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I conti della serva e il gioco pericoloso

Da qualche mese si è acceso in Italia un dibattito sull’impennata dei risparmi degl’italiani. Con molti commentatori che si sono allineati allo sport generale di soffiare sul fuoco di problemi distributivi che possono diventare socialmente esplosivi. Un gioco pericoloso; da stoppare prima possibile.

Vale forse la pena ricordare che il risparmio è reddito non consumato; e l’aumento dei risparmi può avere quindi due sole origini: un aumento dei redditi e/o una diminuzione dei consumi. Un anno e passa di lockdown dovrebbe aver chiarito che anche chi avrebbe voluto consumare non è stato materialmente in grado d farlo (se non attraverso acquisti online, e infatti il fatturato delle grandi piattaforme di vendita via web è aumentato considerevolmente). L’aumento dei risparmi non è certo dovuto, quindi, ad un aumento del reddito ma ad una forzata compressione dei consumi.

Logico, quindi, che siano aumentati i saldi finanziari dei pensionati. E crollati quelli dei giovani, visto che per il 40% in Italia sono disoccupati; e che quelli occupati lo sono spesso in modo precario. Questa è la vera piaga del nostro paese; la vera anomalia italiana. Mancando un vero e proprio mercato del lavoro in cui sia possibile inserirsi, possibilmente per merito e non per conoscenze familiari, i giovani non hanno reddito e devono attingere alla solidarietà familiare.

Naturalmente il covid ha accresciuto le ingiustizie distributive. Ingiustizie che sono tuttavia la cifra costante del paese. Negli ultimi vent’anni, si possono citare almeno tre episodi di forte redistribuzione arbitraria del reddito: il passaggio dalla lira all’euro nel 2002, quando il governo appena insediato eliminò gli osservatori provinciali sul changeover previsti dalla Commissione UE (che avrebbero dovuto far rispettare la stabilità dei prezzi, evitando che i commercianti approfittassero del cambio di valuta per aumentare i prezzi di vendita) e l’inflazione erose il peso dei redditi fissi, improvvisamente impoveriti in termini di potere d’acquisto; la crisi finanziaria del 2008-9, con l’impennata dell’indebitamento privato a tassi variabili ed il conseguente maggiore carico sui percettori di redditi fissi; il covid, che ha impattato in modo diverso sui vari settori, classi sociali, intere generazioni, ma privilegiando stavolta (oltre alle rendite) proprio i percettori di redditi fissi.

Accanirsi oggi contro di loro è un gioco molto pericoloso. Perché sono gli unici che garantiscono un flusso tutto sommato stabile di consumi, anche in situazioni di emergenza, e quindi alimentando un minimo di domanda, essenziale per tenere aperte certe attività. Perché i risparmi accumulati sono stati forzati da regole che hanno impedito il consumo; lo si vede chiaramente dal grafico più sopra, che mostra una diminuzione dei saldi finanziari (e quindi un’accelerazione dei consumi) in corrispondenza dell’estate scorsa, quando le limitazioni sono state tolte. Perchè anche gl’investimenti, crollati del 24% negli ultimi dieci anni prima del covid, non ripartiranno se gl’imprenditori si aspettano consumi bassi. Perché possono, con ottime ragioni, argomentare che sono gli unici, in Italia, a non poter sfuggire alla scure del fisco più oneroso d’Europa, mentre altri lavoratori di varia natura da decenni allargano impuniti la platea di quei 100 miliardi (ma è una stima per difetto) di elusione ed evasione fiscale che ogni anno sottraggono risorse ai nostri conti pubblici.

Ma dirò di più. Farà bene il governo a vigilare sul fatto che la ripresa che verrà, una volta assicurato il successo della campagna di vaccinazione, non diventi una nuova occasione per speculare sui prezzi, contando su mercati non-concorrenziali ed una domanda che attende solo di ripartire per consumare (e quindi investire). Sarebbe l’ennesima distorsione in un sistema già pieno di distorsioni.

Per quanto sia difficile da accettare, le uniche strade da percorrere sono quelle: della crescita, orientata alla creazione di posti di lavoro; di una lotta sistematica, seria e radicale contro l’evasione fiscale; di una riforma del fisco che semplifichi, renda trasparente ed accresca la capacità di spesa delle varie classi sociali.

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