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Dalla prescrizione al Csm. La riforma Cartabia secondo Cesare Mirabelli

Prescrizione, tempi del processo, riforma del Csm, corruzione. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, dà le pagelle al piano della ministra Marta Cartabia. Nei tribunali è emergenza organico: per smaltire il “debito pubblico” della Giustizia bisogna richiamare in servizio i giudici, come i medici durante la pandemia

Si dice spesso che il tempo è denaro. Nel mondo della Giustizia, almeno quella italiana, è molto di più. Velocizzare i tempi della giurisdizione significa, nella maggior parte dei casi, restringere le maglie per la corruzione, dice a Formiche.net Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale. Il piano della ministra della Giustizia Marta Cartabia nel Recovery Plan va nella giusta direzione, spiega il costituzionalista, ma non c’è un minuto da perdere.

Mirabelli, partiamo dai tempi del processo. Dove bisogna intervenire?

La prima priorità è rendere efficiente e sollecita la giurisdizione. La ragionevole durata della giurisdizione è assicurata dalla Costituzione, risponde a un obbligo internazionale all’attenzione dell’Ue, ma è anche un diritto del cittadino. L’abbreviazione dei tempi, peraltro, concorre a stimolare lo sviluppo economico.

Il piano di Cartabia presenta alcune novità. Come l’introduzione in ogni procura dell’ “Ufficio del processo” per velocizzare il lavoro dei magistrati.

Può essere una soluzione, li vedremo all’opera. Il documento affronta anche un altro aspetto, il numero dei magistrati: la media di toghe rispetto alla popolazione è inferiore a quella di altri Paesi europei, e questa è senz’altro una delle cause del ritardo.

Servono più magistrati?

Lo dicono i numeri, ci sono tanti posti in organico scoperti. In particolare fra i giudici di pace, nei tribunali e nelle corti d’appello. Con l’innesto di nuove forze si potrebbe ottenere un aumento dell’efficienza di circa il 10%.

Come se ne esce?

Serve un intervento straordinario, con un reclutamento di giudici, anche onorari, che abbiano capacità di decidere e in un numero sufficiente a completare l’organico, quantomeno della giustizia civile.

Magari richiamando qualcuno “in servizio”, come i medici durante la pandemia?

Esatto, ovviamente su base volontaria e prevedendo una adeguata retribuzione, magari guardando anche fra avvocati, notai, professori universitari, per un periodo non superiore ai cinque anni. Quanto basta per ridurre il “debito pubblico giurisdizionale”. Cioè a smaltire le migliaia di procedimenti pendenti, che oggi giacciono negli armadi. Solo in Corte d’Appello ogni anno sono il doppio di quelli che vengono esauriti.

Bastano cinque anni per ristabilire un equilibrio?

Io credo di sì. Bisogna avere chiaro che non bastano le riforme processuali per accelerare la giurisdizione. Le norme attuali del processo civile, ad esempio, stabiliscono una scansione di atti in tempi ragionevoli. Il problema sono i tempi morti e lo smaltimento dei processi, ovvero quante volte si arriva a sentenza in un anno. Il piano proposto dal governo propone strumenti efficaci di deflazione.

Oltre alla prevenzione e alla repressione, per la corruzione il piano di Cartabia indica un altro antidoto: la semplificazione. È così?

Assolutamente. Una punta di corruzione si annida anche nella farraginosità, fra le pieghe delle discipline normative poco chiare, nella molteplicità dei passaggi che le procedure amministrative determinano. Sui controlli, poi, va fatta una distinzione.

Quale?

Quella fra corruzione reale e percepita. Nelle statistiche internazionali è la seconda che, purtroppo, porta l’Italia in cima alla classifica. Ma non sempre le due corrispondono. La corruzione percepita risente di una forte sfiducia nell’amministrazione pubblica tipica del nostro Paese.

Sulla prescrizione la riforma non si distanzia molto dal solco di Bonafede. Serve più discontinuità?

Il tema della prescrizione è legato a doppio filo a quello del funzionamento della giurisdizione. Se questa fosse efficiente, la polemica si sgonfierebbe di molto. La prescrizione, ripetiamolo, è una garanzia per la persona imputata ma anche per il buon andamento del giudizio.

Quindi?

Quindi è opportuna semmai una sterilizzazione dei tempi del calcolo della prescrizione che si riferisca non solo a posizioni dilatorie delle parti ma anche a richieste avanzate dalle parti stesse che differiscono e rallentano il giudizio.

Poi c’è la riforma del Csm, il fronte più delicato. Manca però un chiaro stop alle porte girevoli fra toghe e politica…

Su questo si sono già espressi il Parlamento e il plenum del Csm. La magistratura dovrebbe trovare un modo per garantire l’indipendenza da se stessa (ride, ndr).

Come?

Anzitutto individuando un sistema elettorale che consenta una minore presa di gruppi associativi sul consiglio. Le correnti non possono essere uno strumento indiretto di governo delle carriere.

Poi?

Poi c’è un elemento direi quasi di costume. I consigli giudiziari devono avere un maggior peso esterno, con una più incisiva presenza del mondo dell’avvocatura e dell’accademia, che garantisca maggiore trasparenza nelle procedure.


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