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Si scrive vaccino, si legge Pil. Le previsioni di Confindustria

Il Centro studi di Viale dell’Astronomia aggiorna le previsioni per l’economia italiana: nel 2021 Pil al 4,1% ma tutto dipenderà dal ritmo della campagna vaccinale. La ripresa mondiale verrà trainata da Cina e Usa, l’Europa arranca. Come al solito

Il vaccino salverà l’Italia e la sua economia. Ci sono pochi, pochissimi dubbi su questo. Se la campagna di vaccinazione procederà spedita e senza intoppi, allora il Paese avrà serie possibilità di lasciarsi alle spalle entro breve la peggiore crisi socio-economica dal 1945 ad oggi. Di questo sono più che convinti in Confindustria, dove questa mattina è stato presentato il rapporto di primavera con le previsioni aggiornate sull’economia italiana.

Che cosa succederà. Ebbene, a fine 2022 lo Stivale dovrebbe colmare la voragine aperta nel 2020 dalla pandemia. Un graduale recupero del Pil, concentrato nella seconda metà di quest’anno, arrivando al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022.  Rispetto allo scenario di ottobre dunque, per il 2021 si ha una revisione al ribasso di 0,7 punti. Questa previsione è, questo il passaggio chiave, condizionata all’avanzamento della vaccinazione di massa in Italia ed Europa: l’ipotesi è che il Covid sia contenuto in modo efficace dai prossimi mesi.

E cioè che un importante contributo alla risalita del Pil sarà fornito dagli effetti derivanti dalle risorse europee che spetterebbero all’Italia: secondo una simulazione econometrica del Centro studi diretto da Stefano Manzocchi, senza il programma Next Generation Eu il recupero del Pil sarebbe minore di 0,7% nel 2021 e di 0,6% nel 2022.

Allargando lo sguardo, la risalita dell’economia mondiale è trainata da Stati Uniti e Cina. Invece in Europa, in Italia in particolare, la caduta del Pil è stata più forte e il recupero è atteso più lento. La crisi, quindi, ha ampliato il divario di crescita strutturale tra Europa e Stati Uniti, e tra Italia e paesi core europei. Per colmare questo ritardo di velocità occorre un cambio di passo nelle politiche per le imprese e gli investimenti, per il lavoro e la formazione.

Secondo gli Industriali, l’impatto della crisi è stato fortemente asimmetrico anche tra settori, tra le imprese e tra i lavoratori, anche per le trasformazioni strutturali che la pandemia ha accelerato: dal digitale all’automazione, dalla tutela della salute alla sostenibilità ambientale. Queste eterogeneità persistenti generano il rischio di una ripresa a più velocità. Ciò richiede una gestione molto equilibrata delle politiche emergenziali, che hanno assicurato la tenuta del tessuto produttivo e sociale, non solo in Italia.

Per quanto riguarda i settori più colpiti dalla crisi sono quelli più connessi con le presenze turistiche. Nel 2020 gli arrivi turistici mondiali sono crollati di tre quarti, generando perdite pari al 2% del Pil globale e mettendo a rischio 100 milioni di posti di lavoro. Maggiormente colpite sono le categorie più deboli: giovani e donne, lavoratori meno qualificati, micro o piccole imprese. Ovviamente, menzione a parte per il turismo.

L’Italia, hanno spiegato gli economisti di Viale dell’Astronomia, ha una storica specializzazione turistica. Il settore, attraverso i legami con gli altri comparti, vale il 13% del PIL e il 14% dell’occupazione. L’Italia primeggia per arte e cultura, ma è in ritardo nelle infrastrutture di trasporto e digitali e nella capacità dei governi di definire le priorità in materia di turismo, legate alla promozione del brand Italia e all’attrattività del Paese all’estero.

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenuto all’evento, ha sottolineato i quattro punti deboli dell’Europa dinnanzi alla pandemia. “Due sono significativamente dipendenti dalle scelte politiche e dall’efficienza amministrativa dell’Unione e degli Stati europei: la rapidità del piano vaccinale, l’implementazione efficace e rapida del Next Generation Eu, e alcune cruciali scelte di politica finanziaria, quali l’allungamento dei prestiti bancari alle imprese e la riconsiderazione dei criteri di sostenibilità degli stessi, dipendono da decisioni europee e possono rilanciare i consumi, il turismo, gli investimenti pubblici e privati”. Infine, la quarta incognita che si sta profilando “riguarda quella dei costi alti e della reperibilità scarsa di materie prime e semilavorati, richiede inoltre scelte di medio e lungo termine per la politica industriale e commerciale dell’Unione europea”.

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