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Conte, Rousseau e doppio mandato. I nodi di M5S secondo Di Nicola

Il senatore grillino Primo Di Nicola auspica che le tensioni su Rousseau e doppio mandato vengano superate il prima possibile. Sulla maturazione del Movimento verso la forma partitica e l’alleanza con Pd non ha dubbi: “Non soffermiamoci sulla forma. Se collaborazione deve esserci è necessario cimentarsi nella sfida per un Paese dove nulla dovrà essere più come prima”

A offuscare il cielo pentastellato c’è un’aria di tempesta. I malumori si affastellano sul filo del doppio mandato, posto come questione dirimente e identitaria, e sul rapporto fra Movimento 5 Stelle e piattaforma Rousseau. Lo stesso Davide Casaleggio, figlio ed erede spirituale dello stratega grillino Gianroberto (a cui è dedicata la manifestazione #Sum05), ha posto con forza il tema del legame tra la piattaforma e la classe politica grillina in senso stretto. Per orizzontarci nell’emisfero politico che, ultimamente, al vaffa delle origini preferisce la grisaglia su misura, Formiche.net ha sentito Primo Di Nicola, senatore grillino membro della commissione Finanze e Tesoro.

Senatore Di Nicola, il Movimento è in effetti divenuto verticistico?

La questione del funzionamento interno del Movimento, passando dall’opposizione a una diversa stagione politica, in effetti è stata una criticità. Nel senso che questo Movimento, crescendo in maniera esponenziale (sotto il profilo del consenso), in così breve tempo, si è trovato ad avere una struttura interna poco adatta alla nuova fase governativa. Andavano a mio giudizio, per esempio, separate le funzioni di governo dalle cariche interne per evitare una sovrapposizione nella quale non si capiva come si formava la linea e chi prendeva le decisioni. Ne ha sofferto la chiarezza degli indirizzi e la garanzia di una piena applicazione del programma elettorale. Comunque, questo non significa necessariamente che il Movimento debba trasformarsi in un partito tradizionale, deve sfidarsi per superare se stesso preservando e sviluppando tutti gli elementi di novità che ha saputo mettere in campo sulla scena politica italiana. Fondamentale è la piena democratizzazione interna con l’elezione di tutti gli organi dirigenti.

L’apertura di credito che il Partito democratico ha fatto nei vostri confronti, tuttavia, dipende molto dalla vostra “maturazione” verso la forma partitica. Se, al contrario, si mantiene la formula più movimentista, rischia di saltare l’ipotesi di un allargamento del campo progressista. 

Se il problema di una collaborazione con il Partito democratico è questo, mi pare davvero un presupposto sbagliato. Importante sono le idee per governare un Paese che nei prossimi mesi si troverà ad affrontare una situazione eccezionale sotto il profilo economico e sociale. Se collaborazione deve esserci, è necessario cimentarsi nella sfida per un Paese dove nulla dovrà essere più come prima. Come vogliamo riorganizzare il sistema produttivo? Stiamo pensando a un modo diverso di distribuire la ricchezza per dare dignità agli ultimi e non premi ai soliti noti? È giunta l’ora per varare un reddito universale per tutti? Che vogliamo fare per combattere l’evasione fiscale visto che nei prossimi anni ci sarà una montagna di miliardi da restituire evitando che a pagare siano sempre i contribuenti onesti?

In questi giorni ha preso corpo il dibattito legato al legame tra Movimento e Rousseau. Lo stesso Davide Casaleggio auspica maggiore chiarezza su questo fronte. Secondo lei che rapporto deve intercorrere tra il Movimento e la piattaforma?

L’idea di Rousseau come piattaforma tecnologica e non solo, ha incarnato il sogno di democrazia diretta che nel Movimento 5 Stelle ha assunto lo stesso significato che il “Sol dell’avvenire” ha avuto per i movimenti di estrazione socialista e comunista. Rousseau serve a garantire un rapporto costante tra i membri della comunità. Le polemiche in corso sono devastanti, spero si riesca a ritrovare la spirito originario senza disperdere un patrimonio umano e valoriale che sinora ci ha tenuti tutti insieme.

Anche il tema del doppio mandato sta esacerbando gli animi. Tra chi è contrario e lo considera un paletto da superare e chi invece lo ritiene un elemento peculiare della filosofia e dell’azione politica del Movimento. Lei da che parte sta?

A mio giudizio il doppio mandato ha assunto, per il Movimento, una valenza identitaria. È un vincolo che è stato sempre presentato come l’antidoto contro un sistema politico bloccato e gerontocratico nel quale la classe dirigente si è allontanata anni luce dagli interessi dei cittadini, mirando a conservarsi come centro di potere. Peraltro, l’impegno a tempo ci ha garantito milioni di voti. Disfarsene aprirebbe un enorme problema di credibilità.

A proposito di Conte, quale sarà il suo ruolo?

Sarà quello che saprà conquistarsi. Sicuramente non possiamo far carico ad una sola persona di tutti i problemi irrisolti. Tanto più in un movimento nel quale ogni persona ha l’aspirazione democratica a contare.

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