/Stato occupa forzatamente l’area, e lo fa usando strumenti duali come i pescherecci o militarizzando alcuni isolotti. Dal lato opposto, gli Stati Uniti rilanciano la necessità di preservare la libera navigazione e i diritti internazionali – su questo basano i propri dispiegamenti regionali. La vicenda è simbolica perché spiega l’enorme delicatezza attorno al dossier – parte del grande, articolato e complesso quadrante dell’Indo Pacifico. L’accentramento di mezzi, civili e militari, nel Mar Cinese può portarsi dietro l’enorme rischio di incidenti, dalle conseguenze potenzialmente non controllabili.



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