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Un dictator per la pandemia? L’opinione di Celotto

La richiesta di misure “di guerra” da parte del capo della protezione civile, in questa fase, mi pare da intendere soprattutto come provocazione politica, per far capire a tutti che la pandemia non è stata sconfitta ancora e che serviranno ancora settimane di sacrifici. L’opinione di Alfonso Celotto

“Noi siamo in guerra. Servono norme da guerra”, le parole pronunciate ieri dal Capo della Protezione civile Curcio mi hanno sorpreso. Sono più di 12 mesi che viviamo in questa inaspettata pandemia, ma ancora nessuno ha pensato di affrontarla applicando il codice penale militare di guerra, anche perché – tutti speriamo – che la fase più acuta della crisi sia ormai passata e ci stiamo avviando verso la soluzione, anche grazie ai vaccini.

Sappiamo bene che, nella storia, le emergenze hanno sempre avuto una loro disciplina speciale. In casi di emergenza, gli antichi romani nominavano il dictator, ovvero un magistrato non eletto che sospendeva i poteri di tutti gli altri magistrati per affrontare i compiti speciali: reprimere la rivolta, affrontare una guerra o una epidemia. Il primo fu Tito Larcio Flavo nel 501 a.C. per sedare la rivolta delle città latine fedeli a Tarquinio il superbo. Il più famoso Giulio Cesare.

Per tornare ad anni più vicini, in epoca di Statuto albertino c’erano i pieni poteri per lo stato d’assedio. Così allo scoppio della Prima guerra mondiale il Re decise di andare al fronte, nominò il Luogotenente e il Parlamento e con la Legge n. 671 del 1915 affidò “pieni poteri” al governo, cioè il potere di “emanare disposizioni aventi valore di legge per quanto sia richiesto dalla difesa dello Stato, dalla tutela dell’ordine pubblico e da urgenti o straordinari bisogni della economia nazionale”.

Ed è stata l’ultima volta in Italia che sono stati attivati i pieni poteri.

La nostra costituzione repubblicana si limita ad affrontare l’ipotesi della guerra, con la potestà del Parlamento nel dichiararla e il successivo conferimento al governo dei “poteri necessari” (e non più dei pieni poteri), all’art. 78 Cost. Anche perché i Costituenti non vollero disciplinare gli stati di emergenza, per paura che previsioni come l’art. 49 della Costituzione di Weimar potessero favorire svolte autoritarie.

L’emergenza coronavirus è stata governata con la normativa sulla protezione civile (D.Lgs. n. 1 del 2018) e quella sanitaria (Legge n. 833 del 1978), e – pur con tutte le difficoltà – il sistema di decreti-legge, Dpcm, ordinanze e commissari sta reggendo, come confermato anche dalla Corte costituzionale (sent. n. 37 del 2021).

La richiesta di misure “di guerra” da parte del capo della protezione civile, in questa fase, mi pare da intendere soprattutto come provocazione politica, per far capire a tutti che la pandemia non è stata sconfitta ancora e che serviranno ancora settimane di sacrifici.


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