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Caro Bettini, deve essere il Pd a far da motore al governo

Il compito del governo non si esaurisce nella gestione dell’emergenza sanitaria. È solo la premessa, questa, di una grande operazione di rilancio sul piano economico e civile, in concomitanza con la ripresa dell’Europa intera. Ci aspetta l’avventura di un passaggio straordinario, impegnativo per tutti ma decisivo per le generazioni più giovani. L’intervento di Giuseppe Fioroni, direzione Pd, Base riformista

È forse un danno che si discuta del Pd, qualora l’obiettivo sia quello di accrescere il contenuto e la qualità del dibattito sulla nuova “Ricostruzione” dell’Italia? A me sembra di no, essendo una dimostrazione semmai di autenticità democratica. Sta qui l’aspetto sfuggente, in sé poco costruttivo, della polemica sulle correnti.

Nel suo discorso di presentazione all’assemblea nazionale, Enrico Letta ha dichiarato di volerne fare a meno, dato che il loro strapotere conduce fatalmente alla decadenza del Pd stesso. Ciò non autorizza a pensare che il superamento della frammentazione, lesiva della credibilità di un partito, equivalga puramente alla devitalizzazione del confronto interno. Il problema del Pd consiste nell’essere, alternativamente, vibrante artefice o spettatore riottoso del cambiamento, ovvero del processo di ristrutturazione, a tutti i livelli, innescato dal governo Draghi.

Letta, a riguardo, s’è detto convinto della necessità di essere noi – riformisti e democratici – il motore di questa nuova esperienza, certamente complessa e difficile, eppure intrinsecamente positiva. Immaginare che Draghi possa fallire è un po’ come evocare il fallimento dell’Italia: non si capisce quale sarebbe l’alternativa all’indomani di tale esito disastroso. È vero che nel Pd l’aspettativa di un salto, per archiviare in fretta l’attuale equilibrio politico e misurare la capacità di attrazione di un riformismo più radicale, trova sostenitori in buona fede.

Mi pare che sia questa la trappola in cui cade “Agorà” – di fatto una nuova corrente – di Goffredo Bettini. Si tratta al contrario di riconoscere che in questa tendenza alla radicalità alligna anche l’errore di una fuga dalle responsabilità. Il compito del governo non si esaurisce nella gestione dell’emergenza sanitaria, con l’auspicata vaccinazione di massa degli italiani nel breve arco temporale dei prossimi mesi. È solo la premessa, questa, di una grande operazione di rilancio sul piano economico e civile, in concomitanza con la ripresa dell’Europa intera. Ci aspetta l’avventura di un passaggio straordinario, impegnativo per tutti ma decisivo per le generazioni più giovani.

Il Pd è chiamato a stare dalla parte che più corrisponde alla domanda di stabilità e concretezza. Non ci può fuorviare la sofisticazione di messaggi evocativi di grandi stagioni di confronto ideale e politico perché, ad esempio, la convergenza di cristianesimo e socialismo appare sullo sfondo di un passato troppo distante dalle odierne sensibilità politiche. Né può essere un modo, partendo da questa visione retrò, per destituire di fondamento e gettare nella confusione un partito a vocazione riformatrice, che tutto può fare meno derogare alla propria funzione di cerniera tra il centro progressista e la sinistra moderata. Ma è questa l’impresa che passa per l’adesione al programma di Draghi, al suo impegno strategico, non per la fuoriuscita dall’ambito di una obbligata e consapevole responsabilità in funzione dell’interesse generale dell’Italia.


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