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Le nuove frontiere dell’innovazione? Il deep tech

Le tecnologie di frontiera e le innovazioni ad alto impatto, che segnano un salto tecnologico e un cambio di paradigma, sono al centro del lavoro di Enea Tech, che ha presentato, nel primo di quattro webinar tematici, una delle aree strategiche per le tecnologie del futuro, il deep tech

Quali sono le potenzialità che si possono generare in termini di competitività grazie a una politica di investimenti dedicata allo sviluppo di tecnologiche avanzate? È la domanda che ha guidato il webinar di Enea Tech, la fondazione di diritto privato vigilata dal Mise, durante il quale si è parlato della necessità di adottare progetti a lungo termine di importante contenuto scientifico, nell’interesse nazionale.

Tra i partecipanti, moderati da Roberto Arditti giornalista e fondatore di Kratesis Advisory Partners, Anna Tampieri presidente Enea Tech, Agostino Santoni vicepresidente Cisco sud Europa, Francesco Matteucci program manager European innovation council, Giorgio Metta direttore scientifico Istituto italiano di tecnologia e Ersilia Vaudo chief diversity officer Esa.

ENEA TECH

Il nuovo strumento per garantire l’interazione tra il mondo della ricerca e le imprese, Enea Tech, ha come missione principale di costruire un ruolo centrale nella corsa italiana alla sovranità tecnologica. La sua azione è impegnata ad accelerare l’innovazione, anticipare le tecnologie del domani e sbloccare il potenziale competitivo del paese. In meno di un mese dall’apertura ai progetti, ha già ricevuto 700 proposte d’impresa da valutare.

La Fondazione di diritto privato è di fatto il braccio operativo del Mise, e lavora non solo sul tema degli investimenti, ma anche sulla necessità di facilitare la cooperazione con centri di ricerca, università, piccole e medie imprese.

L’obiettivo, come ricordato da Anna Tampieri, è garantire la velocità del trasferimento tecnologico, oltre che la crescita delle capacità dell’Italia e di una sua sua presenza più competitiva a livello europeo. Il ruolo di protagonista del nostro paese nella sfida, ad esempio, alla transizione energetica è garantito anche e soprattutto attraverso gli investimenti in tecnologie innovative.

“Enea Tech, ha sottolineato la presidente, mira a espandere il tessuto produttivo del paese e delle filiere attraverso la leva del trasferimento tecnologico, rafforzare la sovranità italiana e liberare il potenziale inespresso del nostro paese in sinergia tra la ricerca e il settore sia pubblico che privato”.

TECNOLOGIE PROFONDE

Il tema del deep tech è uno degli asset principali a cui Enea Tech fa riferimento, e se letteralmente la parola significa in italiano “tecnologie profonde”, in realtà il significato reale è rappresentato dall’ alto impatto sulla società. Per deep tech si intendono tutte le tecnologie di frontiera che stanno muovendo enormi flussi di denaro, si tratta quindi secondo Anna Tampieri, di tecnologie che si rivolgono a obiettivi ambiziosi tesi a risolvere le competizioni più importanti del nostro tempo.

Il cambiamento climatico, la salute della popolazione, le infrastrutture sono tutte sfide che genereranno nuovi mercati ed Enea Tech è convinta che le imprese non potranno sottrarsi a una maggiore responsabilità sociale. Dato che il deep tech si rivolge a tecnologie che devono portare un progresso significativo all’umanità, i macro-temi che lo compongono sono numerosi ed estremamente trasversali, dai nuovi materiali, all’intelligenza artificiale, all’energia, alla blockchain.

La particolarità del deep tech è che ha un lungo tempo di gestazione prima di raggiungere la maturità ed essere incorporato dal mercato, come ha affermato la presidente di Enea Tech, ricordando che il loro obiettivo è anche quello di riuscire a colmare il gap rispetto a coloro che sono partiti prima.

La “tecnologia profonda” necessita di grandi capitali, quindi il processo tradizionale di finanziamento di una startup non può funzionare, per questo la Fondazione prevede la necessità di creare ecosistemi che prevedano sinergie tra i diversi player, sia del mondo pubblico sia privato, per avviarsi verso una cooperazione globale.

IL RUOLO DELL’INNOVAZIONE

Il tema dell’innovazione, in una realtà come Cisco, viene trattato quotidianamente. Agostino Santoni ha ricordato come, in più di trent’anni di storia, abbiano acquisito circa 215 aziende per le quali il denominatore comune è sempre stato l’innovazione.

Gli obiettivi del futuro per Cisco sono principalmente tre, e riguardano il breve, medio e lungo periodo. Innanzitutto, ripensare il funzionamento di internet, tema di breve e lungo periodo. Se è vero che il nuovo internet connette e connetterà tutti, sono necessarie nuove tecnologie che consentano di farlo.

In secondo luogo, un’innovazione a cui lavorare nel breve periodo forte è la fotonica, nella cui ricerca e sviluppo l’Italia ha dei puntatori molto importanti. Un’altra area fondamentale che ha visto Cisco come protagonista è il centro di ricerca e sviluppo globale sul tema della cybersecurity, che opera nel medio-lungo termine.

Quello della ricerca, ha rilevato Santoni, è un ambito di straordinaria importanza e ha molto a che vedere con la leadership e il modo in cui le persone lavorano, “intelligent human network”. È un’attitudine che rappresenta un fattore critico di successo assicurato.

UNA CULTURA DELLA COMPRENSIONE

Il nuovo programma quadro della Commissione europea, Horizon Europe ha l’ambizione di avere una visione di insieme sui progetti che finanzia per supportarli, come ha affermato Francesco Matteucci. In questo quadro, con cento miliardi di euro e migliaia di progetti finanziati, il deep tech ha un nuovo approccio finanziario, ma per funzionare necessita anche dell’ecosistema “innovation journey”.

Un viaggio che implica la partenza da un’idea spesso nata nei laboratori, ma che poi deve arrivare al mercato. Questo implica una multidisciplinarietà volta alla risoluzione di ogni problema in una cultura della comprensione.

Gli investimenti della Commissione europea sono incentrati su tre parole chiave, ha ricordato Matteucci, persone, conoscenza ed ecosistemi. L’innovazione deve esserci anche nel mondo del lavoro e nella formazione dei ricercatori italiani affinché abbiano forti contatti con la Comunità europea, necessaria secondo Anna Tampieri, per rafforzare l’interdisciplinarietà di formazione e ricerca e rendersi utili alla società.

L’INGEGNERIA DEL FUTURO

Nell’ambito della ricerca e delle idee per portare innovazione alle aziende, l’Istituto italiano di tecnologia può essere usato come esempio, come affermato da Giorgio Metta. Un programma di reclutamento nel quale il ricercatore viene introdotto in un percorso di carriera ben definito che inizia con valutazioni severe al termine delle quali, se ha avuto successo, può diventare un ricercatore permanente.

Ma questo processo non è sufficiente, l’altro elemento che permette di mantenere il talento, secondo Metta, è garantire laboratori dove poter lavorare bene, investendo quindi nelle infrastrutture. Questi i due ingredienti presi a modello dall’Istituto italiano di tecnologia.

Sono quattro le tecnologie principali sulle quali si basa l’ingegneria del prossimo futuro, bits, atoms, neurons e genes. Tecnologie che richiedono un’infrastruttura e un investimento importante per funzionare, e questo significa secondo Giorgio Metta, attrarre talenti e avere il coraggio di fare investimenti.

L’Agenzia spaziale europea, Esa, ha venti business incubation center, diffusi su 60 location di grande successo, grazie ai quali ha finanziato più di 700 startup (180 l’anno), ha ricordato Ersilia Vaudo. Anche a livello europeo ci sono iniziative per capire come fare un salto in avanti rispetto all’ecosistema dell’innovazione, del futuro del lavoro e dei talenti di domani.

CREARE VALORE PER LA SOCIETÀ

Il futuro del lavoro trasformerà e sta già trasformando il mix di conoscenze necessarie per migliorare. Vaudo ha rilevato il problema delle competenze Stem con una diversa partecipazione a livello europeo, in Italia non c’è domanda di competenze alte.

L’equilibrio tra offerta e domanda è molto più basso che negli altri paesi, la capitalizzazione su questioni di investimento non è percepita come vincente, è necessario iniziare a ragionare sulla domanda di competenze perché si crei un meccanismo virtuoso dove il capitale umano fluisca più naturalmente.

“Lo spazio offre mille angoli rispetto alla questione dell’innovazione, l’idea di andare domani sulla Luna o di andare su Marte genera una serie di innovazioni” ha detto Ersilia Vaudo. La corsa allo spazio di oggi, ha ricordato, è soprattutto una sfida che crea valore per la società, un valore economico che riguarda il potenziale dell’economia e dell’infrastruttura spaziale.

In termini di investimento, dal punto di vista istituzionale gli attori sono aumentati negli ultimi dieci anni e il numero di paesi che hanno almeno un satellite in orbita è quasi raddoppiato. È un business, ha sottolineato Vaudo, che si sviluppa per un totale di investimenti pubblici di 72 miliardi annuali.

Insieme a quelli istituzionali arrivano anche i fondi privati, settori in grande crescita nonostante la crisi, che anche l’Europa sta incrementando. L’avventura dei privati nello spazio è iniziata con la Silicon Valley, ma in parte è stata spinta anche dalla politica di Obama in seguito alla crisi del 2008. In questo modo sono cambiati dei paradigmi, la Nasa da customer è diventata cliente.

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