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Draghi e von der Leyen schierati sul Global Health Summit. Le ricette di Cicchetti

Il docente dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore lancia una serie di input in vista del summit di Roma, che oggi è stato introdotto da Draghi e von der Leyen. “Occorrono risorse ingenti e progetti di largo respiro”. La pandemia? “Se avessimo avuto un organismo europeo, avremmo avuto meno morti”

“Il Global Health Summit a Roma, il confronto tra società civile, vertici europei e governo italiano sono occasioni preziose da cogliere e sostenere. Purché si entri nella logica che, anche sotto il profilo sanitario, occorrono grandi riforme e investimenti cospicui”. Ne è convinto Americo Cicchetti, professore ordinario di Organizzazione Aziendale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari). C’è attesa per il prossimo 21 maggio. In vista di questa data chiave, la presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen e il premier Mario Draghi hanno mandato il loro messaggio per un webinar in cui hanno partecipato alcuni partecipanti della società civile, un incontro funzionale alla stesura della ‘Dichiarazione di Roma’.

Il documento, che nelle intenzioni dovrà costituire un punto di riferimento per rafforzare la cooperazione multilaterale e le azioni congiunte per prevenire future crisi sanitarie mondiali, secondo Cicchetti deve fare i conti con un primo, grande, scoglio: la quasi totale autonomia dei Paesi membri sotto il profilo sanitario. “Fino a oggi – così il direttore di Altems – per loro precisa volontà, i membri dell’Ue hanno stabilito che la gestione sanitaria dovesse essere appannaggio dei singoli stati. Solo con la pandemia covid-19 abbiamo assistito ad una prima, vera e propria, negoziazione congiunta dei diversi Paesi in ordine all’approvvigionamento dei vaccini”. Per questo, sulla scorta di questa esperienza “non proprio positiva, occorre avere coscienza di come, se si vuole fare un passo avanti sul fronte sanitario e aprirsi una prospettiva europea, occorrono finanziamenti ingenti e una visione di largo respiro”. Gli esempi attualmente esistenti di strutture europee, specie riguardo i finanziamenti, non sono propriamente brillanti.

“Esiste un network che si occupa di valutazione della rimborsabilità dei dispositivi tecnologici legati alla medicina e dei farmaci – spiega Cicchetti – ma, oggi come oggi, sono stati stanziati solamente 20 milioni di euro per sostenerlo. Non solo: in questi giorni si sta discutendo se portare avanti o meno questo progetto (che comunque non godrà di finanziamenti ulteriori), ma che alla prova dei fatti è l’unico vero programma di cooperazione europea, a livello sanitario”. Quindi pur salutando di buon occhio l’evento co-organizzato dall’Italia e dalla Commissione Europea, il docente ravvisa la necessità di “superare certe barriere politiche e di immaginare progetti il più possibile concreti”. Tenendo presente che, i contenuti della ‘Dichiarazione di Roma’, si devono muovere verso “un riequilibrio degli standard sanitari in tutti i Paesi europei”.

Visto che il fulcro di tutto sarà, inevitabilmente, la pandemia, Cicchetti sviluppa una sua teoria, che potrebbe essere un punto di partenza di un ragionamento più ampio. “Sono convinto – rimarca il professore – che se avessimo avuto uno specifico organismo dedicato alla gestione della pandemia, di respiro europeo, non solo avremmo avuto probabilmente molti meno decessi, bensì avremo avuto un riferimento nella gestione di aperture e chiusure”. Oltre, ovviamente, “ad una più efficace strategia di approvvigionamento e somministrazione delle vaccinazioni”. In ultima analisi, aggiunge, “per raggiungere l’obiettivo di una maggiore equità relativamente al diritto alla salute da parte dei cittadini europei, occorrerà che durante il confronto con le istituzioni, gli interlocutori siano il più possibile coesi e che convergano sulle priorità da sottolineare con forza”.

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