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Tutte le sfide della transizione ecologica secondo Edo Ronchi

“Non basta cambiare i comportamenti individuali, dobbiamo cambiare un intero sistema sociale” sostiene Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e già ministro dell’Ambiente, nel suo ultimo libro “La sfida della transizione ecologica” (Edizioni Piemme), letto per Formiche.net da Saturno Illomei

Mentre il Governo Draghi sta inviando alla Commissione europea, dopo il canonico passaggio in Parlamento e nei tempi previsti, la stesura definitiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dove le risorse per la “transizione ecologica” sono le più consistenti (69 miliardi sui 221 previsti), si stanno delineando a livello globale nuove strategie per la lotta al cambiamento climatico attraverso quella transizione verso un’economia più sostenibile, vista non più come rinuncia a qualcosa, ma come opportunità di crescita e benessere. Il segnale più forte lo hanno lanciato, nella Giornata della Terra, i quaranta maggiori leader mondiali, in un summit virtuale, voluto dal presidente americano Joe Biden, dove tutti si sono impegnati ad agire, da subito, per contrastare i cambiamenti del clima.

In questo scenario, l’Italia è chiamata a svolgere un ruolo di primo piano con la presidenza del G20 e la copresidenza, insieme al Regno Unito, della Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici (COP 26) di novembre, a Glasgow. Come ha sottolineato Mario Draghi al Summit sul Clima, “l’Italia è un Paese bellissimo ma molto fragile. La battaglia per il cambiamento climatico è una battaglia per la nostra storia e il nostro paesaggio. Ci dedicheremo alla sostenibilità e, allo stesso tempo, avremo un approccio multilaterale. Come presidenza del G20 uno degli obiettivi principali è poter prendersi cura del Pianeta. Abbiamo una responsabilità speciale per far sì che potremo raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi”.

Arriva in libreria giusto a proposito, in questi giorni, l’ultimo libro di Edo Ronchi “La sfida della transizione ecologica” (Edizioni Piemme), “un appello ad attivarsi per una politica e un’economia completamente nuove: non basta cambiare i comportamenti individuali, dobbiamo cambiare un intero sistema sociale”.

Ma quali sono le sfide da affrontare per avviare realmente una transizione ecologica, si chiede l’autore nella presentazione del volume, con il quale tenta di dare le risposte giuste a queste sfide. Che individua nella neutralità climatica al 2050; nella rivoluzione energetica, dai fossili alle rinnovabili; nella green economy, circolare e decarbonizzata; nella gestione circolare dei rifiuti; nella transizione alle green city.

La neutralità climatica è ormai una strategia prevalente a livello mondiale, ma servono le misure adeguate per raggiungerla. Gli impegni presi a Parigi nel 2015 prevedono il contenimento dell’aumento medio globale della temperatura ben al di sotto dei 2°C e il più vicino possibile a 1,5°C. Il prossimo decennio sarà decisivo: gli impegni che verranno presi per ridurre le emissioni di gas serra al 2030 saranno determinanti per poter raggiungere la “neutralità climatica”. E sarebbe opportuno, ricorda Ronchi, che “i Paesi europei, Italia compresa, legassero l’utilizzo delle risorse del Racovery Fund di Next Generation Eu, all’attuazione dei loro piani nazionali per l’energia e il clima e raggiungere il nuovo target europeo di riduzione delle emissioni, entro il 2030, del 55% rispetto al 1990”.

Quei piani nazionali che sono stati oggetto di valutazione da parte della Commissione lo scorso settembre e che per le energie rinnovabili prevedono, nel complesso, di raggiungere una quota superiore all’obiettivo europeo del 20% che potrebbe arrivare, “con le misure in atto e quelle previste”, oltre il 33% al 2030. Servirà però un “rafforzamento delle misure per il risparmio di energia, in particolare degli edifici, rendendo più circolari i modelli di produzione e di consumo, con interventi più consistenti nel settore dei trasporti.

Da qualche anno l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, promuove un progetto di crescita verde in grado di assicurare un elevato livello di tutela ambientale e una nuova fase di crescita economica. Attraverso l’uso più efficiente delle risorse naturali, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, l’incremento del benessere e della qualità della vita, la ricerca e l’innovazione, l’uso coerente di strumenti economici e fiscali. Questa crescita, però, annotare l’autore, “dovrebbe essere compresa e sostenuta da una larga parte dei cittadini: come consumatori, infatti, concorrono a orientare il mercato e le scelte delle imprese e, come elettori, quelle dei decisori politici”. La crescita green può essere l’anima di un rilancio anche politico dell’Europa e di un suo progetto di sviluppo e di benessere.

Il riciclo dei rifiuti, in Italia, ha raggiunto una dimensione economica e ambientale di tutto rilievo. Un settore dinamico con alcune eccellenze di livello europeo; come quello degli imballaggi dove sono stati raggiunti e superati gli obiettivi fissati al 2025 dalle nuove direttive sui rifiuti e la circular economy. La percentuale dei rifiuti riciclati (speciali e urbani) è passata negli ultimi dieci anni dal 46 al 68%, meglio della media europea che è al 57%. Il nostro Paese si posizione prima del Regno Unito, della Francia e della Germania. Le raccolte differenziate e il riciclo dei rifiuti fanno ormai parte delle nostre buone abitudini. Occorre andare oltre, sviluppando il reimpiego dei materiali derivati dal riciclo nella fabbricazione dei prodotti, introducendo l’obbligo per i produttori di utilizzare almeno una quota di materiali riciclati nei nuovi manufatti. Solo così si potrà realizzare quell’economia circolare che riduca il prelievo di risorse naturali e lo smaltimento in discarica.

Per una vera transizione alla neutralità climatica al 2050, occorre, oltre allo sviluppo delle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, anche quella dei materiali. Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, sono due i settori protagonisti nel consumo di materiali nelle città: quello degli edifici e quello delle automobili. Un uso efficiente dei materiali come cemento, ferro, legno, plastica, vetro, ecc. potrebbe portare, entro il 2050, nei Paesi del G7, a una riduzione dell’80-90% delle emissioni di gas serra nella costruzione degli edifici. Così come nella produzione delle automobili “vi possono essere importanti miglioramenti dell’efficienza dei materiali nei processi produttivi, nella riduzione e nel riuso degli scarti di produzione e nel riciclo a fine vita”.

La legge di bilancio 2021 ha introdotto incentivi per l’acquisto di auto nuove rottamando quelle vecchie. In questo modo si incentiva un uso individuale dell’auto e si contribuisce a mantenere l’attuale sistema di mobilità urbana ormai insostenibile. Occorrerebbe invece, suggerisce Ronchi, “incentivare la mobilità condivisa, con mezzi elettrici, in tutte le sue diverse forme (treni, autobus, mezzi in sharing, a noleggio con o senza conducente, taxi, ecc.), la mobilità attiva (ciclopedonale), intervenendo sulla sede stradale urbana per renderla multimodale, e la mobilità leggera (scooter elettrici e bici a pedalata assistita)”.


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