Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Copasir, interesse nazionale o dei partiti? Appello a Fico e Casellati

Da settanta giorni il comitato bipartisan di controllo dell’intelligence non si riunisce. Vittima di uno stallo fra partiti per la presidenza (con inopportuni blitz dei leader politici). Sbagliato delegittimare l’attuale presidente così come una legittima richiesta dell’opposizione. Qualunque decisione sarà foriera di polemiche. Non decidere è molto peggio (e pericoloso)

Settanta giorni. Più di due mesi. Da tanto dura la “sospensione” del Copasir, il comitato parlamentare di controllo dell’intelligence italiana. Incappato in uno scontro fra forze politiche sulla nuova presidenza e composizione che impedisce di riprendere i lavori.

I fatti sono ormai noti. Dal settembre del 2019 il comitato di Palazzo San Macuto è presieduto dal deputato della Lega Raffaele Volpi. La legge 124/2007 prevede che la presidenza del comitato, e metà dei suoi componenti, spettino a forze dell’opposizione, proprio in virtù della sua natura di garanzia. Fratelli d’Italia, unico gruppo di opposizione da quando è nato il governo Draghi, reclama la guida dell’organo, con l’attuale vicepresidente e senatore Adolfo Urso in lizza per la successione.

I giuristi hanno espresso opinioni diverse. C’è chi richiama il precedente di Massimo D’Alema, rimasto presidente del Copasir nel passaggio dal governo Berlusconi al governo Monti, nel 2011. Altri costituzionalisti dicono che quel precedente non vale. C’è, al solito, un’inopportuna trattativa fra leader politici. Anche se spetterebbe alle istituzioni preposte dalla legge, e segnatamente i presidenti di Camera e Senato, non a Enrico Letta o a Giorgia Meloni, decidere chi guiderà il comitato.

Non è questo il cuore della questione. Il cuore è che, da settanta giorni, il Parlamento non esercita alcun controllo sull’operato dell’intelligence italiana né sulla politica della sicurezza del governo. È mai possibile che si protragga tanto a lungo il limbo istituzionale? La legge del 2007 (art. 30, comma 2), dice di no. Il buon senso anche.

Il comitato, scrisse allora il legislatore, “verifica, in modo sistematico e continuativo, l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni”.

Sistematico e continuativo. Proprio come è successo durante un anno di pandemia. Quando il Copasir, mentre metà Parlamento chiudeva i battenti per un picco di contagi fra onorevoli, ha continuato (rivendicandolo con orgoglio) in presenza il suo ciclo di audizioni sul sistema bancario e assicurativo, convocando i vertici delle agenzie Aisi e Aise, manager e ministri.

Un errore delegittimare l’attuale presidente, così come è sbagliato criminalizzare una legittima richiesta da parte della forza oggi all’opposizione. Vanno tutelate le persone, tutte di specchiata qualità, e soprattutto va tenuta in sicurezza l’istituzione. I vertici di Camera e Senato non possono tergiversare oltre. Bisogna prendere una decisione. Sarà in ogni caso foriera di dispiacere e forse ancora altre polemiche. Non decidere però è peggio. Molto.

Non si può giustificare una così lunga assenza del controllo parlamentare. Peraltro in un momento delicatissimo per la sicurezza nazionale e il comparto intelligence. Il 26 gennaio, giorno dell’ultima seduta del Copasir, a Palazzo Chigi c’era ancora Giuseppe Conte.

Nel frattempo è successo di tutto. La nomina di due autorità delegate, prima Pietro Benassi, poi Franco Gabrielli. Le missioni dei ministri degli Esteri e della Difesa, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, in Libia, in Sahel, nel Mali. Una relazione sulla Sicurezza presentata dagli 007 italiani che fotografa un quadro allarmante, con un aumento significativo degli attacchi cyber e delle infiltrazioni criminali durante la pandemia.

Ieri, poi, il caso più clamoroso. Un ufficiale della Marina Italiana, colto in flagranza di reato a vendere segreti militari della Nato a due spie russe, espulse dalla Farnesina. Storia da Guerra Fredda, che rischia di innescare un’escalation diplomatica con Mosca.

Chi altro, meglio del Copasir, potrebbe chiedere immediatamente conto ai Servizi italiani e al governo di cosa è successo, capire a cosa si è dovuta la falla, quanto siamo esposti a nuove infiltrazioni? Nessuno. Ma a Palazzo San Macuto le porte restano chiuse. E continua un incomprensibile, pericoloso stallo della politica di sicurezza. O meglio, della politica contro la sicurezza.

×

Iscriviti alla newsletter