Compie 70 anni “Adolescenza torbida” (Susana) uno dei capolavori messicani di Luis Buñuel. Conosciuto anche con il titolo “Carne y demonio” e, in area francese, come “Susana la perverse”, racconta la storia di una serena famiglia messa alla prova dal velenoso fascino di una finta trovatella. Buñuel dirige magnificamente un eccellente gruppo di attori, all’interno di una sincopata narrazione postmoderna con tanto di finale a sorpresa. Ne parla a Formiche.net Eusebio Ciccotti
Ci sono almeno tre capolavori del cinema che affidano i loro incipit narrativi a un forte temporale o a una pioggia torrenziale: Der Letzte Mann (L’ultima risata, 1924, F.W. Murnau); Rashomon (Id., 1950, Akira Kurosawa) e Susana (Adolescenza torbida, 1951, Luis Buñuel). Va da sé che questo motivo svolge una funzione narrativa e retorica di tipo prolettico: ossia ci dice che il/i personaggio/i dovranno superare prove o sciogliere enigmi prima di rivedere il sereno, sia esso meteorologico o esistenziale.
CUORI NELLA TORMENTA
Un terribile temporale, con terrificanti lampi a zig e zag nel cielo nero, si abbatte sulla campagna messicana e su una fazenda ben tenuta. Il benestante “padrone”, Don Guadalupe (Fernando Soler), sua moglie, Donna Carmen (Matilde Palou), il loro figlio Alberto (Luis Lopez Somoza), la donna di servizio di fiducia, Felisa (Maria Gentile Arcos), provvedono ad accendere i lumi e chiudere le imposte delle finestre. Commentano la violenta, inattesa e terribile tormenta. È presente anche Jesus (Victor Manuel Mendoza), bell’uomo, il responsabile dei lavoranti della fazenda, tuttofare, cavallerizzo, uomo di fiducia di Don Guadalupe. Nel cambio di scena siamo in un riformatorio femminile. Una ragazza, l’avvenente Susanna (Rosita Quintana) viene gettata a forza, dalle sorveglianti in una cella di sicurezza, a causa delle sue estreme intemperanze. Sola, infuriata, grida. Si rivolge a Dio con una forte preghiera laica. “Tu mi ha fatto così, tu mi devi aiutare!”. Poi si aggrappa violentemente all’inferriata della finestrella e continua a pregare ad alta voce: “Mi devi aiutare! Fammi uscire da qui!”. Improvvisamente le braccia della ragazza, lentamente, smurano la grata quadrettata della finestrella. La stessa che aveva, pochi secondi prima, mentre ella pregava arrabbiata, proiettato parte della sua ombra di grata su una porzione di pavimento, formando una quadrettatura incompleta, ossia una croce. Ora la finestrella è senza sbarramento. Entra la luce.
EVADERE COME UNA SERPE
Si può evadere. Sotto la tormenta, Susanna esce e striscia poi sul piano rialzato della piccola prigione, avvolta nel suo lungo grembiule di reclusa, fradicio di pioggia. Sembra una flessuosa serpe che si fa strada tra manufatti, sterpaglie e la boscaglia. Verso la libertà. Buñuel ci ha proiettato in medias res: un interno di una bella magione di allevatori; un terribile temporale; una ragazza punita, cacciata a forze da tre donne-guardiano in una celletta e poi, dopo una preghiera, miracolosamente libera. Con due pennellate alla Jean Renoir siamo dentro un avvincente incipit. Come si fa a lasciare la poltrona del cinema? “Vado in una sala cinematografica, mi siedo. Inizia il film. Se dopo cinque minuti non me ne vado, è un capolavoro”. (Jean Renoir “Scritti di cinema”).
ACCOGLIERE IL POVERO
Il temporale continua, tutta la famiglia di Don Guadalupe, nell’ampio salone della casa, assiste impaurita e meravigliata della sua violenza. Nella stalla la beneamata cavalla di Don Guadalupe sta morendo. Una giornataccia. Tutto sembra andar male. I tuoni scuotono la casa. Tra un fulmine e l’altro, appare al di là del vetro della porta di ingresso, improvvisamente, il volto bagnato di una giovane donna, con i capelli incollati sulla fronte e sulle gote. Felisa grida. Si fa il segno della croce. Continua a dire che è un temporale demoniaco. Che ora ha visto anche il demonio! Tutti hanno notato la ragazza. Don Guadalupe, Jesus e Alberto, si precipitano fuori a soccorrerla. Ella è svenuta sulla soglia. La portano in casa, è fradicia e sporca di fango. La fanno rinvenire. I tre uomini sono incantati dalla figura snella e affascinante della ragazza. Il grembiale incollato dalla pioggia sul corpo, lascia scoperte parte delle tornite cosce. Buñuel infila altri elementi semanticamente e proletticamente utili alla diegesi, qui di carattere erotico. Donna Carmen licenzia gli uomini e dice che se ne occuperanno le donne, lei e Felisa. Questa è l’unica che osserverà Susanna con sospetto sin dal primo momento.
SEDURRE MEGLIO CHE AMARE
Susanna racconta che è fuggita dal suo padrone, mentre questi la conduceva per lavoro ad Acapulco, per evitare una violenza. È una bugia inventata al momento, che non convince Felisa. Tutti le credono. La ragazza conquista subito la fiducia di Donna Carmen, che la adotta come figlia, quella che non ha mai avuto e che ora la aiuterà nel gestire il personale della servitù di casa. Don Guadalupe, inizialmente contrario, accetta. Susanna, pian piano, scopre la sua irrefrenabile perversione nel far capitolare gli uomini. Il primo che ella provoca, per provare il suo fascino, e che perde per lei la testa, è il bel Jesus. Ella non lo accetta perché ha messo gli occhi sull’inesperto Alberto, unico erede, studente universitario di scienze naturali immerso nei libri. Nel frattempo Jesus, in una delle sue uscite di sorveglianza nei possedimenti, ha incrociato la vettura dei poliziotti del riformatorio. Gli hanno chiesto se ha visto una giovane ragazza fuggita dal riformatorio e ora ricercata. Jesus nega. Tornato alla fazenda, forte del segreto, tiene in pugno Susanna, la quale almeno in una occasione, deve cedere (la scena del granaio).
Susanna continua la seduzione del giovane Alberto, facendolo innamorare come un adolescente. Non contenta, getterà la sua rete anche su Don Guadalupe, iniziando la manovra seduttiva il giorno in cui l’uomo sta pulendo le canne di uno dei suoi fucili. Le allusioni sessuali, considerando la censura del periodo, sono discrete e ben dissimulate (qui le canne del fucile, prima piegate e poi poste diritte dall’uomo ˗˗ mentre in secondo piano Susanna, esibisce il suo décolleté quando si inchina per pulire la vetrina dei fucili ˗˗, rimandano al “risveglio” sessuale del tranquillo e maturo marito).
JESUS LICENZIATO
Jesus riesce ad ottenere, sotto ricatto, un secondo incontro con la recalcitrante Susanna. Mentre tenta di abbracciarla e baciarla in campagna, arriva Don Guadalupe, che, inorridito dal comportamento del suo uomo di fiducia, lo licenzia in tronco. In realtà lo spettatore sa che Don Guadalupe deve liberarsi del bel giovane rivale poiché ha perso la testa per Susanna. In casa Donna Carmen nota l’improvvisa irritabilità di suo marito; ma anche il nervosismo di Alberto, questi non mangia perché “ho dei pensieri”. Poi, un pomeriggio, ella sorprende, non vista, suo marito abbracciato, appassionatamente ringalluzzito, a Susanna. Corre piangendo in camera. Felisa cerca di consolarla. Il giorno dopo Alberto le confida che si è innamorato, per questo ha perso l’appetito. La madre è felice, si aspetta una ragazza universitaria o di buona famiglia. Quando sente il nome di Susanna, quasi sviene: “Anche tu!”.
UNA FAMIGLIA DISTRUTTA?
Il sottofinale ci riserva una famiglia disintegrata. Jesus, il fido capo dei lavoranti non c’è più; Don Guadalupe è pensieroso; Alberto anche; Donna Carmen è triste; non c’è più dialogo a tavola. Susanna in un ulteriore tentativo di aumentare il potere all’interno della casa, e assicurarsi la protezione del capofamiglia, dà una prova pubblica di ipocrisia dichiarandosi innamorata di Don Guadalupe, davanti alla esterrefatta famiglia. Don Guadalupe allora sta per accettare che sua moglie se ne vada, avendo egli trovato un altro amore. Ma ecco il coup de théâtre alla Buñuel: arrivano tre gendarmi guidati da Jesus: sono venuti a riprendersi l’evasa. Susanna grida, si agita, ma ormai non incanta più nessuno.
Il giorno dopo, Don Guadalupe, mesto, a capo chino, sta lasciando la casa. Ma Donna Carmen, con il ritrovato raggiante sorriso, lo invita a sedersi per la colazione, come ogni mattina, rimproverando dolcemente Alberto che si è accomodato senza aspettare il padre. Jesus, proveniente dalla stalla, porta la bella notizia che la giumenta preferita di Don Guadalupe è guarita. Sta salutando per andar via, ma Don Guadalupe, con un gran sorriso, come quello di Donna Carmen di poco prima, invita Jesus a occuparsi delle cose “come ogni giorno”. Felisa commenta che è finito un brutto sogno e “oggi il cielo è blu, non c’è neanche una nuvola”.
DIREZIONE DEGLI ATTORI
Insieme a Los olvidados (I figli della violenza, 1950), Susana, melodramma dall’andamento di un tango, è tra i migliori film di Luis Buñuel dal punto di vista della direzione degli attori. La cantante e attrice Rosita Quintana è di una perversione quasi poetica; il suo abbassarsi il décolleté degli abiti ogni volta che deve sedurre un uomo è perfetto nella improvvisazione del gesto da essere di una precisione maniacale. Da ingenua verginella a perversa seduttrice e viceversa, nel giro di pochi secondi, Quintana mostra una duttilità mimica e attoriale come poche attrici (penso a Marlene Dietrich, Mae West, Kim Novak). La metamorfosi di Don Guadalupe (Fernando Soler), da marito lontano dai furori erotici a vecchio ringalluzzito, è scioccante. La medesima metamorfosi del giovane sbarbatello Alberto, da timido collezionista di vermi e ragazzo studioso, a nervoso e aggressivo infatuato, è incomparabile. La stessa Matilde Palou passa dalla ingenua madre e dolce consorte a moglie tradita e ferita nel silenzio; ma che, di fronte alla offensiva minaccia di Susanna che intende cacciarla dalla propria casa, perché ora è “la donna di Don Guadalupe”, trova la forza, su sano incitamento di Felisa, di frustarla, “come Gesù fece nel tempio contro i mercanti”.
REGIA DA MANUALE
Buñuel, pur confezionando il film per il largo pubblico (come chiestogli dalla produzione; Susana, tratto dal romanzo di Manuel Rachi, registrò un successo strepitoso), non rinuncia ai preziosismi estetici inaugurati con il suo cinema surrealista, oltre a mantenere rimandi a varie discipline come la psicanalisi e la sociologia, ampio spettro culturale presente nel suo cinema. Ricordiamo almeno l’uso iterativo del dettaglio; il ricorso a metafore e analogie (l’ombra a forma di croce, di cui sopra); l’uso di panoramiche per segnare il cambio narrativo di capitolo (interni/esterni); il tema della stanza chiusa (la prigione; la stalla; il pozzo come luogo di seduzione: Susanna fa finta di caderci dentro per sedurre Alberto); il riferimento alla religione cattolica (un quadretto della Madonna di Guadalupe appeso alla parete; la recita del Rosario; le citazioni bibliche di Felisa); il tema del doppio già posto in evidenza. Buñuel è abile nel sospendere la tensione psicologica creata da Susanna nella famiglia, durante la sua azione seduttiva, tra una azione e l’altra, ricorrendo alle ricordate panoramiche esterne o a brevi carrelli interni. Come a dirci che nella nostra normale vita quotidiana, dobbiamo guardarci sempre le spalle, poiché il caso o il demonio possono irrompere da un momento all’altro, soprattutto se ingenuamente lasciamo la porta aperta senza far la guardia.
(Foto: copertina Dvd del film Susana)