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F-35, Tempest e navi. Così Londra potenzia la Difesa

Dagli interessi discendono le strategie, e da queste i piani militari. La Global Britain sarà più presente nell’Indo-Pacifico, più legata agli Stati Uniti e più attenta alla sfida russa e all’ascesa cinese. Il tutto si traduce nel potenziamento di alcuni programmi (F-35 compreso) e nella spinta complessiva all’innovazione tecnologica

È la nuova revisione strategica della Global Britain a orientare i piani di investimento del Regno Unito sulle capacità militari. L’intenzione di accrescere il peso dell’Indo-Pacifico determina il potenziamento della componente navale. La volontà di fronteggiare la Russia sui domini asimmetrici alimenta gli investimenti su avanzate tecnologie (e intelligence). L’obiettivo di preservare la proiezione di potenza e stare al passo con l’alleato d’oltreoceano determina la volontà di rafforzare la quinta generazione aeronautica e di accelerare sulla sesta. In altre parole: più navi, più risorse per le tecnologie disruptive, più F-35 e più soldi per il Tempest.

LA STRATEGIA

È tutto scritto nel Defence Paper del Regno Unito, presentato la scorsa settimana dal ministro Ben Wallace, sulla scia della “Integrated Review – Global Britain in a Competitive Age”, sviscerata la settimana prima dal premier Boris Johnson. Martedì, sui piani aeronautici è tornato Jeremy Quin, sottosegretario alla Difesa con responsabilità sul procurement. Si è soffermato in particolare sull’F-35, vista l’eco che sulla stampa inglese aveva generato l’ipotesi di una riduzione del programma (arrivata fino in Italia). Riduzione che non c’è stata. Il Defence Paper spiega l’intenzione di acquistare altri velivoli di quinta generazione, entro il 2025, oltre i 48 già ordinati. Non si cita il numero complessivo del piano di Londra, pari a 138 velivoli, tutti nella versione B, a decollo corto e atterraggio verticale, ma nemmeno si prevede la “sforbiciata” di cui si era parlato anche nel nostro Paese.

PIÙ VELIVOLI F-35

“Pensiamo che l’F-35 sia fantastico – ha spiegato Quin – ne vogliamo di più, ma siamo anche consapevoli di dover trovare il giusto equilibrio tra caccia e droni”. Dunque, ha aggiunto, “esamineremo quali sono i numeri corretti, ma saranno sicuramente più F- 35 per Royal Navy e Raf”. Come da manuale, i piani di procurement sono legati agli obiettivi strategici. Per l’F-35 sono almeno tre. Prima di tutto, avere una forza aerea credibile di quinta generazione. In secondo luogo, poterla proiettare nelle aree di interesse. Per la Global Britain si guarda soprattutto all’Indo-Pacifico, lì dove entro l’anno dovrebbe arrivare la portaerei HMS Queen Elizabeth con uno squadrone di F-35 imbarcato.

I NUMERI

D’altra parte, la stessa proiezione determina la revisione su altri programmi. I tagli effettivi annunciati con il Defence Paper sono numerosi: 24 Typhoon, quattro battaglioni di fanteria, 77 carri armati, 760 veicoli da combattimento Warrior in meno. Il tutto, a fronte dell’incremento di “navi, sottomarini e marinai”, nonché di testate nucleari (fino a 260), nell’ambito di una revisione che prevede meno truppe (70mila invece di 80mila), ma più tecnologiche (6,6 miliardi di sterline in quattro anni per le aree “disruptive”).

LO SGUARDO AGLI USA

Il terzo obiettivo sull’F-35 è la comunanza di assetti con i principali alleati, Usa in testa. “Più noi alleati possiamo sapere che c’è interoperabilità per sostenerci a vicenda nei peggiori scenari, più sicuri potremmo sentirci tutti”, ha detto Quin. Tra l’altro, visti gli avanzamenti della campagna americana di Nave Cavour (a cui hanno preso parte anche velivoli britannici), saranno solo quattro i Paesi al mondo a poter esprimere una capacità portaerei con velivoli da combattimento di quinta generazione: Stati Uniti, Italia, Giappone e, appunto Regno Unito. Ciò alimenta le prospettive di sinergie a livello operativo e logistico, già al centro dei contatti tra le Marine coinvolte.

VERSO IL TEMPEST

Nel frattempo Londra guarda alla sesta generazione. Il Defence Paper contiene la previsione di 2 miliardi di sterline aggiuntivi, in quattro anni, da destinare al progetto Tempest. “Il futuro velivolo da combattimento sarà molto, molto diverso da quelli attuali, e tutti dobbiamo fare investimenti adeguati”, ha detto Quin. Perché? Perché “per diverso tempo – ha spiegato il funzionario britannico – i potenziali avversari hanno migliorato le loro capacità di combattimento aereo”. Non si esclude una futura convergenza con l’Fcas, né la prospettiva di interoperabilità con i programmi americani. “Penso che ci troviamo tutti nelle fasi iniziali di questi programmi, ma l’interoperabilità resta inestimabile – ha concluso Quin – sono sicuro che emergeranno opportunità”.

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