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Speciale Sputnik V: così la Russia impone il suo vaccino (senza i test necessari)

Perché si parla così tanto del vaccino russo, in Italia come nel mondo? Come mai non si può utilizzare in Europa, ma alcuni Paesi (tra cui l’Italia) si stanno attrezzando per farlo? E quanto c’entra la propaganda russa? Tutto quello da sapere sul farmaco e la “guerra ibrida” che si nasconde dietro a una fiala

I ritardi di consegna dei vaccini occidentali si stanno rivelando un terreno fertilissimo per la campagna del Cremlino. Sputnik V, il siero sviluppato a Mosca dall’istituto Gamaleya (alle dipendenze del governo) e di proprietà del fondo di investimento sovrano russo (RDIF) è sulla bocca di politici, commentatori, promotori. Perchè la Russia di Vladimir Putin è prontissima a sopperire alle “mancanze” dell’Occidente. O almeno, questa è la narrazione propagandata.

La questione trascende la sfera sanitaria per toccare tematiche geopolitiche, di influenza estera, sicurezza e disinformazione. La diplomazia del vaccino russa, oltre a promuovere la vendita e la produzione locale di Sputnik V (scavalcando, se necessario, le autorità), vuole minare la fiducia nei vaccini “concorrenti”, nella sanità occidentale e più in generale nell’ordine liberal-democratico come risposta all’emergenza vaccinale.

Mentre cresce la lista di Paesi (europei e non) che si affidano al siero, la Camera di commercio italo-russa ha annunciato che la società svizzera Adienne Pharma inizierà a produrlo nel suo stabilimento italiano. “I russi [del RDIF] ci hanno contattato, assieme ad altri, e siamo stati selezionati”, ha detto a Bloomberg il presidente dell’azienda Antonio Di Naro. Lo stesso giorno, l’ambasciata russa in Italia pubblicava un video promozionale per lo Sputnik V.

La Russia ha voluto approvare il proprio vaccino già ad agosto 2020, saltando a piè pari la fase 3 (ossia i test su larga scala), i dati più attendibili su Sputnik V provengono dall’autorevole rivista medica the Lancet. I risultati, risalenti a febbraio 2021 e certificati dalla rivista, sono relativi alla fase 3 condotta dal ricercatore del Gamaleya Denis Logunov in un secondo momento, e attestano un’efficacia pari al 91,6%.

L’EMA, l’agenzia europea del farmaco, ha avviato la procedura di approvazione solo una settimana fa a fronte di una richiesta pervenuta a gennaio. Potrebbero volerci mesi perché inizi la distribuzione e Christa Wirthumer-Hoche, presidente del board di EMA, ha voluto ammonire gli entusiasti di Sputnik: “abbiamo bisogno di documenti che possiamo esaminare. Inoltre, al momento non disponiamo di dati sulle persone vaccinate. Usare questo vaccino è una roulette russa”.

Eppure, il fronte italiano di coloro che premono per concedere a Sputnik l’autorizzazione straordinaria, scavalcando l’EMA, include buona parte dell’area di centrodestra, tra cui Matteo Salvini e Antonio Tajani, ma si allarga in maniera trasversale nella politica. Facendo, più o meno inconsapevolmente, da sponda al Cremlino. Ecco come la diplomazia vaccinale, rinforzata dalla propaganda, ci ha portati a questo punto.

Dosi di vaccino Sputnik V

Se la disinformazione sanitaria parla russo

Mosca ha una lunga e documentata esperienza nella conduzione della cosiddetta guerra ibrida, combattuta anche con operazioni psicologiche e di influenza. La pandemia di Covid-19 è solo l’ultimo fronte di diffusione di mis- e disinformazione, attività che i servizi di intelligence russi conducono online utilizzando paraventi come la Internet Research Agency (una “troll farm”), emittenti come RT e Sputnik e una serie sterminata di diffusori digitali e bot.

L’Italia è già stata vittima di queste tattiche, anche durante la prima ondata di Covid-19. “L’obiettivo è quello di creare sfiducia nei governi occidentali, nei loro sistemi sanitari e nel settore scientifico. All’interno della Russia, al contrario, si tende a riferire di un’epidemia contrastata in maniera efficace che non creerà particolari problemi al Paese”, spiegava un rapporto del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) rilasciato a maggio 2020.

Stessa dinamica, altro Paese: domenica scorsa il Wall Street Journal ha rivelato l’esistenza di una campagna condotta dalle agenzie di intelligence russe FSB e GRU contro i vaccini americani. Le emittenti incriminate dai servizi statunitensi disseminavano notizie distorte riguardo alla loro efficacia e ne amplificavano a dismisura gli effetti collaterali, tra cui la mortalità. Così gli elementi di propaganda russa, ripetuti e condivisi da utenti più o meno ignari e talvolta raccolti dai media mainstream, si innestano direttamente nel discorso pubblico, indebolendo l’immagine dei vaccini occidentali e rafforzando di ritorno quella di Sputnik V.

I ritrovamenti dell’Alliance for Securing Democracy, iniziativa del think tank statunitense German Marshall Fund, parlano da soli. Basandosi sull’analisi di oltre 455.000 tweet, il loro ultimo report identifica i regimi di Russia, Cina e Iran come i principali diffusori di fake news sui vaccini occidentali. In particolare, le pubblicazioni russe come Sputnik hanno lanciato contenuti che correlavano il vaccino Pfizer alla morte dell’inoculato 111 volte.

Le narrative propagate dai regimi instillano anche l’idea che i media occidentali discriminino i vaccini russi e cinesi, quando in realtà si tratta di sottoporli ai rigorosi controlli da cui sono passati anche quelli di Pfizer, Moderna e Astrazeneca. Secondo lo studio, una parte significativa delle fake news è rilanciata da account ufficiali e diplomatici dei governi in questione. Ad esempio, l’account dell’ambasciata russa in Messico si è rivelato il profilo più efficiente, potendo contare su cento volte i follower dei media statali. Incidentalmente, il Messico ha concesso l’autorizzazione di emergenza a Sputnik V all’inizio di febbraio.

Articolo apparso sulla testata Russia Today, legata al Cremlino, che correla i vaccini Pfizer e Moderna a “malattie rare del sangue”

Sputnik V nel mondo: la diplomazia del vaccino

L’operazione di diplomazia del vaccino russo ha portata globale. Il sito ufficiale di Sputnik V riporta che, ad oggi, sono quasi 50 i Paesi che lo hanno autorizzato. Quelli che invece hanno prenotato dosi di vaccino finora sono Algeria, Argentina, Bielorussia, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Brasile, Cina, Corea, Egitto, India, Iran, Italia (e San Marino), Kazakistan, Macedonia del Nord, Messico, Mongolia, Nepal, Palestina, Paraguay, Serbia, Slovacchia, Tunisia, Ungheria, Uzbekistan e Venezuela, secondo Statista. Di questi, quattro (Italia inclusa) vorrebbero produrlo in casa.

La domanda sorge spontanea: perché la Russia può permettersi di spedire così tante dosi in giro per il mondo (ad oggi 1,25 milioni secondo il Financial Times) mentre i Paesi occidentali, pur potendo contare su una moltitudine di produttori e risorse più ampie, faticano a coprire la loro stessa popolazione?

La risposta è incardinata su tre fattori chiave. Il primo: finora solo 2 milioni di russi hanno ricevuto entrambe le dosi richieste per essere immunizzati con Sputnik V, e altrettanti hanno ricevuto la prima dose, stando a quanto detto da Putin stesso settimana scorsa. Vero è che solo un terzo dei 144 milioni di russi si vuole vaccinare, stando alle statistiche che circolavano quando Sputnik è diventato disponibile: lo scetticismo e le teorie più disparate imperversano nella Federazione. Anche contando che il vaccino è disponibile per tutti i cittadini russi, a prescindere dall’età, gratuitamente.

Il secondo: il regime russo si può permettere di sviluppare la propria diplomazia estera del vaccino, foriera di gratitudine, denaro e influenza, senza dover renderne conto ai cittadini, senza doversi aspettare una protesta, e perfino al netto delle proprie ridotte capacità di produzione rispetto al resto del mondo (33 milioni nel mese di marzo, secondo FT, anche se la produzione è destinata a crescere). Gli Stati Uniti, ad esempio, si collocano al polo opposto: fino a quando non avranno reso disponibili le dosi per tutti gli americani disposti a vaccinarsi (ossia maggio, secondo le stime della Casa Bianca), non esporteranno le dosi prodotte in casa.

Gli Usa, di fatto, si sono chiamati fuori da questa particolare partita geopolitica. La stessa portavoce del presidente, Jen Psaki, ha espresso preoccupazione riguardo al “tentativo di fare politica mediante i vaccini da parte di Russia e Cina”. Quando un giornalista le ha chiesto se la strategia americana diminuisse la loro influenza globale, lei ha riconosciuto la “complessità” della situazione, ma ha assicurato che l’amministrazione di Joe Biden “lavora coi partner su tutta una serie di questioni […] incluso l’accesso ai vaccini, e continueremo a farlo”.

Intanto il resto del mondo non aspetta l’America e i suoi vaccini, anche perché – e qui entra in gioco il terzo fattore – Sputnik V costa meno ed è più facile da trasportare e conservare rispetto ad alcune controparti occidentali. Un elemento cruciale per capire il successo del vaccino russo (e quello cinese, meno efficace ma altrettanto disponibile) tra i Paesi emergenti. Oltre, naturalmente, alla possibilità concreta di poter vaccinare più persone in meno tempo, cosa che fa gola anche diversi esponenti della politica europea.

Rimane il fatto che la campagna Sputnik V (che è anche dotata di pagine social) è ascrivibile alla volontà del regime di Putin di esportare, assieme al vaccino, l’immagine di una Russia come alternativa efficace all’Occidente liberale e democratico incapace di provvedere per i propri cittadini, secondo la vulgata rinforzata dalla propaganda. In Europa, ad esempio, il presidente russo ha gioco facile a esacerbare le tensioni tra i singoli Paesi europei, bisognosi di dosi di vaccino, e le autorità europee, che finora hanno voluto garantire forniture di vaccino ultratestate e a prezzi ragionevoli anche a scapito della velocità di approvazione e distribuzione.

Dosi di Sputnik V in arrivo all’aeroporto di Buenos Aires, Argentina, il 16 gennaio 2021. Via Euractiv

Tornando all’Italia…

… la diplomazia del vaccino russa ha indubbiamente fatto effetto, almeno da quando San Marino, desiderosa di acquistare dosi di vaccino in barba all’EMA e alla lentezza di distribuzione europea, ha ricevuto dosi di Sputnik V a febbraio. Hanno aggiunto legna al falò la scelta di Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria e di avviare la produzione e la distribuzione del farmaco russo, secondo le stesse logiche di San Marino. Complice, naturalmente, il martellare constante della propaganda russa.

In Italia, Matteo Salvini (che non è certo estraneo alla Russia di Putin) si è distinto come il principale promotore dell’approvazione di emergenza del farmaco del Cremlino senza passare dall’EMA, apparentemente evitando di dare ascolto alla sua ritrovata fede nell’Ue e le sue istituzioni. Il leader leghista ha anche incontrato il segretario di Stato di San Marino e il console ungherese a Milano per discutere, tra le altre cose, del vaccino russo.

Sull’approvazione di emergenza a Sputnik si registra l’approvazione di quasi tutto il centrodestra, ma non mancano figure esterne, come il governatore emiliano Stefano Bonaccini o l’assessore alla sanità del Lazio Alessio D’Amato (entrambi esponenti del centrosinistra).

Il governo italiano, accolta gelidamente la notizia, ha fatto sapere che si muoverà nella cornice europea. Dall’Ue dicono che la produzione di Sputnik V in Italia rimane irrilevante ai fini della strategia vaccinale: anche iniziandone la produzione, infatti, si stimano 10 milioni di dosi per l’Italia entro fine 2021. Peccato che i vaccini necessari al Belpaese dovrebbero arrivare ben prima dell’eventuale ricorso a Sputnik, che è ancora sotto il vaglio dell’EMA.

Intanto i contatti tra il fondo d’investimento russo e le singole aziende continuano, a prescindere dall’opinione dello Stato. Oltre alla succitata Adienne, che produrrà il vaccino nel monzese, l’Istituto Spallanzani di Roma ne ha annunciato la produzione una volta ricevuti i permessi necessari; “ma ci sarebbero tutti gli elementi per cominciare subito”, ha detto in un’intervista a Libero il direttore Francesco Vaia.

Attenzione, però: il RDIF compariva già a novembre in un rapporto del Copasir come un veicolo per la penetrazione economica russa in Italia. Ed effettivamente anche solo aumentare la capacità produttiva di Sputnik V, per poi spedirlo altrove (ad esempio, l’Africa) sarebbe già un successo per la Russia, che comunque dispone di capacità produttive limitate in questo campo.

In definitiva, accettare Sputnik V scavalcando l’EMA significa accettare di far parte della campagna vaccinale (e propagandistica) russa. Finché non arriva l’autorizzazione ufficiale, essendoci solo due paper e una limitata verifica scientifica su Sputnik, come sottolineato dal virologo Fabrizio Pregliasco, scontrarsi con le istituzioni italiane ed europee equivale a fare il gioco del Cremlino.


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