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Terrorismo e auto-addestramento online. Il nuovo fronte cyber per l’Europol

Di Stefano Dambruoso e Francesco Conti
stato isalmico

A Bologna la prima sentenza in Italia per auto-addestramento con finalità di terrorismo. Mentre all’Europol, sempre più impegnato nell’arena cyber, arriva l’italiano Claudio Galzerano. L’analisi di Stefano Dambruoso, magistrato esperto di terrorismo internazionale, e Francesco Conti, master counter terrorism King’s College London

La recente sentenza del Tribunale di Bologna, che ha condannato il tunisino Mounir Barhoumi a 3 anni e 6 mesi di reclusione per addestramento con finalità di terrorismo ex articolo 270 quinques del Codice penale, conferma che la giurisprudenza italiana è in linea con quella europea in materia di contrasto al terrorismo focalizzata prioritariamente nel neutralizzare la propaganda e il finanziamento online. Barhoumi era in possesso, nei suoi pc di materiale addestrativo come manuali sull’uso di esplosivi utili per attentati; e sempre online, senza aver mai incontrato personalmente il suo reclutatore e senza mai essersi recato sui luoghi di guerriglia in Siria-Iraq, aveva aderito alla causa dello Stato islamico.

L’articolo 270 quinques punisce anche chi si auto-addestra (come nel caso di Barhoumi) e prevede un’aggravante nel caso il reato sia commesso “attraverso strumenti informatici o telematici”. La norma, introdotta nel 2015 con altre in un pacchetto normativo, è stata una delle risposte italiane alle decisioni prese da organizzazioni internazionali (Nazioni Unite e Unione europea), che hanno richiesto agli Stati membri di implementare la loro legislazione alla nuova tipologia di minaccia dello Stato islamico, che stava insanguinando le strade delle più importanti capitali europee come Parigi, Londra e Bruxelles.

In Italia, lo scorso novembre, anche la Digos cosentina ha arrestato un cittadino italiano che si sarebbe auto-addestrato sul web con manuali sulla fabbricazione di ordigni esplosivi.

Molti giuristi hanno criticato l’introduzione di queste norme nel nostro codice lamentando una incostituzionale anticipazione della sanzione penale per condotte che sino al giorno prima erano considerate lecite. I difensori si sono infatti chiesti, per esempio, se può meritare il carcere duro per lunghi anni chi abbia consultato sul web un manuale liberamente fruibile da tutti, punendo così il pensiero a prescindere dalle condotte materiali. Ma sino a oggi la giurisprudenza della Suprema Corte ha riconosciuto la legittimità della normativa che ha adattato la risposta sanzionatoria alle muove modalità di azioni rivendicate dal Califfato.

Nel Regno Unito l’anno scorso Nick Adams, coordinatore nazionale di Prevent (la strategia sul contrasto alla radicalizzazione del Regno Unito), aveva messo in guardia dalla minaccia posta in essere dagli individui che si radicalizzano da soli sul web, gli ormai noti “lupi solitari”, ritenuti più pericolosi delle cellule dirette dall’Isis, poiché più difficilmente individuabili. Per quanto riguarda invece il finanziamento del terrorismo online, anche i gruppi jihadisti hanno seguito il trend delle criptovalute per ottenere finanziamenti sul cosiddetto “dark web”, peraltro utilizzando forme di pagamento già da tempo utilizzate per altre attività illecite, su tutte il traffico di droga.

La minaccia via web non riguarda solo la galassia jihadista. Infatti, anche gli estremisti di destra sono diventati sempre più attivi sul web non solo per attività di propaganda. Lo scorso gennaio, la Digos di Savona ha arrestato un ventiduenne di ideologia neonazista che aveva fondato, secondo gli investigatori, una vera e propria organizzazione estremista denominata “Nuovo Ordine Sociale” e che manteneva contatti tramite applicazioni di messaggistica online con estremisti sia sul suolo italiano che all’estero. Oltre alla propaganda estremista che inneggiava all’odio verso ebrei e musulmani, ciò che ha fatto scattare l’operazione di polizia è stato il ripetuto inneggiamento a precedenti terroristi “lupi solitari” di estrema destra (fra cui Brenton Tarrant, che uccise più di cinquanta fedeli islamici a Christchurch, Nuova Zelanda, nell’aprile del 2019), unitamente alla manifestazione, sempre espressa online, della sua volontà di agire per porre in essere un attacco terroristico, similmente a quanto accaduto nel caso di Bologna.

Così come i jihadisti sono pronti a diventare martiri (shuhada) per la causa del Califfato, ora anche i terroristi legati all’estrema destra sono pronti al sacrificio della vita per la loro ideologia. Il nuovo “Rapporto sul terrorismo e il radicalismo in Europa” di ReaCT – Osservatorio sul Radicalismo e il Contrasto al Terrorismo, presentato la settimana scorsa proprio su Formiche.net, ha infatti evidenziato una convergenza, non solo a livello di tecniche di propaganda, ma ormai anche sul piano tattico e operativo, fra militanti jihadisti e suprematisti di estrema destra. Nonostante la maggiore attenzione mediatica per l’islamismo violento, attenuatasi comunque in questi mesi per informare costantemente sul Covid-19, secondo il think tank australiano Institute for Economics & Peace (autore dell’annuale Global Terrorism Index), gli attacchi riconducibili al terrorismo di estrema destra sarebbero aumentati del 250% dall’anno 2014, sia in Nord America che in Europa. Inoltre, lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, in un discorso tenuto al Consiglio dei Diritti Umani il 22 febbraio scorso, ha messo in guardia dalla minaccia posta dal suprematismo bianco, fenomeno ormai transnazionale, grazie all’uso della rete, proprio come l’ideologia jihadista.

Un ruolo fondamentale nel contrasto al cyber-terrorismo è svolto da Europol, che ha anche il compito di coordinare le diverse forze di polizia nella risposta europea al terrorismo (di ogni matrice), orientando gli sforzi delle singole forze di polizia degli stati membri. Negli ultimi anni, Europol ha organizzato e coordinato campagne comuni, come i Referral Action Days, vere e proprie offensive sul web portate avanti da più paesi e provider di internet dove sono state oscurate centinaia di pagine estremiste ed eliminati contenuti inneggianti alla violenza. Un recente report di Europol ha poi evidenziato come quasi la metà degli attacchi jihadisti sia stato commesso con esplosivi commessi proprio grazie alla diffusione sulla rete dei manuali sulla fabbricazione degli stessi, confermando indirettamente l’importanza del caso bolognese. Per quanto riguarda il terrorismo di estrema destra, invece, nel 2019 Europol ha contato ben tre attentati con esplosivi improvvisati, con molta probabilità anch’essi assemblati grazie a istruzioni disponibili online, dimostrando ancora la recente convergenza operativa di due forme di terrorismo apparentemente molto lontane.

A capo dell’antiterrorismo di Europol c’è ora l’italiano Claudio Galzerano, già dirigente della Polizia di Stato, chiamato a guidare il contrasto all’Islamismo radicale a conferma della riconosciuta professionalità investigativa delle nostre Polizie.

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