Che sinodo sarà? Sarà un sinodo deliberativo? Il sinodo che gran parte del clero e del laicato attende non è un sinodo capace di recepire la chiara indicazione che il papa diede a Firenze nel 2015? Il commento di Riccardo Cristiano
Conferenza stampa conclusiva dei lavori della Conferenza Episcopale Italiana. Si parla, per la prima volta, di un sinodo della Chiesa italiana, che si farà. Dopo un evento come la pandemia che ha slabbrato, per usare un termine cui ha fatto ricorso il cardinale Bassetti in una precedente circostanza, la società italiana, posto in risalto fragilità, messo in grave difficoltà l’economia e la tenuta del tessuto sociale, forse è difficile immaginare qualcosa di più importante non solo per la Chiesa ma per tutta la società italiana. “La nazione non è un museo, ma un’opera collettiva in permanente costruzione, in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche e religiose”, disse Francesco nel 2015 ai vescovi italiani. Ora, dopo la pandemia, quest’opera collettiva ha urgente bisogno di “operai”, consapevoli di cosa va ricostruito. I traumi sono traumi, anche se si pensa che siano passati. La delibera diramata però è scarna: “I Vescovi italiani danno avvio, con questa Assemblea, al cammino sinodale secondo quanto indicato da papa Francesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Permanente il compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea”. E le linee guida? La concretezza non sembra cedere il passo?
Il cardinale Bassetti ha provato con onestà a far emergere una sintonia con Francesco, ha parlato di Chiesa col volto di madre, che condivide le speranze e i dolori dei suoi figli. Ha aggiunto che è l’ora della riconciliazione ecclesiale e della riconciliazione con il mondo. Ma quando è stato richiesto qualche dettaglio in più sui meccanismi di partecipazione e sulle tematiche la risposta non è stata certo esaustiva. Certo, Bassetti ha detto che i temi caldi sono quelli del lavoro, dell’inverno demografico, della coesione sociale, non quelli sollecitati in Germania, dove un bollente sinodo nazionale tratterà di sacerdozio celibatario e altri spinosissime questioni. Questioni importanti, ha osservato Bassetti, ma non quelle decisive. Però il tema degli abusi, o del ruolo delle donne nella Chiesa, contano, gli è stato fatto notare. E contano perché abuso e ruolo della donna sono questioni centrali per tutta la nostra società, come la questione demografica, posta dallo stesso Bassetti, e quella migratoria, che nella discussione odierna non è stata evocata. Ma perché un Paese nelle evidenti difficoltà demografiche di oggi non può o non vuole connettere questi due temi, evidentemente connessi tra di loro? Il cardinale ha detto che la speranza è la capacità di vedere il domani, ma oggi. Allora la Chiesa che affronta oggi il tema del ruolo delle donne e dei laici salutando il clericalismo non sarebbe una Chiesa che vede il tema di domani, e cioè quello di una società partecipata, viva, dove l’inverno non è un destino? Ma le stesse domande poste al presidente hanno finito con l’esulare dallo specifico, andando più insistentemente su temi apparentemente caldi, come lo ius soli o il ddl Zan, quasi che il sinodo apparisse non il cuore.
L’impressione è che il sinodo ci sia, ma ancora non si sappia come. “No al parlamentarismo”, si è detto nelle ore trascorse offrendo un’idea di sinodo che non è una conta. Certamente deve essere così. Eppure i Parlamenti nella storia sono nati per ispirazione arrivata dai capitoli degli ordini religiosi.
A corto di risorse materiali l’Italia avrà il sostegno europeo con il Pnrr, ma le risorse spirituali non può prestarle nessun Paese amico. Se è tema importante quello della vaccinazione in vacanza vuol dire che le risorse spirituali però servono urgentemente, come quelle economiche. Ecco la centralità del sinodo, sulla quale molto ancora resta da capire. Una società slabbrata, per ripetere il termine convincente usato tempo fa dal cardinale Bassetti, ha bisogno del sinodo perché alla sfida della solitudine sociale difficilmente si può contare su altre risposte per ricostruire la certezza di essere insieme, cittadini.
Dunque quello che arriva che sinodo sarà? Sarà un sinodo deliberativo? Il sinodo che gran parte del clero e del laicato attende non è un sinodo capace di recepire la chiara indicazione che il papa diede a Firenze nel 2015? Erano i giorni del Convegno Ecclesiale e Francesco disse: “L’ho detto più di una volta e lo ripeto ancora oggi a voi: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”.
La Chiesa italiana ha scelto di uscire davvero? Condivide il modello di Chiesa proposto da Francesco? Andare incontro a un Paese smarrito richiede cautela, ma non solo. L’idea di Francesco, a mio avviso, è che meno prudenza aiuterebbe a fronteggiare quella scristianizzazione di cui tutti parlano, ma nell’offerta concreta di risposta ai problemi dell’oggi.