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Infrastrutture, con Draghi e Giovannini una nuova stagione del sì

Le infrastrutture, in condizioni di crescente efficienza e di rispetto dell’ambiente, sono essenziali per l’ammodernamento del sistema produttivo e per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Con Draghi e Giovannini si sta aprendo una nuova stagione del si. Il commento di Stefano Cianciotta, presidente Osservatorio Nazionale Infrastrutture Confassociazioni

L’interessante intervento pubblicato oggi su Il Manifesto a firma del vicepresidente del Wwf Dante Caserta (in sintesi chiede di investire sulla necessità di accelerare sulla trasparenza delle informazioni per aiutare le pubblica opinione a capire le infrastrutture, anche in funzione del Recovery Plan), conferma quello che avevamo già ipotizzato due mesi fa in occasione della nascita del governo Draghi.

Tra le tante le sfide del ministro Enrico Giovannini, la più importante sulla quale sarà chiamato ad incidere, al pari del premier Draghi e dei ministri Colao, Cingolani e Giorgetti, è soprattutto quella culturale. Le infrastrutture, in condizioni di crescente efficienza e di rispetto dell’ambiente, svolgono infatti un ruolo fondamentale per sostenere la mobilità dei cittadini e delle merci, e sono essenziali per l’ammodernamento del sistema produttivo e per migliorare la qualità della vita in moltissimi ambiti.

La sfida più importante per Giovannini e il governo sarà quella di tornare a fare concepire l’infrastruttura come un corpo integrato e non estraneo al processo di sviluppo che si intende costruire. E nel dibattito di queste settimane (a parte la recrudescenza di alcuni episodi di violenza in Piemonte sulla Tav, che ci auguriamo restino casi isolati) sta prevalendo finalmente la percezione delle infrastrutture come un corpo fondamentale per definire la crescita delle comunità, ed evitare nella attuazione del Pnrr la frattura tra le aree più dinamiche del Paese e le regioni meno innovative, che hanno invece bisogno delle infrastrutture fisiche/digitali per attrarre investitori e potenziare anche l’offerta turistica, ora che finalmente dopo anni è tornato un Ministero ad hoc.

L’infrastruttura genera valore non in quanto opera, ma perché determina e contribuisce alla ridefinizione dell’ecosistema nel suo senso più ampio. Quando si fa ecosistema l’infrastruttura non è solo un progetto economico fondato sul mercato, ma si trasforma in un progetto sociale, temi che l’economista Giovannini conosce benissimo.

Ed è spesso quest’ultima dimensione che determina la tensione sui territori, perché non viene correttamente interpretata a causa della percezione errata determinata dalla carenza di strategie di comunicazione e di partecipazione, sulle quali le imprese devono assolutamente cominciare a investire.

Su questi temi l’autorevolezza di Draghi e di Giovannini, e le loro relazioni con un ampio spettro di associazioni, dal mondo cattolico a quello ambientalista, può contribuire a detonare situazioni bloccate da almeno 25 anni superando definitivamente il no a tutto ed il Nimby, e rilanciare gli investimenti in un settore strategico per la ripresa del Paese.

Il nostro augurio è che questo dibattitto adesso coinvolga in modo serio e continuativo i territori. Prova ne è, ad esempio, il grado di maturità che sta raggiungendo il dibattito in provincia di Lecce, nella quale solo tre anni fa era impossibile parlare di Tap.

Oggi, invece, grazie a nuovi sindaci validi e coraggiosi (Greco di Caprarica e Trio di Surbo ad esempio) e amministratori rigorosi (il presidente della Provincia Minerva) si è cominciato a capire che il no a prescindere ad un’opera di interesse e rilievo nazionale (lo stabilisce il Mise) può produrre voti nel breve periodo, ma dopo un certo numero di anni l’infrastruttura non solo viene completata ma lascia sul terreno strascichi pericolosi di polemiche sterili, senza produrre alcun tipo di consenso (basti vedere la debàcle elettorale del M5S proprio in Salento e a Taranto).

La Puglia e il Salento, prima che altrove, proprio su temi sensibili come Xylella, Tap e Ilva, hanno sperimentato i guasti e i danni prodotti dalla teorizzazione della decrescita e della società orizzontale da parte del M5S, con l’esproprio della politica, la delegittimazione dei decisori pubblici, il disprezzo delle competenze e la derisione della scienza. Peraltro, dai 55 milioni di compensazione offerti nel 2018 dal Governo per il Tap, l’opposizione iniziale dei sindaci a qualsiasi azione di negoziazione è costata al territorio almeno 30 milioni, perché ad oggi sono diventati 25 i milioni da investire in provincia di Lecce.

Giovannini, all’Ocse prima e all’Istat poi, ha sempre operato per innovare le organizzazioni e valorizzare le competenze. Il settore degli appalti pubblici deve necessariamente innovarsi con il BIM, il project management e la blockchain, per dare trasparenza e sicurezza al sistema delle procedure, ed evitare la reiterazione di episodi di corruzione che minano la reputazione di un settore strategico per lo sviluppo del Paese.

Negli ultimi trent’anni in Italia, poi, sono state prodotte troppe norme, 308 per la precisione, mentre non ci si è concentrati su un aspetto fondamentale: quello delle competenze. La nomina dei Commissari è un buon inizio (l’iter era stato già avviato da Paola De Micheli), ma adesso insieme con i ministri Carfagna e Brunetta Giovannini deve accelerare sulla riforma della Pa.

Il maxi concorso appena bandito dai ministri Carfagna e Brunetta doterà seppure a tempo determinato le Pubbliche Amministrazioni delle regioni meridionali di competenze specifiche in materia di digitalizzazione, un requisito fondamentale se vogliamo aumentare l’attrattività di questa area fondamentale del Paese, soprattutto adesso che si sta immaginando il futuro del Sud con provvedimenti fondamentali come il Recovery Plan, la programmazione comunitaria 2021-2027 e le Zone Economiche Speciali.

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