Tra i Paesi più poveri d’Europa, messa in ginocchio dalla pandemia, l’Ucraina di Vladimir Zelenski dice no al vaccino russo Sputnik V. Un occhiolino a Joe Biden per posizionarsi nella partita geopolitica dei vaccini. E un segnale dei (pessimi) rapporti fra Mosca e Kiev. L’analisi di Dario Quintavalle
L’Ucraina ha raggiunto livelli record di ricoveri a causa del Covid-19. Lo ha annunciato il ministro della Salute Maksym Stepanov su Facebook. Finora l’Ucraina ha segnalato 1.300.000 casi di coronavirus e 27.000 decessi, su una popolazione di 41 milioni di abitanti. È in realtà assai probabile che i morti siano assai di più data la scarsa affidabilità dei servizi statistici interni.
Il primo ministro Denys Shmyhal ha così dichiarato che nella repubblica ex sovietica è iniziata una terza ondata di epidemia di Covid-19. A fronte di questa drammatica situazione, la risposta è stata forzatamente lenta.
Uno dei Paesi più poveri d’Europa, l’Ucraina è rimasta indietro nell’avvio del suo programma di vaccinazione contro il Covid-19. Al momento il piano è di vaccinare metà della popolazione contro il coronavirus entro l’inizio del 2022.
Le vaccinazioni sono iniziate a fine febbraio, utilizzando fino a cinque milioni di dosi di SinoVac cinese e 12 milioni tra AstraZeneca e Novavax. Si attendono anche otto milioni di dosi di vaccino dal programma Covax, uno schema internazionale di finanziamento ai paesi a basso reddito per l’accesso alle cure.
Il governo si è rivolto agli Stati membri dell’Unione Europea chiedendo forniture supplementari. Finora solo la Polonia si è detta disponibile a fornire razioni del suo siero, ma è dubbio che i Paesi europei, in affanno anch’essi sul piano vaccinazioni e pronti anche a bloccarne l’esportazione verso Paesi terzi (come l’Australia), abbiano dosi in più da mandare a Kiev.
Nonostante il presidente Zelesnki fosse stato possibilista sull’uso del vaccino russo Sputnik V, affermando che nell’interesse della salute pubblica non dovrebbe importare chi fa il vaccino se salva vite, la questione dell’approvvigionamento di qualsiasi cosa dalla Russia è un argomento politico delicato. Di conseguenza, già da febbraio, prima ancora di avere accesso a qualunque altro vaccino, il governo ucraino ha proibito l’importazione di medicinali da “Stati aggressori”, definizione che allude alla Russia.
Va ricordato che la Russia dal 2014 si è annessa la Repubblica di Crimea ed è ritenuta responsabile del tentativo separatista delle due province di Lugansk e di Donetsk, attualmente sotto il controllo di due repubbliche popolari, resesi autonome da Kiev dopo un conflitto che è costato migliaia di morti.
Neppure la proposta del portavoce del presidente russo Putin, Dmitriy Peskov, di produrre Sputnik su licenza in Ucraina, magari nelle officine farmaceutiche di Kharkiv, è stata quindi presa in seria considerazione.
Alla base dell’atteggiamento ucraino ci sono diverse ragioni. È ormai chiaro che Sputnik V è la maggiore vittoria di soft power realizzata dai russi dai tempi della conquista dello spazio. A dispetto dell’accoglienza scettica della comunità scientifica occidentale ai suoi esordi, il prodotto è stato riconosciuto efficace, ed in più economico, semplice da trasportare e conservare, e ampiamente disponibile. Tutti punti di vantaggio rispetto ai concorrenti occidentali, che – insieme ad una aggressiva operazione di marketing – hanno convinto molti Paesi a servirsene.
Interamente prodotto dallo Stato russo attraverso il suo fondo sovrano, esso è presto diventato uno strumento di influenza geopolitica. Accettare lo Sputnik significa essere amici della Russia, simpatizzanti, o almeno non pregiudizialmente ostili.
L’Ucraina non si vede in nessuna di queste categorie, e non intende concedere una vittoria di immagine alla rivale Russia, né sulla scena internazionale, né dinanzi alla sua gente, proprio mentre progetta di abbattere il monumento sovietico alla Fratellanza tra i Popoli, che – ricordo di altri tempi – vede le statue delle due nazioni abbracciate.
Inoltre il Paese conta molto sul sostegno degli Stati Uniti, e non desidera fare passi che compromettano il favore del Presidente Joe Biden, ora che questi ha annunciato il suo sostegno alla causa ucraina.
Anche su questo aspetto, dunque, l’Ucraina è un fronte caldo della guerra globale degli aiuti, che vede blocchi geopolitici confrontarsi su aspetti diversi da quello militare o commerciale.
La linea di demarcazione di questo fronte però non riproduce fedelmente le alleanze consolidate, per cui si avrà il paradosso di un’Ucraina non ancora integrata nelle strutture economiche e di difesa occidentali (Ue e Nato), che rifiuta lo Sputnik, mentre paesi del blocco occidentale lo accettano pragmaticamente. Paradosso ulteriore, la Russia miete successi di soft power negli scenari più eterogenei e lontani, ma non riesce a fare altrettanto nel paese a lei culturalmente più vicino.
Il vaccino Sputnik poteva essere il ramoscello d’olivo capace di segnare l’inizio della auspicabile normalizzazione dei rapporti russo-ucraini. La diplomazia russa ha senz’altro mancato un’occasione.