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La Difesa europea si apre agli Usa. Ecco i piani per la mobilità militare

Washington ha fatto richiesta per entrare nel progetto della cooperazione strutturata permanente (Pesco) dedicato alla mobilità militare. È possibile grazie al regolamento approvato a novembre, che apre la Difesa europea anche agli Stati Uniti. Ecco come funziona

La Difesa europea si apre agli Stati Uniti. Washington ha presentato richiesta di adesione alla Pesco, la cooperazione strutturata permanente, una delle tre iniziative su cui poggia la rinnova azione dell’Ue sul fronte della Difesa (insieme a fondo Edf, e revisione coordinata Card).

LA NOTIZIA

Che l’ingresso Usa nella Pesco stia andando bene e “possa funzionare” lo ha spiegato venerdì l’ambasciatore Stefano Sannino, segretario generale del Servizio europeo d’azione esterna, intervenuto in un evento dell’Ecfr, ripreso da DefenseNews. La richiesta americana era nota da tempo, e ora manca difatti solo la risposta dell’Ue, prima politica (con il via libera richiesto a ben 25 Paesi) e poi burocratici, con diversi passaggi da effettuare. Sarebbe il primo ingresso di un Paese non-Ue all’interno della cooperazione strutturata permanente, tra le maggiori iniziative intraprese da Bruxelles per rilanciare negli ultimi anni la Difesa comune.

IL PROGETTO

Il progetto è quello per la mobilità militare, l’unico tra i 47 programmi già avviati a vedere la partecipazione di ben 25 Paesi, cioè tutti quelli che hanno aderito alla Pesco. A guida olandese, punta a semplificare e standardizzare le procedure per i trasporti militare all’interno dei confini europei. Si tratta di snellire le procedure burocratiche per i passaggi lungo tutte le linee di comunicazione, ma anche di verificare l’adeguatezza delle infrastrutture. Evidentemente, il tema interessa la Nato, intenzionata a migliorare la capacità di proiezione delle forze in Europa.

UNA “CAPACITÀ CRUCIALE”

Lo scorso novembre, la prima edizione della revisione coordinata annuale sulla difesa (Card) dell’Ue, collocava la mobilità militare tra le “sei capacità cruciali”, insieme a velivoli del futuro e carri armati di nuova generazione. Come loro, anche la “military mobility” è ritenuta “di forte impatto”. Lo è da tempo, tanto che la Commissione aveva proposto (ormai nel lontano 2018) ben 6,5 miliardi di euro per lo strumento della “Connecting Europe Faciliy”, nell’ambito del bilancio settennale 2021-2027. Poi, i vari negoziati al Consiglio europeo, l’hanno portata a 1,5 miliardi, un taglio sensibile che non sarà piaciuto a Washington. Secondo la Card occorre “rendere più attiva, entro la metà degli anni 2020, la partecipazione di tutti gli Stati membri ai programmi di mobilità militare”.

IL REGOLAMENTO

A consentire l’ingresso Usa c’è il regolamento approvato a inizio novembre dal Consiglio dell’Ue. Consente la partecipazione “eccezionale” ai progetti Pesco per Paesi esterni all’Unione. Lo possono fare “su invito”, stante il rispetto di alcune condizioni “legali, politiche e sostanziali”. Quelle politiche riguardano soprattutto la condivisione dei principi dell’Ue e della piena convergenza agli interessi di sicurezza e difesa dell’Unione e degli Stati membri. Quelle sostanziali parlano di “fornire un valore aggiunto al progetto” in termini expertise tecnico o capacità in più, incluso supporto operativo o finanziario. Gli aspetti legali riguardano invece la necessità di un accordo sulla sicurezza delle informazioni che lo Stato terzo deve avere con l’Ue (e con l’Agenzia europea per la Difesa, Eda, se coinvolta).

LA PROCEDURA

Per quanto riguarda la procedura, si prevede che la richiesta di partecipazione da parte dello Stato terzo sia accettata all’unanimità dai Paesi Ue già aderenti al programma, che nel frattempo avranno notificato la possibilità al Consiglio e all’Alto rappresentante. Spetterà al Consiglio la decisione finale e la verifica delle suddette condizioni. Una volta arrivato il via libera, lo Stato terzo può negoziare con gli altri Paesi partecipanti un “administrative arrangement” che deve definire inizio, durata, termine e fasi della partecipazione. Quest’ultima sarà inoltre soggetta a “revisione periodica” sul rispetto delle condizioni. Nonostante la complessità delle procedure, per la “mobilità militare non dovrebbero esserci particolari problemi, soprattutto considerando che l’argomento è da anni al centro di approfondimenti in seno alla Nato tra Paesi europei e Stati Uniti.

LE QUESTIONI APERTE

Oltre il progetto, il segnale positivo per la collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico, rinvigorita dall’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden e dei suoi toni più concilianti e tradizionali. Sul fronte della Difesa europea restano comunque da definire alcune questioni, soprattutto industriali. Per quanto riguarda la Pesco, prima di tutto, il regolamento europeo approvato a novembre rimanda la decisione sulla partecipazione di “entità” extra-Ue.

IL FONDO EUROPEO DI DIFESA

L’altro nodo è sul Fondo europeo di Difesa (Edf), in partenza quest’anno con una dotazione di 7,9 miliardi di euro fino al 2027 per co-finanziare progetti di ricerca e sviluppo. Nonostante il livello di risorse sia poco più della metà di quello previsto dalla Commissione europea nel 2018, è il primo vero e proprio impegno di Bruxelles nel campo della Difesa, anticipato solo dai due programmi-pilota: Edidp per lo sviluppo industriale; Padr per la ricerca. Tra i temi più dibattuti in sede negoziale c’è stato il grado di apertura alle aziende extra-Ue. Alla fine ha prevalso una linea mediana, che consente a soggetti europei di partecipare, ma stanti alcuni vincoli e verifiche da parte dei Paesi dell’Ue.

LA POSIZIONE DI WASHINGTON

Cavilli e condizioni che non sono sempre stati visti di buon occhio dagli Usa. L’ormai ex sottosegretaria per le acquisizioni del Pentagono Ellen Lord era stata piuttosto chiara lo scorso anno: “Escludere la partecipazione degli Stati Uniti ai progetti Edf e Pesco sarebbe controproducente per una più stretta cooperazione Ue-Nato e rischierebbe di sviluppare capacità dell’Ue in un modo che producano duplicazioni, sistemi militari non interoperabili e una concorrenza non necessaria”. Sul tema è intervenuto anche il nuovo capo del Pentagono, Lloyd Austin. Nell’audizione in Senato per la conferma al vertice della Difesa, spiegava che “lavorare insieme è di fondamentale importanza ; in questo momento le aziende europee godono di un’enorme quantità di affari negli Stati Uniti e vogliamo assicurarci che le aziende statunitensi abbiano le stesse opportunità”.


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