Dopo cinque anni e mezzo Yossi Cohen, ormai un fedelissimo di Netanyahu, lascia la direzione dell’agenzia. Al suo posto David Barnea, a cui viene attribuita l’operazione che ha portato all’eliminazione dello scienziato iraniano Fakhrizadeh, a capo del programma nucleare di Teheran
Fino a poche ore fa sapevamo soltanto l’iniziale del suo nome, la “D”. Oggi, dopo il via libera del procuratore generale Avichai Mandelblit, sappiamo che il prossimo capo del Mossad sarà David “Dedi” Barnea, 56 anni, sposato, quattro figli. L’ha annunciato oggi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in conferenza stampa. Al loro fianco c’era Yossi Cohen, che il primo giugno lascerà l’incarico dopo cinque anni e mezzo alla guida dell’agenzia in cui entrò 38 anni fa. Il suo compito principale? “Impedire all’Iran di acquisire armi nucleari”, ha dichiarato il capo dell’esecutivo.
LA CARRIERA
Yossi Melman, celebre giornalista israeliano ritenuto uno dei più grandi esperti di spionaggio nel Paese e non soltanto, ha firmato su Haaretz un ritratto del nuovo capo del Mossad, figlio di un ebreo fuggito dalla Germania nazista. “Vive nella regione di Sharon a Nord di Tel Aviv. Ha fatto il servizio militare nella Sayeret Matkal, un’unità delle forze speciali. Circa 30 anni fa, si è arruolato nel Mossad, dove è diventato un agente. Dopo un periodo di addestramento, è entrato nella Tzomet, la divisione dell’agenzia di spionaggio responsabile della localizzazione, del reclutamento e della gestione degli agenti e lì ha trascorso tutta la sua carriera (fino a dirigerla), a parte un periodo di due anni come vice capo della Keshet, la divisione responsabile del monitoraggio e dell’infiltrazione degli obiettivi. È stato nominato vicedirettore del Mossad nel 2018”.
L’APPREZZAMENTO
La scelta di Netanyahu per quello che molti definiscono “un riformatore” ha riscosso successo anche tra i critici del primo ministro: il sostegno dichiarato al Jerusalem Post dall’ex capo del Mossad Danny Yatom e dall’ex vice Ram Ben Barak, due che al premier non le hanno mai mandate a dire, certificano l’apprezzamento del mondo dell’intelligence.
L’ESPERIENZA
Nella Tzomet, spiega Melman, Barnea ha avuto a che fare con le priorità che sono state e che saranno ancora del Mossad: l’Iran e il gruppo sciita libanese Hezbollah, sostenuto dal regime di Teheran. Tra i successi che rientrano sotto la sua vicedirezione viene inclusa l’eliminazione (mai commentata dal Mossad) di Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano, attribuita al sevizio israeliano. Si è trattato di un’operazione, come raccontato su Formiche.net, che ha messo in luce diverse falle nell’intelligence iraniana.
SULLE ORME DEL PREDECESSORE
La sua carriera ricorda quella del successore Cohen, che fu a capo della Tzomet. Ma lo stile si annuncia diverso, scrive Melman. L’agenzia, che può contare su circa 7.000 uomini, tornerà “un’organizzazione di basso profilo che evita l’occhio del pubblico e l’attenzione personale che ha caratterizzato” gli ultimi cinque anni e mezzo, con Cohen diventato un fedelissimo del primo ministro, oltre che grande regista della sua politica estera, come dimostrato da un recente incontro con il segretario di Stato americano Antony Blinken. Tanto che nel Likud c’è chi lo vede come un possibile successore di Netanyahu. Ma non prima dei tre anni di riposo forzato a cui sarà costretto una volta lasciato il Mossad.
IL “NUOVO” MOSSAD
Sebbene il Mossad sia un’agenzia la cui missione principale è la raccolta di informazioni tramite agenti – human intelligence – negli ultimi dieci anni e mezzo, sottolinea Melman, ha fatto sempre più uso della tecnologia e della guerra cibernetica. Sembra che con Barnea “la tendenza verso ciò che è stato definito Hugint – una combinazione di human intelligence e signal intelligence – continuerà”.
IL RAPPORTO CON GLI USA
Al nuovo direttore spetta anche il difficile compito di rafforzare il dialogo con gli Stati Uniti di Joe Biden dopo i quattro anni di grande sintonia tra Washington e Gerusalemme quando alla Casa Bianca c’era Donald Trump (basti pensare agli Accordi di Abramo). Come ha sottolineato Ronen Bergman nel suo ritratto di Barnea su Yedioth Ahronoth, il nuovo capo si ritrova a gestire il Mossad in un momento molto delicato: da una parte la necessità di destinare ingenti risorse al dossier Iran (con l’amministrazione Biden intenzionata a rientrare nell’accordo nucleare Jcpoa), dall’altra la mancanza di lbottoni”, visto che il predecessore li ha premuti quasi tutti. Basti pensare ancora una volta agli Accordi di Abramo o agli assassinii mirati.
(Nella foto, da sinistra: David Barnea, Benjamin Netanyahu, Yossi Cohen)