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Modello Draghi, così i partiti cercano nuovi super Mario. Scrive Mastrapasqua

Se a Palazzo Chigi l’avvento di Mario Draghi è stato salutato da un mainstream mediatico e politico senza precedenti, con i partiti che hanno fatto un responsabile passo indietro, è impossibile immaginarsi qualcosa di simile in vista delle comunali d’autunno? Il commento di Antonio Mastrapasqua

Piccoli Draghi cercansi. Mi si perdonerà la battuta, ma la sostanza credo che sia proprio questa: assicurare al Paese, a diversi livelli istituzionali, delle personalità capaci e apprezzate che possano mettere d’accordo l’80% delle rappresentanze politiche, a Milano, come a Napoli, o a Roma; così come è avvenuto in Parlamento.

Mi spiego: in autunno avremo una tornata elettorale da brivido. Andranno a votare gli elettori delle principali città italiane per scegliere i propri sindaci. Sei Comuni capoluogo di Regione (Roma, Napoli, Milano, Torino, Bologna e Trieste), una ventina di capoluoghi di provincia, in totale oltre 1300 Comuni in tutta Italia. Uno dei vantaggi del sistema elettorale per i Comuni è la scelta diretta del sindaco; certo, tra quelli candidati.

Sarebbe troppo sperare che ovunque in Italia, almeno nelle città di maggiori dimensioni e di problemi più complessi – con bilanci che, per volumi e valori, somigliano più a una media azienda privata – si potesse trovare un candidato sindaco del vaglio di Mario Draghi? Non vogliamo venti banchieri centrali, ovviamente, ma venti personaggi che sul territorio abbiano accumulato esperienze analoghe, di primo piano, di successo indiscusso. E con l’autorevolezza che ha assicurato al governo Draghi un consenso parlamentare di oltre l’80% dei rappresentanti.

Non è un auspicio all’omologazione. Tutt’altro: è la speranza che si affermi un realismo onesto e lungimirante, che sappia comprendere la delicatezza del momento. Potremmo dire che la ricreazione è finita? Un’espressione troppo ruvida? Certo che da romano, quando vedo che l’ufficio del sindaco della Capitale scambia l’arena di Nimes per il Colosseo, rabbrividisco. Sciatteria che ricorda, in peggio, la tragicomica avventura di “spelacchio”, l’improbabile albero di Natale di un paio d’anni fa. Ma sono solo prototipi di una amministrazione fallimentare.

Il destino degli abitanti delle città italiane non è diverso da quello dei cittadini, intesi come italiani tout court. Alla responsabilità “ordinaria” – sovvertita negli ultimi anni da una rumorosa e sgangherata voglia di aprire le scatole di tonno, salvo poi apprezzarne il contenuto e partecipare al banchetto – si aggiunge un momento di vita che per tutti non ha uguali recenti. Il tempo della post-pandemia, “della ripresa e della resilienza”, per dirla con il titolo del Recovery Plan, ha bisogno delle migliori risorse applicate al bene comune.

A Palazzo Chigi, come a Palazzo Marino o al Campidoglio. Ci sono molti dei problemi che affliggono il Paese – pensiamo al commercio disastrato e moribondo – che hanno bisogno di una “messa a terra” sul territorio. Il futuro del commercio non può essere distinto dalla gestione e dalla politica dell’Amministrazione pubblica locale. Ma potremmo parlare delle politiche del trasporto urbano, delle infrastrutture digitali, del rapporto con gli insediamenti produttivi.

Qualche anno fa si sarebbe detto che occorrono manager della società civile. Sì e no. Nel senso che alcune belle prove sono state fornite da sindaci “manager” come Beppe Sala a Milano; forte del successo all’Expo, ha saputo trasferire al capoluogo lombardo l’allure della città italiana più europea e internazionale. Ma nel passato, non recentissimo, Roma ha avuto primi cittadini capaci – penso a Veltroni e Rutelli – che pur provenivano dai ranghi della politica “pura”.

Insomma, poco importa il curriculum formale, conta molto l’approccio “problem solving”, capace di cogliere le opportunità (vogliamo paragonare la gestione del Giubileo del 2000 con quella del 2015-2016?) per offrire servizi alla comunità. Se a Palazzo Chigi l’avvento di Mario Draghi è stato salutato da un mainstream mediatico e politico senza precedenti, con i partiti che hanno fatto un responsabile passo indietro, è impossibile immaginarsi qualcosa di simile in vista delle comunali?

La squadra di governo implicherà la responsabilità delle formazioni politiche, ma ci sarà a Milano, a Roma, a Bologna, come a Torino, un “piccolo Draghi” da investire come Cincinnato di una responsabilità civile super partes? All’orizzonte non ci sono gli Equi a minacciare Roma, ma un “dopo-guerra” (cioè un “dopo-Covid”) che richiede città forti e rafforzate, nei servizi pubblici, nelle relazioni sociali, nello sviluppo economico.

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