Non solo una banca, ma un insieme di relazioni e rapporti firmati da Enrico Cuccia con gli Stati Uniti. E l’Italia scelse da che parte stare tra Occidente e Oriente. Il dibattito con Farese, Dassù, Nagel, Melis, La Malfa e De Bortoli
Ricostruire un Paese uscito a pezzi dalla pandemia e dalla crisi socio-economica ad esso connessa. Ma come? Impossibile non partire da una solida e competente classe dirigente. La storia, come al solito, insegna e una grande banca che ha attraversato quasi otto decenni di storia, può fare al caso: Mediobanca. Di questo si è parlato nel corso dell’incontro Classe dirigente e orizzonti globali per ricostruire il Paese, promosso dall’Archivio Storico Mediobanca Vincenzo Maranghi e al quale hanno preso parte Marta Dassù, Senior Director of European Affairs The Aspen Institute, Giovanni Farese, professore Associato di Storia dell’Economia nell’Università Europea di Roma, Giorgio La Malfa, direttore Scientifico Archivio Storico Mediobanca, Guido Melis, già Professore di Storia delle istituzioni politiche Sapienza Università di Roma, Alberto Nagel, amministratore delegato Mediobanca e Antonio Patuelli, presidente dell’Abi. Tutti moderati da Ferruccio De Bortoli.
Un dibattito ruotato intorno al volume Mediobanca e le relazioni economiche internazionali dell’Italia, dello stesso Farese e il cui punto di caduta è il ruolo giocato dalla banca fondata da Enrico Cuccia e Raffaele Mattioli, nel 1946 nella ricostruzione dell’Italia.
UNA BANCA, UN PAESE
Il messaggio principale è arrivato dallo stesso ceo di Mediobanca, Alberto Nagel. Nel Dopoguerra “c’era un evidente bisogno di stimolare la ricostruzione post bellica, uscire dall’autarchia e favorire l’evoluzione del sistema industriale italiano agganciandolo ai mercati esteri”, ha spiegato il manager. “L’attività di banca d’affari intesa come advisory e capital market non era certo diffusa in Italia che non aveva la tradizione delle banche d’affari europee di fine 800. Ci voleva quindi nell’Italia distrutta dalla guerra una banca con mestiere diverso e licenza bancaria diversa”.
Con uno sguardo al futuro, la rinascita del Paese oggi può fare tesoro dell’esempio di Mediobanca. “Qui giocano un ruolo fondamentale la preparazione, credibilità e visione di Mattioli e Cuccia. Si pensa fin da subito ad una realtà che possa agire come una moderna Cib, ovvero una banca specializzata che sappia capire profondamente le determinanti dei settori industriali e quindi in grado di finanziarne la crescita con prestiti a medio e lungo termine, che sappia accompagnarli su mercati per raccoglier capitali e fornire consulenza per favorire fusioni ed acquisizioni”, ha rilevato Nagel.
“Ecco quindi che a distanza di tanti anni le caratteristiche del percorso di Mediobanca di quel periodo sono certamente molto valide tutt’oggi. Perché se pur vero che molto della professione bancaria è cambiato a seguito della globalizzazione delle economie e dei mercati. Che una banca d’affari non si sviluppa più attraverso l’assunzione di partecipazioni di minoranza in competitor o in aziende industriali. Rimane tuttavia ancora più vero che essa ha solide prospettive di sopravvivere se la sua cultura aziendale è improntata agli stessi principi di competenza e rigore nel valutare le operazioni, se continua ad alimentare la sua crescita con persone ed investimenti di elevato standing e se è capace di coniugare in maniera equilibrata la comprensibile esigenza dei singoli di fare fortuna con il contribuito concreto della banca all’economia”.
LE RELAZIONI DI CUCCIA
Giorgio La Malfa, economista ed ex ministro, ha sottolineato le radici che portarono alla nascita di Piazzetta Cuccia, radici che altro non erano che solide e proficue relazioni dello stesso Cuccia. “Il professor Farese ricostruisce , attraverso documenti inediti frutto di un’attenta consultazione delle carte dell’archivio di Mediobanca e di altri archivi storici, l’idea che Cuccia e Mattioli ebbero fin dal primo concepimento dell’istituto di convincere istituzioni bancarie americane ed europee a entrare nel capitale della banca”.
Il libro “documenta in modo sistematico la vasta portata delle operazioni estere della banca in quegli anni, in particolare verso l’Africa e una serie di contatti internazionali che Cuccia intrattenne in sede europea e con gli Stati Uniti”, ha spiegato La Malfa. Ma c’erano anche ragioni più pratiche: “l’esigenza di un istituto in grado di indirizzare il risparmio verso il finanziamento a medio termine degli investimenti era ulteriormente rafforzata dalle ingenti distruzioni causate dalla guerra”. Sull’importanza delle relazioni si è soffermato anche Guido Melis, quando ha parlato dei numerosi viaggi intrapresi da Cuccia, molti dei quali al di là dell’Atlantico.
L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA
Una cosa è certa, ogni banchiere ha la sua memoria, come ha spiegato lo stesso Farese. “I banchieri di una volta avevano un ceppo comune, che erano gli anni 30, la grande depressione. E questi anni, questa memoria, hanno condizionato le scelte dei banchieri, incluso Cuccia. Così come gli anni 70, della grande inflazione, condizionarono i banchieri successivi. Non è un caso che nel 1938 Cuccia approdò alla Banca commerciale italiana, un altro degli ambienti in cui si formava la classe dirigente italiana dell’epoca”, ha spiegato Farese. “In un certo senso possiamo anche dire che la banca non è nata soltanto per esercitare il credito a medio termine a favore delle imprese, ma pure come strumento in senso lato politico, per ripristinare le relazioni economiche internazionali che ovviamente la guerra e ancora prima l’autarchia avevano interrotto”.
LA SCELTA ATLANTICA DI MEDIOBANCA
Ma forse, Mediobanca, è stata qualcosa in più di una semplice banca. Marta Dassù ha rimarcato il grande ruolo giocato da Piazzetta Cuccia nell’avvicinamento dell’Italia agli Stati Uniti, dopo la guerra. “Cuccia e Mattioli vollero far capire all’America che gli italiani erano gente seria, volenterosa e desiderosa di fare una scelta. Ma soprattutto, vollero far capire che c’era una visione da parte del Paese. In questo senso Cuccia e Mattioli furono dei pionieri, dimostrando anche che la politica di Mediobanca, non solo finanziaria, si inseriva perfettamente nella nascente politica estera italiana, fatta di tre cerchi: atlantismo, Mediterraneo ed europeismo”.
Non è tutto. “Cuccia partecipò, negli Usa, a diverse riunioni con i grandi banchieri del momento. E scrisse, in un suo intervento, queste parole. Il destino dell’Italia dipende dalla sua collocazione nel mondo e nei rapporti tra Occidente e Oriente. La scelta era fatta, l’Italia aveva deciso da che parte stare”.