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Russia-Ucraina, perché evitare una guerra (nucleare). Parla Rojansky

Una guerra frontale fra Russia e Ucraina “non è nell’interesse di nessuno”. Parla Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute al Wilson Center. L’Ucraina non è pronta per la Nato. Ue? La diplomazia europea ha un vantaggio su quella americana

Matthew Rojansky è tra i più rispettati esperti di Russia negli Stati Uniti. Direttore del Kennan Institute del Wilson Center, prestigioso think tank di Washington DC, ha vissuto e lavorato con la diplomazia americana sia a Mosca che a Kiev. Conosce da vicino la guerra che dal 2014 continua nel Donbass, spesso lontano dai riflettori internazionali. Ora, dice a Formiche.net, bisogna evitare a tutti costi un conflitto su larga scala fra due potenze, Russia e Stati Uniti, che hanno una cosa in comune: le armi nucleari.

Rojansky, è di nuovo guerra?

C’è già una guerra in corso, da ben sette anni. Capisco che la pandemia e i problemi politici europei distolgano l’attenzione. Ma ogni mese muoiono decine di persone.

Ma è stata siglata una tregua, a luglio.

Sì, e ha permesso un periodo di relativa quiete, fino all’inverno. Poi è iniziata una nuova escalation, e le violazioni del cessate-il-fuoco.

Come legge le nuove manovre russe?

Cambia la quantità, non la qualità. Da sette anni, metodicamente, la Russia muove le sue truppe, organizza esercitazioni. Bisogna dire che dal lato ucraino non restano a guardare. Rispondono alle violazioni della tregua, muovono le loro truppe al confine. E adesso il governo di Kiev sta puntando sulla campagna per l’entrata nella Nato come unica via per difendersi dalla Russia.

Perché ora?

Già in passato è stata ventilata un’adesione. In parte è anche un modo per distrarre l’opinione pubblica dai problemi della politica interna, soprattutto da una corruzione dilagante. La minaccia esterna unisce la popolazione. E poi la maggioranza degli ucraini vuole la Nato.

C’è uno spiraglio per l’adesione?

Negli ultimi quattordici anni tutti i presidenti ucraini hanno fatto questa promessa. Ripetuta da tutti i leader occidentali. Supportata dal Parlamento di Kiev come primo obiettivo della politica estera ucraina. Ma la strada è in salita.

Perché?

Manca la volontà politica della Nato, non è all’ordine del giorno. Dopotutto aprire all’Ucraina significa aprire a un enorme Paese che ha un conflitto territoriale aperto con una potenza nucleare confinante.

L’Ucraina ha i requisiti?

Ha sicuramente la capacità militare, è riuscita a difendersi dall’aggressione russa. Ma la Difesa non è tutto. Contano anche i diritti umani, il controllo civile dell’esercito, la trasparenza. L’Ucraina fa i conti con una seria corruzione, e con il proliferare di gruppi nazionalisti all’interno dell’esercito che godono di grande fama nella cultura popolare.

Siamo alla vigilia di un nuovo scontro armato con Mosca?

L’escalation continuerà, ma non è detto che scoppi in uno scontro militare. Credo piuttosto che la Russia stia mettendo alla prova la nuova amministrazione americana e un’Europa che al momento è chiusa a chiave e alle prese con gravi problemi interni. Una forma di deterrenza per alzare la posta al prossimo tavolo negoziale.

L’Europa potrebbe fare di più?

Se dovessimo giudicare il formato Normandia dalle sue performance, il bilancio non sarebbe incoraggiante. L’Ue non è al tavolo, e di fatto i negoziati si riducono a incontri fra singoli capi di governo e ministri. La Russia da parte sua nega di far parte del conflitto, e sostiene che l’Ucraina dovrebbe negoziare con le autorità separatiste. Ma gli ucraini non hanno alcuna intenzione di dar loro questo riconoscimento.

Come dovrebbero muoversi gli Stati Uniti?

Oggi non sono parte della conversazione, è necessario trovare un nuovo ruolo. L’amministrazione Obama aveva un canale diretto fra il sottosegretario di Stato e il Cremlino che facilitava i negoziati. Con Trump quel canale si è politicizzato.

Quindi?

La cautela è consigliabile. Questa amministrazione sta ancora definendo la sua politica sulla Russia. Un approccio affrettato può essere controproducente, una volta entrati in un’escalation è difficile uscirne.

L’Ue è stata criticata per un approccio troppo morbido con la Russia. È d’accordo?

Ho grande rispetto per chi in Europa si occupa delle relazioni con la Russia. A differenza degli americani, gli europei riescono più facilmente a intavolare un negoziato. E non alzano troppo le aspettative, così quando ricevono un no in risposta sono pronti a lavorarci su il giorno dopo.

Come si deve procedere?

Bisogna continuare a usare lo strumento delle sanzioni, l’unico che l’Occidente abbia davvero. Definire delle linee rosse, come la soluzione della questione North Stream II. Difendere l’interesse nazionale. Una guerra contro la Russia non è nell’interesse di nessuno.


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