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Summit della Salute, istruzioni per l’uso. Scrive Mayer

Il vertice romano del prossimo 21 maggio non deve esaurirsi in una passarella di potenti. Servono soluzioni rapide ed efficaci per contrastare la pandemia che sul piano globale si sta aggravando di giorno in giorno

Il Summit per la Salute Globale pianificato a Roma per il prossimo 21 maggio (nell’ambito della Presidenza Italiana del G20 e in collaborazione con la Commissione Europea) non deve esaurirsi in una passarella di potenti; servono soluzioni rapide ed efficaci per contrastare la pandemia che sul piano globale si sta aggravando di giorno in giorno.

Per fortuna Marina Sereni, Luigi di Maio, Roberto Speranza e Mario Draghi (naturalmente di concerto con i loro colleghi stranieri e con il supporto della comunità medico-scientifica internazionale) hanno più di un mese di tempo per proporre soluzioni concrete evitando che il Summit di Roma su Global Health si risolva in un evento mediatico, ma privo di effetti pratici.

Il 7 aprile scorso In uno dei suoi rari twitt Mario Draghi ha dichiarato : “Il #GlobalHealthSummit è un evento speciale della @g20org co-organizzato con la @EU_Commission. Discuteremo di come rafforzare i nostri sistemi sanitari e la loro sicurezza, di come migliorare la nostra capacità di fronteggiare le crisi future con spirito solidale”. Le dichiarazioni di Ursula Von der Layen sono sulla stessa lunghezza d’onda : “Il mondo deve prepararsi a proteggere l’umanità dalle pandemie future. Tutti i Paesi devono lavorare insieme per migliorare la sicurezza sanitaria globale. Per sostenere questi sforzi, la @EU_Commission co-organizzerà il #GlobalHealthSummit con @g20org”.

Ma come dare concretezza a queste dichiarazioni altisonanti che per ora appaiono solo buone intenzioni? Il primo obiettivo dell’imminente vertice di Roma dovrebbe essere quello di negoziare un accordo (fondato su solide basi tecniche) che ponga la parola fine alla babele dominante in materia di vaccini.

Gli organismi regolatori tecnicamente più attrezzati (quali l’Ema dell’Unione Europea e il Cdc degli Stati Uniti) stanno perseguendo criteri di selezione validi e per la loro severità appaiono ad una parte della comunità scientifica quasi troppo rigidi in materia di sicurezza e di efficacia dei vaccini. Siamo di fronte alla quadratura del cerchio. Ed è difficilissimo controllare il funzionamento di tutti gli ingranaggi di un treno ad alta velocità in piena corsa.

Fuor di metafora è difficilissimo monitorare gli effetti collaterali di centinaia e centinaia di milioni di vaccini somministrati alle persone in assoluta emergenza dopo aver accorciato a dismisura gli abituali tempi necessari alla sperimentazione clinica. Il massimo rigore ed il principio di precauzione sono i pilastri di una seria politica di sanità pubblica. Tuttavia i messaggi dovrebbero essere formulati con cura e molta più prudenza sia dalle autorità tecniche che dai vertici politici.

Purtroppo spesso non è così. In questi giorni la comunicazione mediatica di taluni virologi e di alcuni decisori politici sta assumendo caratteristiche patologiche e paradossali. Continuando di questo passo la paura di vaccinarsi rischia di sovrastare la paura di essere contagiati da virus: speriamo di non perché gli esiti sarebbero catastrofici.

Se al di qua e al di là dell’ atlantico trasparenza e cautela delle autorità regolatorie appaiono quasi eccessive, molto più opaca e’ viceversa la comunicazione pubblica relativa ai vaccini (e alle campagne di vaccinazione) in Russia, Cina e in altri paesi asiatici. Da un lato manca la piena trasparenza dei processi sperimentali e delle procedure di autorizzazione, dall’altro non si trovano informazioni dettagliate per il controllo dei processi di produzione e distribuzione nazionale e internazionale dei vaccini.

L’ imminente vertice dei G20 il prossimo 21 maggio deve colmare questa grande divaricazione. Occorre lavorare (come ha accennato il dottor Anthony Fauci in un recente incontro con i colleghi indiani) per una convergenza della comunità medico- scientifica internazionale per giungere ad un approccio universale ai vaccini anti Covid (in grado di prevenire l’ intera gamma di varianti).

Per raggiungere questo obiettivo in vista del summit del 21 maggio la diplomazia italiana (in qualità di presidente del G20) potrebbe suggerire e promuovere un primo incontro tra le massime autorità tecnico-scientifiche dell’ Unione europea, degli Stati Uniti, della Russia, della Cina e di altri paesi.

Come Presidente del G20 l’Italia ha l’onore e l’onere di predisporre una bozza di accordo da sottoporre a tutti leader. L’ auspicio è dal 21 maggio il Summit Global Health porti ad una strategia unitaria e coerente per contrastare la pandemia sui due elementi chiave:

a) unificare i criteri per valutare l’efficacia e sicurezza dei vaccini;

b) finanziare le campagne di vaccinazione nei paesi più poveri del mondo. La liberalizzazione dei brevetti è già in atto, ma senza risorse adeguate nessuno produce e distribuisce vaccini.

All’epoca del bipolarismo Usa/Urss fu possibile instaurare un regime internazionale per la riduzione degli armamenti nucleari (comprensivo di attività ispettive). Dopo le grande crisi del 2007/ 2008 ed il fallimento di Lehman Brothers il G20 di Londra del 2009 affidò con successo al Financial Stability Board presieduto da Mario Draghi il compito di mettere sotto speciale sorveglianza le grandi banche e le istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica.

Mentre è difficile trovare un linguaggio comune su temi divisivi come il Cyber (dove si scontrano da un lato le libertà civili e la democrazia, dall’ altro la sorveglianza di massa del totalitarismo digitale) la sanità è un ambito in cui i negoziati multilaterali possono avere reali margini di successo. I buoni risultati ottenuti a livello multilaterale in aree particolarmente sensibili come le armi nucleari o la finanza globale sono precedenti molto incoraggianti: perché un negoziato ben impostato perché non dovrebbero funzionare per vaccini e Global Health?

Il secondo obiettivo che la Presidenza Italiana dovrebbe mettere al centro del Global Health Summit del 21 maggio e’ una radicale riforma del funzionamento dell’ Organizzazione Mondiale della sanità. Il dato negativo più eclatante del Oms riguarda proprio l’ esperienza della pandemia. Il primo caso ufficialmente riconosciuto di Covid 19 è stato rilevato a Wuhan il 17 novembre del 2019. La Oms ha dichiarato la crisi pandemica l’ 11 marzo 2020.

5 mesi sono decisamente troppi, un intervallo temporale inaccettabile che ha consentito a decine – o forse centinaia – di milioni di cittadini (cinesi e non) di viaggiare in tutto il mondo mettendo a rischio la propria salute o quella degli altri.

I dirigenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si sono giustificati spiegando che nei primi mesi avevano ricevuto informazioni rassicuranti ed errate dalla Cina Questo è innegabile; all’ epoca bastava consultare il sito dell’ Oms e i documenti pervenuti dalle autorità sanitarie di Wuhan e dalla provincia dell’Unione Hubei. Tuttavia il punto cruciale è proprio questo. La riforma della Oms dovrebbe prevedere una maggiore libertà di azione dei suoi dirigenti rispetto ai vincoli burocratici e di rispetto delle sovranità che sono incompatibili con un risposta efficiente alle emergenze sanitarie.

Quando c’è di mezza la salute risposte rapide, efficaci, eque e sicure sono nell’ interesse generale: o ci salviamo tutti o non si salva nessuno! Il problema è che spesso non è facile distinguere indicatori di successo dai dati di propaganda. A questo proposito mi limito a segnalare ai lettori di Formiche.net l’anomalia del caso ungherese che per i dati contraddittori che presenta merita un approfondimento specifico.

L’Ungheria è contemporaneamente il paese dell’ Unione Europea che ha effettuato il maggior numero di vaccinazioni e contemporaneamente è anche lo Stato membro della Ue con la più alta percentuale di persone decedute rispetto alla popolazione. Alcuni osservatori hanno spiegato questa discrasia incolpando i vaccini cinesi di cui Budapest fa larghissimo uso nelle sue campagne vaccinali. E’ solo un sospetto, forse una delle tante interpretazioni maliziose.

Infine il terzo ed ultimo aspetto su cui il summit del 21 maggio dovrebbe quanto meno avviare un nuovo percorso è la grande questione dei servizio sanitaria nel continente africano ed in particolare nei paesi dell’ Africa sub sahariana.

Il successo di lungo periodo delle azioni di contrasto contro l’epidemia di Ebola è dovuto al fatto che le campagne emergenziali di vaccinazione si sono integrate con la costruzione di sistemi sanitari nazionali resilienti. Su questo aspetto centrale nelle Global Health Policies si giocano il futuro delle relazioni strategiche tra Europa e Africa, a cui la politica estera e di cooperazione italiana potranno offrire un contributo determinante.

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