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Un virus nel virus. Le fake news e gli 007 in un anno di Covid

Disinformazione, propaganda, scalate ostili. Un anno di Covid ha messo a dura prova gli 007 e la politica italiana. Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence, tira le somme nel suo ultimo libro, “L’intelligence nell’anno del Covid” (Santelli). Le opinioni di Caracciolo, Dieni (M5S), Pagani (Pd)

Il via vai di aerei cargo pieni di mascherine cinesi da Shanghai, accompagnati da una massiccia campagna di propaganda via social. La lunga colonna di carri militari russi sulla Pontina, diretta nel Bergamasco, “From Russia with love”. Gli attacchi cyber, le aziende italiane che crollano in borsa, gli appetiti di Stati stranieri che si fanno avanti.

A un anno dall’irruzione del coronavirus e dal lockdown nazionale si affastellano le foto e i ricordi della crisi sanitaria, economica, geopolitica che si è riversata sul Paese. Una crisi che fin dai primi giorni ha messo a dura prova il sistema dell’intelligence nazionale, ritrovatosi a fare i conti con un’estensione inedita delle minacce alla sicurezza. Anche se la morsa della pandemia continua a farsi sentire come e più di prima, si può tracciare un primo bilancio sul lavoro degli 007 italiani di fronte al maremoto del Covid-19.

Lo ha fatto Mario Caligiuri nel suo ultimo libro, “L’intelligence nell’anno del Covid. Uno sguardo sulle ombre della disinformazione” (Santelli). Una raccolta di articoli, la maggior parte pubblicati su Formiche.net, in cui il presidente della Società italiana di intelligence e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria ripercorre le fasi dell’emergenza e la risposta del comparto alle sfide per la sicurezza.

Come spiega il titolo, la disinformazione è il file rouge che attraversa il racconto della pandemia in Italia. Non a caso il Copasir, il comitato parlamentare di controllo dei Servizi, vi ha dedicato un rapporto ad hoc pubblicato nel maggio del 2020. “Parafrasando Churchill, possiamo dire che la pandemia è stata l’ora più chiara – ha detto Caligiuri durante la presentazione del volume questo mercoledì, moderata dalla giornalista Maria Antonietta Calabrò insieme al direttore di Limes Lucio Caracciolo, la deputata del Copasir Federica Dieni e il deputato del Pd Alberto Pagani.

Con la pandemia, nota Caligiuri, “si è manifestata la società della disinformazione”. Non è una suggestione ma quanto rilevato dati alla mano dall’ultima relazione sulla sicurezza delle agenzie di intelligence italiane, che parla di “un’impennata di campagne disinformative e fake news” durante il primo anno di emergenza sanitaria e di un aumento significativo di “attori ostili propensi all’uso combinato di più strumenti a fini manipolatori e d’influenza”.

Il virus della disinformazione ha galoppato anche più velocemente della pandemia e costretto gli apparati della sicurezza a intervenire con strumenti e modalità nuove, affiancando e talvolta sostituendo i privati. “La competizione economica è un caso eclatante, è sempre più in mano allo Stato – ha notato Caracciolo – lo spazio della politica nel nostro Paese si è clamorosamente ristretto”. “Un equilibrio instabile, da correggere e graduare minuto per minuto, e una disinformazione diffusa ma non sempre facile da denunciare. Quello che un cinese considera informazione può essere visto da una prospettiva opposta da un americano e viceversa”.

Lo scossone inferto dalla pandemia all’ecosistema dell’informazione è stato particolarmente evidente in Italia, spiega Calabrò. “La disinformazione sul virus ha scansionato le tre fasi della pandemia. Inizialmente è stata ridotta a una semplice influenza. Poi d’estate il virus ha perso forza ed è stato dato per sepolto, con effetti devastanti che conosciamo. Ora una terza puntata sui vaccini, con informazioni volutamente distorte sulla loro attendibilità”.

Ma l’emergenza ha costretto tutti, non solo gli apparati di intelligence, a un ripensamento radicale delle categorie di pensiero della globalizzazione, ha notato Pagani, deputato esperto di sicurezza in Commissione Difesa. “Abbiamo dovuto ripensare il concetto stesso di sicurezza nazionale. Il virus è stato un cigno nero che ha scosso le nostre certezze. La distinzione fra minaccia esterna ed interna, che ancora oggi divide il lavoro delle due agenzie di intelligence, Aise ed Aisi, non è più così netta. Dove si colloca un terrorista che parte dal Medio oriente e raggiunge l’Italia per entrare in azione? E la diffusione di materiale sanitario pericoloso?”. Di qui la necessità “di nuove competenze nel mondo della sicurezza, non più limitate al solo apparato militare o alla realtà accademica”.

Non è un caso, hanno concordato i presenti, se il premier Mario Draghi ha conferito al prefetto ed ex capo della Polizia Franco Gabrielli l’autorità delegata ai Servizi con un mandato così esteso, forse senza precedenti. “Alcuni dei fronti caldi della sicurezza durante la pandemia erano già attenzionati dal comparto prima che scoppiasse – ha detto la Dieni, deputata del Movimento Cinque Stelle e segretario del Copasir – penso alla relazione sulla sicurezza del 5G, cui abbiamo lavorato per più di un anno. O ancora al rischio di scalate straniere per banche e assicurazioni strategiche per il Paese. Abbiamo fatto un passo avanti con l’aggiornamento della normativa sul golden power per consentire l’intervento in settori che prima non erano considerati strategici, come quello medico-sanitario che ora si rivela centrale per la produzione del vaccino. Ora, con i tempi che il Parlamento richiederà, possiamo avviare una revisione concordata fra tutte le forze politiche della legge 124 sul comparto”.


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