Con la leadership di Annalena Baerbock, il carattere politico dei Verdi tedeschi, è sostanzialmente cambiato, nel senso che esso è diventato, a parte i principii irrinunciabili, incline alla cultura dell’ “et-et” piuttosto che a quella consunta fondata sull’ “aut-aut”. Nella consapevolezza che soltanto puntando sui grandi temi si possono proporre scenari perfino suggestivi
Da quando Annalena Charlotte Alma Baerbock, quarantenne co-presidente dei Grünen, insieme con Robert Habeck, scrittore cinquantenne e deputato dello Schleswig-Holstein da dodici anni, è apparsa e si è affermata nel firmamento politico tedesco, la sua stella ha brillato fino a diventare splendente con la candidatura, decisa lunedì scorso dal suo partito, alla cancelleria. Le prossime elezioni politiche per il rinnovo del Bundestag, che si terranno il 26 settembre, potrebbero segnare una svolta epocale nella politica tedesca e, di conseguenza in quella europea. I Verdi, profittando anche della debolezza della Cdu/Csu, dopo l’annuncio dell’uscita di scena di Angela Merkel, hanno molte chances per dare l’assalto al potere. Attualmente gli ambientalisti vengono accreditati dai sondaggi al 23%, qualche punto in più dei Cristiano-democratici e dei loro alleati bavaresi. Ma il cammino è ancora lungo.
Baerbock che ha contribuito, insieme al suo collega Habeck, a svecchiare il movimento ambientalista tedesco, accettando di correre per la cancelleria, ha detto: “Io mi candido per il cambiamento, la politica vive di questo. Gli altri sono per lo status quo”. E con queste parole ha infiammato i sostenitori, ma ha anche acquisito nuove simpatie tra i moderati di centro che non disdegnano la giovane Kanzlerkandidatin promessa di un cambiamento radicale di un Paese che sta attraversando, complice la pandemia, uno dei momenti più critici dalla riunificazione.
L’attuale dirigenza Grünen, sia dal punto di vista generazionale che politico, è lontana dal “gauchisme” che caratterizzava i Verdi dopo il 1989 quando cominciò a delinearsi la nuova Germania in conseguenza della caduta del Muro. Non c’è integralismo ideologico e non ci sono pregiudizi nelle alleanze tra coloro che militano apertamente a favore di politiche che siano efficaci nel contrasto alle conseguenze dei mutamenti climatici e alla salvaguardia della natura dallo scempio planetario dovuto alla globalizzazione turbocapitalista.
Baerbock incarna al meglio la “Nouvelle vague” ecologista tedesca grazie anche alla sua giovanile presenza nei dibattiti in una Germania anchilosata dal lungo esercizio del potere da parte della Merkel.
Nata nella piccola città di Pattensen, nella Bassa Sassonia, il 15 dicembre 1980. Dal 2000 al 2004 ha studiato Scienze politiche e Diritto pubblico all’Università di Amburgo. Quindi si è laureata nel 2005 a Londra con un master in Diritto pubblico internazionale alla Scuola di economia e scienza politica e ha svolgo un tirocinio presso l’Istituto britannico di Diritto internazionale e comparato. Baerbock si è iscritta al partito Alleanza 90/I Verdi e nell’ottobre del 2008 è stata eletta nel Consiglio di amministrazione della sezione di Brandeburgo del suo partito, per poi essere eletta presidente di quello stesso Consiglio, carica mantenuta fino al 2013. In più ha fatto parte del Consiglio amministrativo del Partito verde europeo dal 2009 al 2012.
Candidata e sconfitta alle elezioni per il Bundestag nel 2009, venne poi eletta nel 2013. Durante il suo primo mandato, Baerbock ha fatto parte del Comitato per gli Affari economici ed energetici e del Comitato per gli Affari europei. Ha anche presieduto all’interno del suo gruppo parlamentare le discussioni sulle politiche climatiche. Rieletta nel 2017, candidata in Brandeburgo, Baerbock ha preso parte al team del Partito Verde per dialogare, benché senza successo, con la Cdu/Csu e l’Fdp affinché i verdi potessero entrare nella coalizione di governo.
Quindi la sua ascesa nel partito è diventata irresistibile. È stata eletta co-presidente federale del Partito Verde assieme a Robert Habeck con il 64% dei voti, più della sua sfidante Anja Piel. Alla convention del partito nel 2019, è stata rieletta (sempre insieme a Habeck) per altri due anni di mandato con il 97,1%, il risultato più alto di sempre per una presidente del partito. Nel 2019 ha guidato brillantemente il Verdi alle elezioni portandoli al secondo posto, subito dopo la Merkel che registrò il risultato più deludente della sua lunga carriera politica. Il 19 aprile 2021, infine, è stata scelta come candidata dei Verdi alle elezioni per la cancelleria.
Donna di indubbio fascino e di coinvolgente oratoria, è sposata con Daniel Holefleisch, ha due figlie e vive a Potsdam.
La de-ideologizzazione dei Grünen, ha favorito l’affermazione di chi è in grado di guardare al di là degli antiquati stereotipi politici novecenteschi e lanciare nuove sfide che raccolgono le simpatie di ampi strati della popolazione non necessariamente legati a pregiudizi politico-culturali. Sicché, Baerbock nell’invitare i suoi connazionali, ma parlando di fatto all’Europa, ha ottenuto il risultato di convogliare attorno al suo partito l’interesse per i nefasti effetti dei mutamenti climatici che non solo si riverberano sulla salute dei cittadini, ma sono altamente nocivi all’agricoltura e devastanti per l’ecosistema del quale noi tutti siamo parte.
Che una cospicua fetta dell’elettorato oggi risulti schierato dalla sua parte su un tema di così stringente attualità e drammaticità significa che conviene con Baerbock nel considerare la questione un tema “europeo”, anzi il tema europeo per eccellenza dal quale dipenderà il destino delle future generazioni. E ciò vuol dire che una maggiore integrazione continentale per fronteggiare la catastrofe che soltanto chi è affetto da cecità politica non vede, è la strada maestra per tentare di arginarla.
Certo, dei Verdi degli anni Settanta e Ottanta è rimasta l’eredità quasi romantica dell’opposizione all’energia nucleare, ma oggi non sembra questo il cuore della politica dei Grünen. Già nel 1982 la componente più moderata del partito diede vita al Partito ecologista democratico, oggi presente quasi unicamente in Baviera. Esso contestava le forme di protesta troppo radicali messe in atto dal movimento, mentre i Verdi si andavano sempre più impegnando nelle battaglie in favore dei diritti civili e per forme scolastiche meno autoritarie d’insegnamento, oltre che contro opere pubbliche dal forte impatto ambientale. Quasi tutto questo “armamentario” se non riposto è stato ridimensionato.
Le considerazioni negative sul rigore nell’insegnamento scolastico, per esempio, sono state dimenticate, di contro il tema della meritocrazia ha fatto irruzione anche nelle file dei Verdi tra i quali nessuno o quasi si definisce aprioristicamente di sinistra: infatti la Neue Linke è un avversario dichiarato. Lei, Baerbock, diventata la star assoluta dei Verdi, attira curiosità e mobilita uomini e donne alle riunioni a cui partecipa. Sicché da anni viene considerata una frontwoman dell’universo verde tedesco riconoscendole il merito di aver ricomposto un’antica frattura nel movimento, quella tra fondamentalisti e realisti.
Oggi i Grünen sono una falange unita, grazie a questa donna che misura i passi dell’ambientalismo tedesco con obiettivi che possono essere realizzati. All’unità del movimento si deve se governano in otto lander, indifferentemente anche con alleati conservatori purché al centro del rapporto vi sia il clima e ciò che produce. Al Corriere della Sera, intervistata da Paolo Valentino nel giugno del 2019, dopo l’exploit alle politiche, disse: “Non ci siamo chiusi in noi stessi. Ci misuriamo con le grandi questioni. Facciamo proposte, indichiamo una prospettiva: come tenere insieme l’Europa? Come portare la Germania fuori dalla dipendenza energetica dai combustibili fossili offrendo nuove prospettive a chi ci lavora? Penso anche che noi Grünen abbiamo preso sul serio i giovani, la generazione che vivrà sulla propria pelle le conseguenze della crisi del clima. Abbiamo dato loro fiducia, portandoli anche nella politica reale e candidandoli nelle nostre liste”.
Più chiara di così… E per chi non l’avesse capito, aggiunse, in merito alle prospettive che si propone di realizzare: “L’Europa ha assicurato 70 anni di pace. E su questo fondamento vogliamo continuare a costruire per il XXI secolo. È nata come Comunità del carbone e dell’acciaio, ora deve diventare Unione della difesa del clima. Dobbiamo far sì che il mercato interno non valga solo per merci e servizi ma anche per i prodotti digitali. I giganti del Web devono pagare le tasse e dobbiamo investire nella coesione dell’Europa. Non serve amministrare lo status quo, così si diffonde il sentimento che la politica protegga il potere non le persone. Invece è vero il contrario: l’economia, nel senso dell’economia sociale di mercato, dev’essere al servizio delle persone”. Una sorta di neo-patriottismo.
Baerbock sembra convogliare su temi del genere l’interesse di giovani che in tal modo riscoprono il senso della Heimat, “la piccola Patria”, il luogo delle origini, la “casa della comunità”. Un concetto che supera alcune anticaglie della vecchia sinistra rilanciando, forse del tutto inconsapevolmente, un grande tema culturale proprio della “sensucht” conservatrice.
Le sue posizioni politiche sono chiare e comprensibili. Chiede l’eliminazione graduale del carbone entro il 2030, il limite di velocità di 130 chilometri all’ora e “al più tardi dal 2030” solo l’immatricolazione di nuove auto a zero emissioni in modo da ridurre i gas serra del 70% rispetto al 1990 e ritiene che le tariffe climatiche siano concepibili. Propone di fissare a 60 euro la tonnellata il costo delle emissioni di CO2 già dal 2023 contro i 55 euro nel 2025 sostenuti dalla maggioranza Cdu-Csu/Spd. Inoltre, a suo avviso “le sovvenzioni agricole dovrebbero basarsi sul bene comune. Gli agricoltori dovrebbero essere in grado di guadagnare dalla protezione del clima”, e la produzione di carne dovrebbe essere “significativamente ridotta”.
A tal fine ha proposto nuove regole per gli allevamenti: lotta alla carne a basso costo ed una diminuzione degli allevamenti intensivi per privilegiare la qualità sul profitto.
Sull’immigrazione le sue posizioni sono chiare. Ha chiesto ai capi di Stato e di governo di “decidere finalmente una quota generosa per l’ingresso legale in Europa”, nonché una distribuzione congiunta dei rifugiati e un programma immediato per istituire una missione europea di salvataggio marittimo. Per di più propone una Europa forte e maggiormente unita soprattutto per fronteggiare le minacce egemoniche di Russia e Cina. Una politica internazionale senza tentennamenti e lontana dalle tattiche di Merkel che soprattutto nei rapporti con le due potenze citate non hanno giovato alla Germania. Ha inoltre proposto l’istituzione di strutture di prima accoglienza alle frontiere esterne dell’Ue, dove i rifugiati possano essere “rapidamente registrati, sottoposti a un controllo di sicurezza e all’abbinamento dei dati” in modo che possano essere distribuiti il più rapidamente possibile nell’Ue e quindi avviare procedure di asilo.
Baerbock chiede insomma “un più forte impegno comune europeo per la politica di difesa”. Quindi, se l’Occidente non vuole lasciare il campo a Stati come Cina, Russia e Turchia, l’Europa deve radicalizzare il suo “ruolo di pace” nel mondo. Nel contempo chiede anche il ritiro di tutte le armi nucleari degli Stati Uniti dall’Europa. In politica economica propone l’introduzione di una tassa sui grandi patrimoni e di aumentare il salario minimo. Gli obiettivi di protezione del clima, sostiene, devono essere “interconnessi” con la politica economica.
Baerbock, per fronteggiare la pandemia, ha presentato un “piano in 8 punti” nel quale ha proposto, tra l’altro: filtri dell’aria mobili per le aule, modelli changing anche per gli scuolabus, test rapidi per il Covid, riunioni di apprendimento a distanza per gli insegnanti, un adattamento “a misura di bambino” delle regole di quarantena, un’apertura anche per i fornitori stranieri di reti a banda larga, l’istituzione di un “Centro federale per l’educazione digitale e mediatica”, il reclutamento di “contatti digitali” nelle scuole, l’uso di biblioteche e musei come spazio di apprendimento per i bambini socialmente svantaggiati, il diritto all’assistenza all’infanzia per i genitori single. Proposte che hanno fatto discutere, ma che non sono state demonizzate dalla maggioranza merkeliana.
Con la leadership di Annalena Baerbock, il carattere politico dei Verdi tedeschi, è sostanzialmente cambiato, nel senso che esso è diventato, a parte i principii irrinunciabili, incline alla cultura dell’ “et-et” piuttosto che a quella consunta fondata sull’ “aut-aut”. Nella consapevolezza che soltanto puntando sui grandi temi si possono proporre scenari perfino suggestivi, nonostante l’oggettiva drammaticità che li connota, ad una opinione pubblica frastornata dal politicamente corretto da un lato e dal politicantismo di piccolo cabotaggio dall’altro.
Se si individuano le coordinate di una nuova politica tedesca ed europea non si può non fare riferimento all’esperienza di Baerbock e alla rinascita dei Verdi come movimento di congiunzione tra mondi che sembravano lontani, ma che nelle urne e, ovviamente, nella sensibilità comune, sono più vicini di quanto si possa immaginare.
Chissà se tutto questo favorirà un mutamento sostanziale nella politica tedesca. Certo è che l’ascesa di Baerbock segna l’inizio di un tempo nuovo per la Germania che al momento sembra soffrire di artrosi politica.