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Il Recovery Draghi visto da Washington DC. Il rapporto AmCham

Sanità, Pa, attrazione degli investimenti esteri. AmCham, la Camera di commercio italo-americana, legge il Recovery plan di Mario Draghi e dà qualche consiglio. Dalla comunicazione fra governo e privati fino alla cybersecurity, ecco le priorità

Promosso, con riserva. Fra i primi bilanci del Recovery plan targato Mario Draghi c’è quello di AmCham, la camera di commercio italo-americana diretta da Simone Crolla. In un documento ecco il primo bilancio della vasta rete di aziende che lavorano fra Italia e Usa. Il Pnrr, si legge nella premessa, deve essere “l’inizio di un percorso che prosegua nel tempo e che permetta all’Italia una coesistenza tra le esigenze del settore pubblico e quelle del comparto privato, principale fonte di creazione di posti di lavoro e di valore per il sistema economico”.

Dunque le quattro priorità per intervenire con i fondi europei. Due delle missioni sono indicate nel piano di Draghi, altre due “sono trasversali”.

Si parte dalla “digitalizzazione” della Pubblica amministrazione, da sempre una nota dolente per il nostro Paese. Serve “una revisione dei processi e delle procedure oggi esistenti nella P.A.”, si legge nel report, che non sia legata solo ad aspetti tecnologici ma anche a “quelli culturali e di sviluppo delle competenze e dei fattori abilitanti all’utilizzo della tecnologia attraverso servizi e applicazioni che hanno un concreto impatto nella vita di tutti i giorni dei cittadini”.

Un plauso va ai 620 milioni di euro stanziati per la cybersecurity. Un sostegno “condivisibile” che servirà all’ “ammodernamento e completamento delle reti ad altissima capacità in fibra ottica e 5G e soprattutto lo sviluppo e l’efficientamento del cloud e l’interoperabilità delle banche dati”. Con una chiosa sul fronte digitale: la modalità di lavoro agile (smart working) deve essere “estesa ed agevolata” attraverso “la necessaria infrastruttura tecnologica”.

Fra i settori della PA che più necessitano investimenti nel digitale viene citata la Sanità con l’invito a promuovere “nuovi approcci quali la gestione remota del paziente, l’analisi di Real World Evidence/Patient Reported Experience e Outcomes Measures e la creazione di paradigmi Value Based Healthcare” o ancora la definizione di “standard nazionali per l’interoperabilità dei dati e dei processi in sanità”. Segue la Giustizia, con la proposta, fra le altre, di una “piattaforma per l’automazione dei processi  attraverso l’archiviazione automatica dei documenti, la gestione dei flussi di lavoro, la pianificazione e calendarizzazione dei dibattimenti”.

Per il settore Healthcare le aziende americane individuano tre interventi urgenti per migliorare l’erogazione dei servizi sanitari e i modelli di assistenza basati sul valore. “Il potenziamento dei nuovi modelli di presa in carico agendo sull’intero percorso di cura (dall’empowerment al follow up del paziente; la riorganizzazione dei percorsi ospedalieri; il rafforzamento delle competenze e delle risorse a disposizione della medicina del territorio; l’individuazione di percorsi e fondi dedicati per finanziare l’accesso al mercato delle innovazioni tecnologiche”.

Capitolo Pubblica amministrazione. Sono quattro, secondo AmCham, le linee guida da seguire per imitare le best practices all’estero: “Cultura di collaborazione fra Pa e imprenditoria, norme e leggi semplici e chiare, diffusa utilizzazione dei sistemi digitali, certezza dei tempi”. Fra le macro-iniziative proposte per digitalizzare la Pa, l’adozione di “una piattaforma di Smart Working della Pa” e di un “modello applicativo interoperabile tra amministrazioni che abiliti una intelligent automation dei processi esistenti e futuri”. Oltre a un invito a rafforzare la cyber-sicurezza delle amministrazioni, AmCham propone “l’evoluzione ed estensione dell’attuale modello SPID per renderlo centrale a tutti i servizi della P.A. allargata”.

L’ultimo capitolo è dedicato all’internazionalizzazione delle aziende, tema caro alla rete di imprese che lavorano fra Roma e Washington DC. “I dati degli ultimi anni testimoniano un interesse strategico continuo da parte degli Usa verso l’Italia, che detengono uno stock di IDE pari a circa $35 miliardi (2019) cresciuti del 51% nei precedenti 16 anni”, è la premessa di AmCham. Dunque i numeri. Solo nel manifatturiero, le imprese a capitale americano in Italia impiegano circa 120.000 addetti ai lavori. Una mole di forza lavoro e investimenti che richiede un canale di comunicazione diretto, e agevole, con il governo. Non sempre è così. Per questo le imprese a stelle e strisce chiedono l’istituzione di “una Control tower che faciliti la connessione e la comunicazione tra il governo italiano e le imprese americane in Italia, indirizzi gli ambiti di supporto e aiuti il Paese nella soluzione di specifici problemi nel breve e nel medio-lungo termine, nell’ottica di un rafforzamento del rapporto transatlantico finalizzato alla ripartenza economica italiana”.

Infine, due iniziative per trattenere gli investimenti americani in Italia. Un “piano di retention a medio-lungo termine di aziende americane finalizzato a mantenere gli investimenti Usa in Italia” e “incentivi ad hoc per il rimpatrio delle attività produttive di aziende italiane anche operanti con insediamenti produttivi in Paesi a basso costo del lavoro, attraverso strumenti di facilitazione e sinergie di business con le aziende americane della filiera produttiva di appartenenza presenti in Italia”.

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