La macchina di disinformazione del Cremlino si è messa in moto subito dopo le azioni del governo ceco. “La Russia non ha mai attaccato l’Ucraina”, nazione che peraltro avrebbe “infranto l’accordo di Minsk”, glorificherebbe “nazismo e antisemitismo” e starebbe commettendo “genocidio” nella regione del Donbass
Il conflitto diplomatico in corso tra Repubblica Ceca e Russia ha fornito al Cremlino l’occasione perfetta per una campagna-lampo di fake news. Un rapporto pubblicato dall’agenzia di analisi e cibersicurezza Semantic Visions, con base a Praga, rivela l’impegno coordinato delle fonti di disinformazione pro-Cremlino per distorcere la versione ufficiale degli eventi e inquinare l’infosfera ceca.
Sabato 17 aprile il premier ceco Andrej Babiš ha annunciato l’espulsione di 18 diplomatici russi identificati come spie dal governo. Poco prima, il governo aveva accusato l’unità di intelligence russa GRU 29155 di aver fatto detonare un deposito di munizioni a Vrbětice nel 2014, causando la morte di due persone. Un’investigazione di Bellingcat ne aveva attribuito la responsabilità a due agenti della GRU, Aleksandr Mishkin e Anatoly Chepiga, gli stessi dell’avvelenamento di Salisbury nel 2018.
L’annuncio di Babiš avveniva alle 18:45, ora locale. L’analisi di SV ha rivelato che quella sera stessa i media di disinformazione cechi hanno spostato la loro attenzione dal Covid-19, il principale argomento di disinformazione degli ultimi mesi mesi, all’attacco di Vrbětice. Il giorno dopo quel contenuto superava di tre volte quello relativo al Covid-19 nell’infosfera ceca di fake news.
Come spiega SV, quell’infosfera parteggia molto per il Cremlino e ne amplifica spesso gli argomenti principali. Perciò “questo cambio di focus coordinato […] indica l’emergere di una campagna di disinformazione che prenderà spunto dalla risposta di disinformazione russa a questo incidente”. Il contenuto così creato e disseminato poi sfocia nella sfera pubblica, grazie ad “amplificatori” virtuali (bot o utenti reali più o meno consapevoli).
La finalità è ben spiegata in un saggio del Russian Institute for Strategic Studies, un think tank finanziato dal Cremlino: “Una narrazione modellata preventivamente, che risponda agli interessi nazionali dello stato, può ridurre in modo significativo l’impatto delle attività delle forze straniere nella sfera dell’informazione, poiché, di regola, [esse] tentano di occupare i “vuoti” [nel flusso di informazioni]”.
Si tratta della stessa tattica offensiva di guerra ibrida ampiamente utilizzata (e documentata) nel caso dell’avvelenamento di Salisbury, ma anche in seguito all’incidente aereo MH17. Il GRU inonda la rete di fake news in lingua locale per “inquinare” la sfera mediatica con versioni alternative, teorie complottiste e disinformazione. O, per usare le parole degli autori del saggio di RISS, “riempire i vuoti”.
Anche in questo momento i disinformatori del Cremlino si stanno occupando di offrire degli “spunti alternativi”, come evidenzia la task force europea EUvsDisinfo. Nella realtà distorta e propagandata dal GRU, il leader dell’opposizione russa imprigionato Alexei Navalny è un burattino in mano all’Occidente.
C’è di più: le tensioni sul confine tra Russia e Ucraina (dove 100.000 soldati russi sono in fase di ritirata) sono colpa dell’Occidente, perché “la Russia non ha mai attaccato l’Ucraina”, nazione che peraltro avrebbe “infranto l’accordo di Minsk”, glorificherebbe “nazismo e antisemitismo” e starebbe commettendo “genocidio” nella regione del Donbass. Un’indagine della BBC ha smascherato un seguitissimo notiziario russo, Rossiya 1, e il suo tentativo di far passare dei video militari americani per prove di escalation militare in Ucraina da parte della Nato.
Messaggi nuovi, vecchie tattiche del Cremlino per veicolare la propria propaganda, utile al regime russo e inevitabilmente deleteria per le democrazie occidentali. Un esempio eccellente è la propaganda russa in Italia, identificata anche dal Copasir, volta a promuovere il vaccino di Mosca Sputnik V e denigrare i sieri rivali.