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Serve una scossa al mercato del lavoro, con l’aiuto dei privati

Occorre superare certi ideologismi in parte sindacali, in parte di certa sinistra per cui la questione dell’occupazione appartiene solo al pubblico e coinvolgere ed avvalersi delle significative competenze ed esperienze che le agenzie per il lavoro hanno acquisito sul campo

Nella sottile e raffinata chimica della composizione del governo Draghi, il ministero del lavoro è spettato a Andrea Orlando, egregia persona ma esponente della sinistra del PD e, come tale, molto sensibile alle istanze tendenzialmente conservatrici in tema di gestione del mercato del lavoro di CGIL, CISL e UIL. Questo mentre, invece, si avvicina sempre più il momento in cui c’è il bisogno di impostare e avviare moderne politiche attive del lavoro. Infatti, per preparare l’uscita dalla crisi, il triangolo cassa integrazione, divieto di licenziamento e sostegni non basta più.

Questi strumenti difensivi hanno limitato i danni nella prima fase del covid19, ma ora non permetteranno certo di restituire un lavoro alle 456.000 persone che l’hanno perso nel 2020, né alle altre figure, soprattutto precarie, che continuano a perderlo. È quindi il momento di passare dalla difesa all’attacco e di favorire la creazione di nuove imprese e di nuovo lavoro. A tal fine, ovviamente, deve continuare il sostegno delle politiche monetarie e fiscali ed è fondamentale la riuscita del programma Next Generation. EU.

Per quanto riguarda l’Italia, servono incentivi innovativi e mirati per sostenere la creazione di imprese e di nuovo lavoro, tramite una seria revisione di quelli esistenti, anche utilizzando i fondi comunitari. E poi, servono soprattutto, profonde semplificazioni normative. Così come si parla di “modello Genova” per le infrastrutture, servirebbe un “modello Genova” per sostenere la nascita veloce di nuove imprese, utilizzando procedure straordinarie, controlli ex post e strumenti come il silenzio assenso. Sarebbe poi opportuno estendere a tutti gli autonomi il sussidio di disoccupazione, specie a coloro che avviano un’impresa.

Occorre smetterla con la regola per cui chi sta in cassa integrazione non può fare nient’altro, salvo che si rifugi nell’illegale lavoro nero. La cassa integrazione deve diventare la fase in cui i beneficiari possono disporre del sostegno di un’agenzia per il lavoro, collegata ad un centro per l’impiego, ad esempio, per fare un bilancio delle proprie competenze, per aggiornare il proprio curriculum, per frequentare un corso di formazione online, per poter aspirare ad un posto di lavoro che rifletta le proprie aspirazioni.

Questo può avvenire nel quadro di un nuovo rapporto tra pubblico e privato, tra centri per l’impiego, ANPAL, che va profondamente ristrutturata e rilanciata, visto le condizioni in cui versa l’Agenzia per le politiche attive del lavoro, agenzie private per il lavoro perché solo da questo sforzo collettivo, sulla base delle linee guida che spettano al governo e al ministro dettare possono emergere politiche attive per il lavoro differenziate per il territorio nazionale. Si tratta di un lavoro che richiede mesi ed anche anni ma che va impostato sin da ora perché è l’unico strumento serio di governo del mercato del lavoro e di prevenzione della disoccupazione in una società complessa, tanto più in una fase come quella che stiamo attraversando.

Occorre quindi superare certi ideologismi in parte sindacali, in parte di certa sinistra per cui la questione del lavoro e dell’occupazione è una questione che appartiene solo al pubblico e coinvolgere ed avvalersi delle significative competenze ed esperienze che le agenzie per il lavoro hanno acquisito sul campo, favorendo un trasferimento di competenze dal privato al pubblico anche per recuperare i ritardi sin qui accumulati, nell’interesse delle imprese e soprattutto dei lavoratori

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