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Missili, laser e droni. Così Russia e Cina vanno alla Space War

La Russia è stata la più attiva nel 2020 in termini di manovre militari oltre l’atmosfera. La Cina, più cauta, prosegue lo sviluppo del suo arsenale spaziale, compreso un nuovo e misterioso spazioplano. Ecco le armi dei competitor degli Stati Uniti, nell’ultimo report del Csis

Le “star wars” hanno ormai abbandonato la fantascienza per entrare a pieno diritto nella realtà del confronto geopolitico globale. Tra armi laser, droni orbitanti e missili anti-satellite, la competizione militare oltre l’atmosfera potrebbe presto affiancare quella terrestre, con effetti potenzialmente catastrofici per la vita sulla Terra. Dalle comunicazioni (comprese quelle militari) alla navigazione, dalla logistica ai trasporti, gran parte della nostra vita dipende ormai, infatti, dalle infrastrutture satellitari. Non è un caso che negli Usa sia da tempo teorizzato il rischio di una “Space Pearl Harbor”, né che l’Atlantic Council sia arrivato a proporre una “Space Security Alliance” sullo stile Nato. Occhi puntati sui competitor, Russia e Cina, in cima alla lista del nuovo report dell’Aerospace security project (Asp) del Center for strategic and international studies (Csis), autorevole think tank con sede a Washington.

IL CONTESTO

“Lo spazio è un fattore abilitante sempre più importante del potere economico e militare”, notano gli esperti. Tale “importanza strategica dello spazio ha portato alcune nazioni a costruire interi arsenali di armi in grado di interrompere, degradare o distruggere i sistemi spaziali e mettere a rischio la capacità di altri di utilizzare il dominio extra-atmosferico”. Inoltre, le “counter-space weapons”, producono detriti orbitali e “rappresentano un serio rischio per l’ambiente spaziale e la capacità di tutte le nazioni di utilizzare il dominio spaziale per la prosperità e la sicurezza”. Nel 2020, l’impatto della pandemia si è fatto comunque sentire anche in questo campo. Il report del Csis certifica una riduzione delle attività militari in orbita, dovuto probabilmente alla dilazione di tempi su alcuni programmi (industriali e militari) in diversi Paesi.

LE ARMI RUSSE

A differenziarsi rispetto al trend generale è la Russia, che ha mantenuto “un costante percorso” di potenziamento di capacità militari nello Spazio. Nell’ultimo anno, “ha testato numerose capacità counter-space”, realizzato “complesse manovre di prossimità” (satelliti che avvicinano altri satelliti) e accresciuto le infrastrutture militari “space-based”. I test russi coprono il ventaglio delle armi cinetiche anti-satellite lanciate da terra e co-orbitali. Nel corso del 2020 le Forze armate di Russia hanno realizzato il nono e decimo test del missile Nudol (PL19), rispettivamente ad aprile e dicembre, entrambi condannati dallo US Space Command. Nel primo caso, partito dal cosmodromo di Plesetsk, il vettore ha percorso tremila chilometri prima di inabissarsi nell’Artico. Non sarebbero stati colpiti bersagli orbitanti, ma la Difesa russa ha dichiarato il successo della missione. C’è spazio anche per armi “non cinetiche”, come il caso del laser Peresvet annunciato in prima persona da Vladimir Putin nel 2018. Solo quest’anno la Difesa russa ha reso noti gli sviluppi per consentire di schierarlo, oltre che a terra, anche su velivoli militari. Segue il trend del sistema Sokol-Echelon, presentato già nel 2016.

LE MANOVRE DI PROSSIMITÀ

D’altra parte, già l’Unione sovietica aveva dimostrato di possedere capacità Asat cinetiche con lancio da terra. Come per i laser, sono più recenti invece i potenziamenti sul fronte co-orbitale. Trattasi di manovre di prossimità, ovvero dell’avvicinamento a infrastrutture in orbita mediante altri satelliti, con finalità di spionaggio o disturbo. A febbraio 2020 lo US Space Command denunciò le manovre dei satelliti Cosmos-2542 e Cosmos-2543, che manifestavano “caratteristiche di armi spaziali”, conducendo “manovre in prossimità di satelliti del governo americano che sarebbero da interpretare come irresponsabili e potenzialmente ostili in ogni altro dominio”. Il report del Csis ricostruisce una timeline impressionate tra 2019 e 2020, con diversi satelliti coinvolti in avvicinamenti e ri-distanziamenti. Se la stessa capacità fosse applicata ai satelliti di altri Paesi con intenti offensivi, potrebbe interrompere in diversi modi il loro funzionamento (qui il focus dell’esperto Marcello Spagnulo).

LE ARMI DEL DRAGONE

Ma c’è anche la Cina a preoccupare gli Stati Uniti. Nel 2020 tra le fonti aperte si registrano “minimi sviluppi” sulle capacità di Pechino nel campo “counter-space weaponse”. Elemento attribuito dal Csis sia al Covid-19, sia al fatto che il Dragone abbia già comprovate capacità Asat, cinetiche, elettroniche e cibernetiche, che probabilmente non necessitano di mantenere gli stessi ratei di test del passato. Tra le novità si registra nel 2020 il lancio e il recupero di uno spazioplano (simile al misterioso X-37B americano). “Dopo aver orbitato nella bassa orbita terrestre per due giorni, è con successo atterrato nel nord ovest della Cina su una pista di cinque chilometri”. Non è chiaro l’intento del test, né l’uso che verrà fatto dello spazioplano. Le applicazioni potrebbero essere svariate, compreso l’imbarco di armamenti (nucleari e convenzionali) e l’accesso alle orbite per altri assetti.

BRACCIA ROBOTICHE

Tra gli armamenti Asat cinetici, spicca il missile SC-19, già operativo, capace di “minacciare ogni satellite degli Stati Uniti in orbite masse, e probabilmente in quelle medie e geo-stazionarie”. Ben noto anche lo Shijan-17, un “inspector satellite” che ha fatto nel corso del 2020 quale stazionamento vicino ad altri satelliti nell’orbita geo-stazionaria. Il Csis ha contato tre operazioni di prossimità nei confronti di altrettanti satelliti cinesi. Tra la categoria dagli strumenti co-orbitali, spicca il robot sviluppato dall’Università di Tianjin University. Il progetto prevede di lanciare in orbita un braccio meccanico da agganciare ad altri satelliti per catturare la spazzatura spaziale. “Tuttavia – nota il Csis – il braccio robotico potrebbe in teoria essere usato per agganciare un satellite di un avversario”. Risultano infine “massivi” gli sviluppi cinesi sulle stazioni laser terrestri. Il report del Csis cita cinque analisi che hanno individuato cinque sospette infrastrutture sul territorio del Dragone che sarebbero deputate a dispiegare tali sistemi.


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