Il listino tecnologico che con la pandemia ha macinato record su record, da settimane ha smarrito l’euforia, inanellando un crollo dopo l’altro. Colpa del probabile aumento dei prezzi, già anticipato da Jerome Powell e del costo del debito americano. Ma anche della crisi sui listini di Tesla
Venticinque anni fa era il listino di Borsa simbolo di una nuova era. Nato nel 1971, a fine anni ’90 in piena new economy il Nasdaq conobbe il suo primo boom. Finito in malo modo, visto che l’esplosione dei titoli altro non era che una bolla, scoppiata al passaggio del 2000. Oggi il copione è diverso, il listino tecnologico più famoso al mondo sta vivendo settimane tutt’altro che euforiche, con i titoli portanti, quelli che durante la pandemia hanno guadagnato più di tutti, costantemente sotto pressione. Lo si è capito, come se ce ne fosse ancora bisogno, anche nelle ultime ore.
L’indice tecnologico di New York ieri ha lasciato sul terreno il 2,41%, con tutti i titoli Tech in difficoltà: dal -4,2% di Apple al -5,8% di Tesla. Risultato, dai picchi di metà febbraio, il Nasdaq ha perso oltre il 10% di terreno aprendo così quella che sui mercati viene considerata ufficialmente una fase di correzione dai massimi più recenti. Ma quella di questi giorni appare ai più come una vera e propria crisi del Nasdaq. I cui fattori scatenanti, come raccontato da Formiche.net, sembrano essere molteplici. A cominciare dallo spettro dell’inflazione.
INFLAZIONE, SPAURACCHIO DEL NASDAQ
Il punto di partenza è che la liquidità pompata dal governo americano nell’economia nazionale, tramite il maxi-piano da 1900 miliardi, appena approvato da Camera e Senato, rappresenta una specie di defibrillatore su un sistema martoriato da restrizioni e lockdown. Un effetto, che unito alle politiche espansive della Fed di Jerome Powell, ha creato nelle settimane scorse una certa euforia.
Ora però, qualcosa è cambiato e tra gli investitori del Nasdaq serpeggia una certa paura di un repentino aumento dell’inflazione. Paura fondata visto che lo stesso governatore Powell ha ammesso la concreta possibilità di un aumento del costo della vita nel breve termine.
Ma non solo: nelle ultime settimane il nervosismo dei mercati sta frenando il passo dei maggiori indici, come già era successo prima del crollo dello scorso marzo, quando gli investitori iniziarono ad anticipare l’effetto pandemia sull’azionario. D’altronde, con quasi 2mila miliardi di dollari in pancia all’economia reale americana, è giocoforza prevedere un aumento dei prezzi, complice una domanda di beni e servizi più forte. Non è tutto. A spaventare gli investitori c’è anche l’andamento al rialzo dei rendimenti sui titoli decennali americani, i Treasuries, termometro del costo del debito Usa. Il rendimento è tornato all’1,6% (+43 punti in un mese), spinto, ironia della sorte, proprio dalle vendite sui titoli tecnologici.
IL FATTORE TESLA
C’è poi un altro fattore a monte della crisi del Nasdaq: Tesla. Il titolo legato al costruttore di auto elettriche co-fondato e guidato da Elon Musk, seduta dopo seduta sta perdendo molto del suo valore in Borsa. Colpa, in parte, del pieno di Bitcoin fatto un mese fa (1,5 miliardi), operazione che ha spinto ai massimi la criptomoneta ma ha danneggiato il titolo Tesla. Come dimostra il fatto che ad oggi il titolo ha perso il 29,6% rispetto ai massimi toccati lo scorso gennaio, bruciando quasi 300 miliardi di capitalizzazione in 40 giorni. Tutto questo all’indomani di un 2020 chiuso con un rialzo sul Nasdaq del 579%.
Bitcoin a parte, dietro alla spirale ribassista che sta affossando il titolo c’è la crescente competizione nel ramo elettrico dell’automotive, con i tanti competitor che stanno cercando di erodere la quota di mercato del colosso di Palo Alto. Ma lo smarcamento degli investitori è da ascrivere anche alle ormai diffuse perplessità sulla consistenza delle valutazioni dei titoli legati alla smart mobility. C’è chi comunque, alle auto elettriche ancora crede fortemente, come l’India, Paese che, come riportato da Reuters, starebbe facendo carte false per spingere Tesla a produrre in loco, a discapito della Cina.
GLI USA DAVANTI ALLA SFIDA DEL DEBITO
Di sicuro, sul futuro del Nasdaq peserà e non poco la grande sfida di questa settimana sul debito americano. A partire da oggi infatti parte un ciclo di aste di titoli molto grosse, attraverso il quale Washington chiederà al mercato 120 miliardi di dollari necessari per iniziare a finanziare il maxi-piano di stimoli da 1.900 miliardi. Il clima è teso e il Tesoro Usa, come ricorda oggi il Sole 24 Ore, spera di evitare quanto accaduto due settimane fa quando ha fatto fatica a raccogliere i 62 miliardi previsti su un titolo a 7 anni. Si vedrà.