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Presidenza Copasir, a chi spetta? Il dibattito fra giuristi

Tra i nodi che il governo Draghi dovrà sciogliere presto c’è la presidenza del Copasir, il comitato di controllo dell’intelligence. Per legge spetterebbe all’opposizione (Fdi) ma c’è chi richiama il precedente di Massimo D’Alema. Da Lupo a Baldassarre, ecco il dibattito fra giuristi

La legge o la prassi, chi avrà la meglio? Il caso della successione alla presidenza del Copasir continua a tenere banco, non solo nel mondo politico. La composizione del comitato parlamentare di controllo dell’intelligence è una delle più spinose questioni da risolvere per il governo Draghi.

Per la delicatezza della sua missione, il Copasir è infatti un comitato “di garanzia”. Ovvero la legge, nello specifico la legge di riforma del comparto intelligence 124 del 2007, prevede (art. 30) che la presidenza e metà dei componenti del comitato spettino a forze politiche dell’opposizione. Un nodo non facile da sciogliere ora che nella maggioranza più larga della storia repubblicana ci sono tutti i partiti, tranne uno, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Ad oggi la presidenza del Copasir è nelle mani del deputato della Lega Raffaele Volpi, che è succeduto nel settembre del 2019 al dem Lorenzo Guerini. Volpi ha già comunicato ai presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati di rimettere nelle loro mani il suo mandato in attesa di una decisione definitiva. In lizza per la successione alla presidenza c’è l’attuale vicepresidente e senatore di Fdi Adolfo Urso.

Sulla guida del comitato di Palazzo San Macuto è nato in queste settimane un dibattito che ha travalicato le mura dei palazzi romani per entrare nell’accademia. Nel merito, a far discutere i giuristi è un precedente che sembra derogare alla norma della 124.

Nel 2011 infatti l’allora presidente del Copasir Massimo D’Alema mantenne la carica nel passaggio dal governo Berlusconi, dove il suo partito, il Pd, era all’opposizione, al governo Monti, dove invece sedeva fra i banchi della maggioranza. All’epoca la Lega, unico partito all’opposizione proprio come oggi Fdi, diede il suo lasciapassare per il bis di D’Alema, che ha mantenuto la carica fino al 2013 quando, con il governo di Enrico Letta, la presidenza è passata al leghista Giacomo Stucchi.

L’idea che la natura di governo di “unità nazionale” possa avallare una deroga alla normativa sembra convincere il costituzionalista ed ex consigliere parlamentare Nicola Lupo, professore di Diritto parlamentare alla Luiss. “Sulla presidenza del Copasir a un esponente dell’opposizione esiste un vincolo piuttosto rigido, ma si riferisce al momento dell’elezione. E la prassi ha previsto eccezioni”.

Anche Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, ha espresso qualche dubbio. È un problema che “va risolto cum grano salis”, ha detto di recente a Repubblica. Sono due i punti interrogativi cui rispondere, dice Ceccanti: da una parte la presidenza, dall’altra la composizione paritetica che, se si rispettasse alla lettera la legge, vedrebbe assegnata a Fdi 5 componenti del Copasir su 10. “Per le presidenze ha senso comunque rispecchiare le garanzie previste, per la composizione paritetica si rischia invece di generare un superpremio di minoranza che sarebbe irragionevole”.

Altri giuristi sono convinti che il precedente D’Alema non possa essere richiamato. “Non può mettere da parte una norma di legge. La ratio della norma, infatti, ha una funzione di garanzia da parte del Parlamento che è prioritaria”, ha detto all’Adnkronos Agostino Carrino, professore di Diritto Pubblico all’Università Federico II di Napoli, secondo cui la presidenza spetta ad Urso a meno che “che tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e opposizione, non accettino all’unanimità una soluzione diversa”.

Dello stesso avviso il presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre, che sempre ai microfoni dell’Adnkronos ha definito il precedente D’Alema “una prassi contraria alla norma di legge” e che “la presidenza del Copasir va assegnata all’opposizione, in questo caso a Fdi”.

Una via di mezzo è individuata su Repubblica dal costituzionalista Salvatore Curreri. “Una soluzione potrebbe essere concedere a Fratelli d’Italia la sola presidenza e lasciare inalterata la composizione”. Ma, aggiunge, “In casi come questi supplisce l’autonomia delle Camere”.

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