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Più militari Usa in Germania. Così Biden supera Trump

Da Berlino, il capo del Pentagono Lloyd Austin ha annunciato il dispiegamento di ulteriori 500 militari americani in Germania. Stanziati a Wiesbaden, serviranno a potenziare “difesa e deterrenza” in Europa, con gli occhi puntati alle manovre della Russia in Ucraina. Ad accogliere il “forte segnale” è Annegret Kramp-Karrenbauer

Non meno, ma più: gli Stati Uniti aumenteranno di 500 unità il contingente militare schierato in Germania. È uno dei risultati della visita a Berlino del capo del Pentagono Lloyd Austin, che ha confermato il piano a margine dell’incontro con la ministra tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer: “L’aumento del personale statunitense sottolinea il nostro impegno nei confronti della Germania e dell’intera alleanza Nato”. Per Akk è “un forte segnale” dell’ottimo stato delle relazioni tra i due Paesi.

IL MESSAGGIO A PUTIN

Le nuove 500 unità, ha spiegato Austin, arriveranno non prima dell’autunno, pronte a stabilirsi a Wiesbaden, in Assia, sede dello US Army Europe. “Queste forze – ha spiegato il segretario alla Difesa – rafforzeranno la difesa e deterrenza in Europa; aumenteranno le nostre capacità di prevenire i conflitti e, se necessario, di combatterli e vincerli”. Di più: “tale mossa creerà più capacità spaziali, cibernetiche e di guerra elettronica” e migliorerà “la nostra abilità di disporre di forze nel momento in cui sarà necessario difendere i nostri alleati”. Destinataria del messaggio, la Russia di Vladimir Putin, da dove continuano ad arrivare notizie di rafforzamento militare al confine con l’Ucraina.

IL SUPERAMENTO DI TRUMP

In ogni caso, per l’amministrazione di Joe Biden, è una vera e propria inversione a U rispetto a quanto pianificato da Donald Trump, che lo scorso luglio siglava un ordine esecutivo per il rientro (e il possibile ridispiegamento in altri Paesi) di 11.900 militari dal territorio tedesco, circa un terzo rispetto a una presenza complessiva che ammonta a circa 36mila unità. Già a inizio febbraio, a due settimane dall’insediamento alla Casa Bianca, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan annunciava lo stop al piano trumpiano, motivando la decisione con l’esigenza di rivedere nel complesso la postura europea del Pentagono.

GLI SPAZI DEL PENTAGONO

Revisione in corso, nell’ambito della Global Posture Review, annunciata sempre a febbraio da Lloyd Austin, che dovrà definire l’intero impianto della postura militare americana all’estero. Sarà una revisione “concordata con alleati e partner”, ha sempre detto Austin, che oggi da Berlino certifica la linea e che è atteso anche a Stoccarda, sede del Comando Usa in Europa, e del Comando Usa in Africa. Come notava Formiche.net sin dalle indiscrezioni sul progetto di Trump, i tempi lunghi del piano di ritiro e le complessità della macchina militare statunitense hanno effettivamente favorito il passo indietro di Biden. Già in estate, l’allora segretario alla Difesa Mark Esper tentava di rassicurare gli alleati e chiariva che si trattata di una “Trump’s decision”. A settembre, il generale Jeffrey Harrigian (comandante delle forze aeree Usa in Europa e Africa) sottolineava che c’era ancora molto da fare per attuare il piano, quasi a voler tranquillizzare in vista del voto di novembre.

I NODI

La decisione di Trump emergeva a giugno 2020, nel pieno delle distanze tra Angela Merkel e Trump su una molteplicità di punti, dal Nord Stream 2, al dossier commerciale, fino le diverse visioni sul rapporto con la Cina e alla polemica aperta sulla riunione del G7. Alcuni di questi temi restano delicati tra Berlino e Washington, a partire dal Nord Stream 2, che Biden ha definito un “cattivo accordo” per la Germania. Tra l’altro, oggi a Bruxelles c’è il segretario di Stato Tony Blinken, impegnato a riportare tra gli alleati della Nato i classici toni dell’alleanza transatlantica, ma anche a chiedere impegno nel fronteggiare l’assertività russa a est, a partire dall’Ucraina.

I TEMI APERTI

Sul fronte della Difesa, Austin è arrivato in Germania con diversi temi aperti, con l’obiettivo di rafforzare “le relazioni bilaterali”, duramente provate dagli ultimi quattro anni. Oltre alle note strigliate sul nodo del 2% del Pil da spendere nel settore, la scorsa primavera è esploso il dibattito politico in Germania sulla partecipazione alla dissuasione nucleare della Nato. A Washington resta viva l’insofferenza per l’esclusione dell’F-35 dalla gara per la sostituzione dei Tornado per la Luftwaffe. A fine settembre poi, la Germania ha annullato la gara STH (stimata intorno i 4 miliardi di euro) per i suoi nuovi elicotteri da trasporto pesante, rispedendo oltreoceano le proposte di Boeing e Lockheed Martin. L’annuncio dell’aumento del contingente americano ripristina la serenità nel rapporto nel campo della Difesa, considerando che Akk era stata tra i più critici del piano di ritiro predisposto da Trump.

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