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Pnrr e sanità. Punto per punto, tutto quello che (non) funziona

Di Paolo Colli Franzone
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Sono 21,2 i miliardi di euro destinati alla sanità dal Pnrr. Risorse notevoli che potranno fare la differenza nel post-pandemia. Purché la messa a terra dei fondi non si perda nei meandri della burocrazia all’italiana. La riflessione di Paolo Colli Franzone, presidente dell’Istituto per il management dell’innovazione in sanità

Il Piano nazionale di resistenza e resilienza (Pnrr), documento che definisce le linee e le modalità di intervento a valere sui fondi comunitari di Next generation Eu, si occupa – doverosamente – di sanità, ossia di uno dei settori ampiamente devastati dalla pandemia Covid-19. Lo fa destinando la rispettosa cifra di 21,2 miliardi di euro, almeno secondo quella che dovrebbe essere la versione più aggiornata del documento ancora in evoluzione in attesa di essere inviato a Bruxelles.

TOP PLAYER, INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Se si analizzano le misure previste, si ha modo di vedere come l’innovazione tecnologica faccia la parte del leone con più di 15 miliardi riconducibili a progettualità destinate a rinnovare significativamente il parco installato delle apparecchiature per la diagnostica e i sistemi informativi sanitari, territoriali e ospedalieri. Fino a qui, tutto bene.

OBSOLESCENZA (NON) PROGRAMMATA

Negli ospedali, e più in generale in tutte le strutture operative del Servizio sanitario nazionale, abbiamo apparecchiature per la diagnostica “diversamente giovani”, per usare un eufemismo. Forse in qualche caso ne abbiamo troppe, forse altrove ne abbiamo poche, ma questo della cattiva loro distribuzione è un altro discorso. Effettivamente, il bisogno di adottare apparecchi di nuova generazione c’è.

DIGITALE E SANITÀ

Più o meno, lo stesso discorso vale per le dotazioni informatiche, a partire dai computer: una ricerca dell’Imis – Istituto per il management dell’innovazione in sanità, effettuata in collaborazione con la società di consulenza NetSquare, evidenzia come almeno il 40% del parco hardware esistente abbia più di cinque anni di vita e sia quindi ai limiti dell’obsolescenza. Idem per il software: i sistemi informativi ospedalieri e territoriali sembrano viaggiare di pari passo con l’età media dell’hardware, dimostrando ampiamente tutti gli acciacchi del caso. Bene quindi le misure per un ringiovanimento complessivo delle tecnologie in ambito sanitario.

FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO

Poi però, se si entra nel merito delle progettualità definite a livello macro dal documento di Pnrr, vengono fuori un paio di magagne. Soprattutto per quello che riguarda le tecnologie informatiche. Si parla, ad esempio, di “potenziamento delle piattaforme e della diffusione del Fascicolo sanitario elettronico”. In una delle versioni precedenti del Pnrr si parlava di sostanziale rifacimento del Fascicolo, adottando il modello del “gemello digitale” (Digital Twin): un modello capace di trasformare quello che oggi è un mero repository di documenti per lo più amministrativi in un contenitore di informazioni puntuali (dati) utili per un utilizzo clinico-sanitario. Qualcosa, cioè, di utile per davvero agli operatori sanitari, mentre oggi il Fascicolo ha un senso (e un valore) esclusivamente burocratico e legale.

HOME CARE, UN TRAGUARDO IRRAGGIUNGIBILE?

Si parla di case e ospedali di comunità e di home care: ottime soluzioni organizzative capaci di potenziare la gestione territoriale della Sanità che abbiamo visto essere il grande vulnus del Ssn.
Salvo poi non entrare più di tanto nel merito dei modelli di funzionamento rispetto alla gestione e alla circolazione (condivisione) delle informazioni generate e gestite da queste strutture.

COMUNICAZIONE, IL GAP FRA REGIONI

Soprattutto, non si parla di governance delle informazioni. Lasciando troppo spazio alle conseguenti progettualità regionali che rischiano di generare nuove isole informatiche incapaci di parlarsi fra loro.
Se da un lato è vero che le Regioni – perlomeno nella condizione data dall’attuale assetto istituzionale – hanno il diritto e il dovere di costruire autonomamente i loro sistemi informativi sanitari (e, sia chiaro, non è immaginabile una soluzione centralizzata da imporre ovunque), è altrettanto vero che lo Stato (e lo dice anche la Costituzione all’art. 117 che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale) può (e deve) imporre un modello capace di garantire la totale interoperabilità dei dati.

AGGIORNAMENTO TECNOLOGICO DEGLI OSPEDALI

Infine, la misura che riguarda l’aggiornamento tecnologico e digitale degli Ospedali: è il programma che ha la maggiore dotazione finanziaria (10 miliardi di euro). Anche in questo caso, per quanto riguarda il solo aggiornamento digitale, né nel documento di PNRR né (a quanto risulta) nei documenti e negli atti di condivisione con le Regioni, ci si è preoccupati di definire un modello architetturale omogeneo e cogente di sistema informativo ospedaliero.

TERRITORIO, VALORE AGGIUNTO (ANCORA DA SFRUTTARE)

Inoltre, se è vero come è vero che il Ssn è destinato a diventare sempre più territoriale, non si fa nessuna menzione alla necessità che i sistemi informativi sanitari territoriali e ospedalieri siano inevitabilmente destinati a diventare un tutt’uno. Il rischio di avere tecnologie finalmente rinnovate ma configurate ancora una volta come silos incapaci di comunicare e interagire fra loro, è fortissimo.

UN INVITO ALLE ISTITUZIONI

È sicuramente vero che un documento come il Pnrr non può e non deve scendere a questi livelli di dettaglio, ma è altrettanto vero che se le regole complessive del gioco non si fanno prima di avviare i progetti e i finanziamenti, sarà poi molto difficile modificare la governance una volta partito il treno.
Le tecnostrutture dei ministri Vittorio Colao e Roberto Speranza hanno il dovere di intervenire al più presto su questo tema, negoziando con le Regioni e Province Autonome un modello omogeneo e – soprattutto – cogente.

PNRR: IL VALORE AGGIUNTO DEL PARTNENARIATO PUBBLICO-PRIVATO

Un discorso a parte lo merita una considerazione di carattere più generale: forse non sarebbe male se il Pnrr (e, a questo punto, non solamente per quanto riguarda la Sanità) diventasse un po’ più coraggioso e provasse a immaginare eventuali moltiplicatori dell’effetto. Se le componenti più strategiche del Piano fossero indirizzate a operazioni di partenariato pubblico privato (PPP), ogni miliardo finanziato potrebbe alimentare un tesoretto maggiore grazie a investimenti privati collaterali.

OBIETTIVO PA EFFICIENTE

Si potrebbero attivare progettualità dove il privato cofinanzia e viene poi retribuito sulla base dei vantaggi conseguiti grazie alle innovazioni introdotte: risparmi, semplificazione dei procedimenti, snellimento della burocrazia. Forse sarebbe la strada migliore per arrivare a una Pubblica amministrazione efficiente ed efficace. Forse si tratta di qualcosa che questo governo, ampiamente popolato da bravi tecnici, potrebbe e dovrebbe prendere seriamente in considerazione.

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