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Dieci domande, ma stavolta pro-Berlusconi. Celotto sui dubbi di Strasburgo

Il giurista Alfonso Celotto analizza le dieci domande che la Corte Europea ha inviato al governo, per far luce sul processo che portò alla condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale. “Se gli daranno ragione, politicamente sarà un volano e gli servirà a certificare la sua tesi di essere da anni vittima di un sistema giudiziario politicamente orientato”

Le dieci domande della Corte Europea per i diritti dell’uomo sulla condanna per frode fiscale che costò i servizi sociali e l’incandidabilità a Silvio Berlusconi rischiano di scompaginare gli equilibri. Specie in un momento storico nel quale l’attenzione sul tema della giustizia è altissimo, visto l’indirizzo che il premier Mario Draghi sta dando alla sua azione di Governo anche in ottica di Recovery. Ma veniamo ai fatti. L’esecutivo, entro il 15 settembre, dovrà rispondere alla Cedu in ordine alla pena comminata al leader di Forza Italia nel 2013. I dubbi del tribunale di Strasburgo riguardano l’indipendenza del collegio che ha giudicato Berlusconi; mirano a capire se c’ stata una violazione del principio del ne bis in idem (uno stesso fatto illecito non può essere punito due volte, e Mediaset era già stata sanzionata dall’Agenzia delle Entrate); intendono fare luce sul rispetto dei diritti della difesa nell’audizione dei testimoni; oltre a scavare a fondo per fare luce sul riconoscimento delle attenuanti nella determinazione della condanna. Insomma non cose di poco conto.

“E’ un segnale importante che arriva dalla Corte Europea. Specie perché si tratta di una richiesta ben precisa su un processo che ha avuto una sentenza che ha già prodotto i suoi effetti”. La sottolineatura arriva da Alfonso Celotto, costituzionalista e docente all’università di Roma Tre. “Se da Strasburgo chiedono approfondimenti sulla correttezza e sul corretto svolgimento di tutte le fasi processuali – così il giurista – è un segnale di come in realtà, il dubbio ci sia eccome”. Tanto più che in linea di massima “la Cedu non interviene su questioni che si sono già chiuse. E’ un comportamento inusuale che, ancora di più, proietta l’attenzione sulla necessità di riformare il sistema giudiziario in maniera strutturale”.

Adesso al Governo non spetta che “ricostruire tutte le fasi processuali e cercare di dimostrare che il procedimento che si è svolto a carico di Berlusconi, si è celebrato nei limiti previsti dalla Cedu e nel solco delle regole del giusto processo”. Pare facile, ma sarà molto probabilmente un ginepraio. Sull’esito di questo confronto, comunque, Celotto non ha dubbi: “Qualora la Corte europea dovesse dimostrare che non sono state rispettate le regole del giusto processo, per il leader di Forza Italia si profilerebbe solamente un’ipotesi risarcitoria. Visto e considerato che la pena è stata già scontata”. In definitiva, questa diventerà “una interessante sfida, in punta di fioretto, su filo del diritto”.

Politicamente, invece, l’esito del pronunciamento che darà la Corte, “sarà molto importante per Silvio Berlusconi”. Cioè, se la Cedu sosterrà che il processo non ha rispettato determinati dettami “il leader di Forza Italia avrà modo di dimostrare la teoria che rivendica da anni: l’essere vittima di una magistratura politicamente orientata”. Un tema che affonda radici nell’imminenza del crepuscolo della Prima Repubblica. “L’uso politico della magistratura – ricorda Celotto – fu denunciato da Bettino Craxi, nell’ambito dell’inchiesta ‘Mani Pulite’, arrivando a Silvio Berlusconi, instancabile denunciatore di questo utilizzo dell’organo giudiziario”.

Un’altra cosa è certa: “Questa vicenda getterà ulteriore benzina sul fuoco sul tema della riforma della giustizia. Anche se, a mio parere, prima di tutto occorrerebbe agire sfoltendo i processi (sia civili che penali) e riducendo il numero delle fattispecie. Solo così si potrà pensare di avere un sistema della giustizia che esca dalle lungaggini che attualmente lo caratterizzano”. Forse, chiude il giurista, “sarà l’occasione anche per riflettere sulla necessità di rivedere le dinamiche interne al Csm. Uscendo dalle logiche correntizie che ancora ne influenzano le elezioni”


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