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Non solo Draghi. Ecco perché a Tripoli c’è anche il premier greco Mitsotakis

Al suo arrivo a Tripoli, Mitsotakis ha incontrato il primo ministro italiano Mario Draghi, con cui ha discusso sulla necessità per l’Ue di sostenere gli sforzi per ricostruire, stabilizzare e tenere le elezioni in Libia. Cosa vuol dire la riapertura dell’Ambasciata greca a Tripoli e del Consolato Generale a Bengasi per le baruffe con la Turchia sulla zona economica esclusiva

Kyriakos Mitsotakis ufficializza il cambio di pagina nei rapporti greco-libici con il viaggio di oggi in Libia. Il primo ministro greco è stato uno dei primi europei a incontrare il premier designato Abdelhamid Dabaiba, poco dopo il premier italiano Mario Draghi con cui ha scambiato anche alcune battute. Sul tavolo la cooperazione bilaterale, ma soprattutto il gas con il memorandum turco-libico siglato lo scorso anno che, secondo il governo di Atene, “in una Libia normale, non può essere valido” perché esclude chi si trova nella linea tra i due Paesi, vista la presenza di passaggi che violano il diritto internazionale.

Ad Atene c’è una forte convinzione che la riapertura dell’Ambasciata greca a Tripoli, così come il ripristino del Consolato Generale a Bengasi, contribuirà in modo significativo al rafforzamento della cooperazione bilaterale in tutti i settori.

QUI TRIPOLI

Al suo arrivo a Tripoli, Mitsotakis ha incontrato il primo ministro italiano Mario Draghi, con cui ha discusso sulla necessità per l’Ue e gli Stati membri di sostenere gli sforzi per ricostruire, stabilizzare e tenere le elezioni in Libia. C’è però un tema aperto sul ruolo giocato dall’Italia, molto vicina alla Turchia e conseguentemente “pesata” dalla Grecia come più distante rispetto alle recenti consuetudini, che hanno visto ad esempio Parigi prendere il posto di Roma nelle relazioni con Atene.

Le mosse turche in Libia hanno prodotto reazioni in Paesi che hanno con la Grecia solide relazioni. Gli Emirati Arabi Uniti (Eau), il principale sostenitore della campagna militare di Haftar dal 2014, hanno denunciato la strategia turca in Libia, affermando che Ankara “ha minato gli sforzi per raggiungere una soluzione pacifica e ha destabilizzato l’intera regione”. Anche la Francia ha espresso una dura condanna.

FRA TRIPOLI E ATENE

C’è Ankara fra Tripoli e Atene. La Turchia è il nuovo e riconosciuto player nel Paese che fu di Gheddafi, un elemento oggettivo che caratterizzerà le future relazioni ellino-libiche. Il primo ministro libico è nato a Misurata, la roccaforte dei ribelli che portarono al rovesciamento di Gheddafi ed è stato capo della Società di investimento statale durante i giorni del regime del Colonnello. Inoltre le sue iniziative professionali si sono distese per anni tra Turchia e Libia, con una caratterizzazione legata ieri al business e oggi al filo diretto con il governo di Erdogan.

Spazio chiuso alla Grecia, dunque? Nulla è scontato in questa fase, visto lo status di Atene sullo scacchiere mediterraneo e le posizioni degli Stati Uniti più volte espresse sulla strategicità della Grecia.

FINESTRE E OSTACOLI

Una finestra di dialogo potrebbe essere favorita da una vecchia conoscenza della diplomazia greca, il nuovo presidente del Consiglio presidenziale, l’ambasciatore Mohamed Menfi, che è stato l’ultimo ambasciatore della Libia ad Atene prima della crisi innescata dal memorandum turco-libico. Si tratta di una figura che conosce bene le relazioni greco-libiche e che è vicino all’ambiente dell’ex premier Al Serraj. Una prima richiesta greca, quella dell’allontanamento dei mercenari, potrebbe essere vicina alla realizzazione: circa 9000 combattenti siriani sostenuti dalla Turchia in Libia sono stati informati di prepararsi a tornare in Siria, su ordine del governo turco.

ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA

Nel 2018 Turchia e Libia hanno firmato un memorandum d’intesa che delimita le loro aree di giurisdizione marittima, creando un’area contigua turco-libica che separa il Mediterraneo orientale dal resto del mare. Secondo questo accordo, controverso, se il gas deve essere estratto dal Mediterraneo orientale per essere trasportato in Europa da un gasdotto posto sul fondo del mare, deve attraversare l’area di giurisdizione marittima della Turchia. Atene lo ha giudicato illegale perché “ruba” lo spazio marittimo greco a sud di Creta.

Inoltre l’accordo priva Atene del suo diritto legale sulla piattaforma marittima tra Rodi e Creta. Questa parte della piattaforma continentale appartiene alla Grecia e a Cipro, ma la Turchia sta cercando di far valere i suoi diritti sui campi attraverso il memorandum d’intesa sulle zone marittime con il governo dell’Accordo nazionale.

Inoltre lo scorso settembre la diplomazia libica aveva invitato Grecia e Malta a delimitare le zone marittime (Zee). All’epoca la compagnia petrolifera statale libica aveva chiesto al governo libico di chiedere la fine delle esplorazioni petrolifere in una “zona contesa”, mirando principalmente all’annullamento delle licenze greche nell’area.

GRECIA & USA

La postura ellenica è sempre più inclinata verso Usa e Nato, come ribadiscono quotidianamente ministri e diplomatici, di vari Paesi. Troppo importante per Washington aver creato nell’Egeo un’alternativa, logistica, militare ed energetica. Il raddoppio della base som di Souda Bay a Creta consentirà l’attracco delle portaerei americane. La presenza Usa nell’area di Alexandroupolis, da dove passa il Tap, il Tanap e partirà la Via Carpatia, è strategica in ottica balcanica. L’ex ministro greco Marietta Giannakou è stata eletta vicepresidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, in occasione dei lavori della 66ª Sessione Annuale dell’Assemblea. È la prima volta che la carica è ricoperta da un parlamentare greco. Piccoli grandi punti che, se uniti, danno l’immagine finale.

SCENARI

Se dopo sette anni di relazioni diplomatiche “congelate” tra Grecia e Libia, Atene ha deciso di riattivare la rappresentanza diplomatica sul suolo libico vuol dire che la partita sta entrando nel vivo. Occorre un canale di comunicazione non filtrato con un Paese come la Libia dove il dossier energetico non è secondario. Ma soprattutto, e al netto del (poco soft) power esercitato da Erdogan nel Paese, la Grecia non vuole restare fuori dai giochi dopo aver detto sì alla richiesta tedesca di sedersi al tavolo diplomatico con la Turchia per le questioni del Mediterraneo orientale. La strategia di Atene è chiara: massima disponibilità a collaborare con le istituzioni europee ed internazionali, ma senza dimenticare che su gas e migranti non potrà interpretare il ruolo di comparsa.

twitter@FDepalo

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