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Fitoussi scatenato sul libro di Paganetto. Il Recovery non basta

Tanti gli spunti e le riflessioni sul libro “Rivitalizzare un’Europa (e un’Italia) anemica”. Dalla governance europea agli impatti della pandemia sul sistema economico italiano. Le prospettive del Next Generation Eu e la pianificazione del futuro nell’evento organizzato da Formiche.net e Link Campus University

Le sfide dell’Europa di domani. Dall’impatto sulla governance alla necessità di invertire il trend demografico. La scommessa del rilancio del vecchio continente, il Next Generation Eu e un futuro da costruire (in fretta). Partendo dall’Italia. Sono solo alcuni dei punti sviscerati in occasione della nuova presentazione del libro di Luigi Paganetto ‘Rivitalizzare un’Europa e (un’Italia) anemica’ edito da Eurilink University Press, organizzata da Formiche e dalla Università Link Campus.

Più che una presentazione in senso stretto, si è trattato di un momento di riflessione sulle questioni cogenti che riguardano l’Europa, le sue articolazioni e il nostro Paese. Ad alternarsi sul banco dei relatori, ospiti di primissimo piano: da Vincenzo Scotti (Link Campus University) all’economista francese Jean-Paul Fitoussi, la viceministra all’economia Laura Castelli, passando per il presidente dello Svimez Adriano Giannola, Gloria Bartoli (docente alla Luiss), Michele Bagella (docente a Tor Vergata) e Luigi Gambardella (responsabile degli affari europei per Open Fiber). L’evento era moderato da Giorgio Rutelli (direttore di Formiche.net),

Particolarmente incisivo l’intervento di Fitoussi che, in un certo senso, ribalta la prospettiva sul Next Generation Eu. Pur riconoscendone la validità e la necessità, l’economista francese sostiene che si tratti di “un piano modesto se paragonato ai piani messi in campo da altri competitor internazionali come ad esempio gli Stati Uniti”. A dispetto quindi della vulgata, “non è una rivoluzione”. Ma i problemi del vecchio continente affondano radici ben più lontane e la pandemia ha solo accelerato processi già in corso.

“L’Europa presenta diversi vizi di costruzione – aggiunge Fitoussi – e, ora più che mai, appare un continente svuotato di sovranità. Questo aspetto mette in condizioni di debolezza l’Ue rispetto alle altre potenze, tanto più che dall’estero appare più che altro come una federazione di stati nazione”. A tutto questo si aggiunge “l’incapacità di portare avanti una politica industriale degna di questo nome”.

La progressiva polverizzazione della classe media è un ulteriore fattore che contribuisce “a una rappresentazione dell’Europa, sullo scacchiere internazionale, come un continente privo di potenza”. La conclusione di Fitoussi è che occorre “rifondare l’Europa, magari affidandone la leadership a un italiano: questa potrebbe essere una sfida importante per il Bel Paese”. Stimolo colto dalla viceministra Castelli, che promette, nella seconda parte del suo mandato “di andare più a fondo sulle questioni che riguardano l’Europa, spesso viziate dal fatto che le decisioni siano frutto di una concertazione più tecnica che politica”.

L’auspicio, sul piano internazionale, è che si arrivi a un’Europa “composta da Paesi che smettano di farsi la ‘guerra’, specie sotto il profilo industriale”. Castelli tuttavia riconosce come il nostro Paese sconti “un gap importante rispetto agli altri competitor dell’Unione”. Da questo punto di vista il Recovery dovrà servire da stimolo. Eppure la preoccupazione dell’esponente del Movimento 5 Stelle è che non ci siano strutture aziendali “in grado di assorbire al meglio l’imponente mole di liquidità che arriverà dall’Unione Europea. Tuttavia, non possiamo rimanere piccoli e in un certo senso ‘colonia’ per sempre”.

Le riflessioni e le tesi sviluppate da Paganetto nel suo volume, prendono in esame anche gli effetti che la pandemia ha generato sul nostro Paese. Per Giannola (Svimez), l’Italia nella compagina europea è “il grande ‘malato’. Ma già da ben prima rispetto agli effetti laceranti che ha provocato la pandemia”. Anzi, paradossalmente, “la pandemia rappresenta un’opportunità, per fare i conti con la malattia del sistema Italia”. Sistema inteso sia come struttura amministrativa “sia come percorso di digitalizzazione delle piccole e medie imprese. E’ un percorso necessario che il nostro Pese deve compiere, per via anche delle pressioni che arrivano dalle altre realtà europee”.

Se dal canto suo Bartoli sottolinea la necessità di “progetti concreti, in parallelo con le riforme strutturali, monitorando gli effetti su clima, cittadini e produttività”, Bagella imputa parte del gap italiano “al divario, mai realmente superato, fra il nord e il sud: l’Italia a due velocità”.

Paganetto, vicepresidente di Cassa Depositi e Prestiti, presidente della Fondazione Economia Tor Vergata e coordinatore del Gruppo dei 20, nel suo intervento rimarca in buona parte le tesi dell’economista francese. “Next Generation Eu è un intervento di portata ma, a ben guardare, la somma è pari all’1% del pil europeo”. In ordine alla governance, Paganetto sostiene che “si imponga la necessità di un nuovo modello: ora abbiamo sovrani senza sovranità. In realtà occorrerebbe una forma definita di sovranità, anche per intervenire sul fronte delle disuguaglianze”.

Concorda nel dire che “il Next generation è un’opportunità per gli stati, ma allo stesso tempo attribuisce agli stati il compito di predisporre programmi che devono essere realizzati secondo determinati canoni”. Il nostro Paese, “è in ritardo, ed è arretrato a livello di strutture industriali. Ecco che il Next generation potrebbe rappresentare un input per collocarci sulle traiettorie europee, posizionando gli asset produttivi secondo i canoni dell’impresa 4.0”.

In ultima analisi, Gambardella sostiene che di fondo, il vero scoglio da superare per l’Europa sia “la paura del futuro”. “Siamo troppo abituati a guardare indietro – spiega Gambardella – . Anche nelle aziende mancano le idee, la voglia di leggere e interpretare il futuro. E i funzionari europei sono troppo legati a schemi del passato”. La preoccupazione del manager di Open Fiber è quella di non “focalizzarci unicamente sull’utilizzo di questi fondi pubblici ma di pensare al futuro: dobbiamo rimuovere le ultime barriere e progettare il domani”.

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