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Cina, 5G e polizia. Siamo sicuri? I dubbi di Pagani (Pd)

Di Alberto Pagani

La gara da 1 miliardo per il 5G delle forze di polizia svelata da Formiche.net deve suonare un campanello d’allarme. Se quelle tecnologie finiscono in mano a fornitori cinesi facciamo un passo più lungo della gamba. E forse il golden power non basta. Il commento di Alberto Pagani (Pd)

“Se non si conoscono i piani dei signori vicini, non si possono stringere alleanze ; se non si conosce la conformazione di monti e foreste , paesaggi pericolosi e acquitrini, non si possono muovere eserciti … Si rifletta con cura prima di muoversi; vince chi per primo conosce le strategie dirette e indirette”.

Sono parole molto antiche, del generale cinese Sun Tzu, scritte in quel grande classico del pensiero strategico orientale che è “L’arte della guerra”. Circa 2500 anni dopo di lui, nel 1996, due colonnelli superiori dell’a eronautica cinese, Qiao Liang e Wang Xiangsui, hanno pubblicato “Guerra senza limiti”, un testo militare sul concetto di sistema d’arma che teorizza che è la guerra stessa ad essere cambiata.

I due ufficiali sostengono che nel nostro tempo ci troveremo ad affrontare guerre asimmetriche completamente nuove, nelle quali si combineranno dimensioni diverse, che fino ad oggi non sono state considerate mai guerra, da quella delle informazioni a quella economica e finanziaria e, riferendosi all’Occidente, affermano che “esso non è adeguatamente preparato ad affrontare questo genere di nemici dal punto di vista psicologico, in termini di provvedimenti, in particolare per quel che riguarda il pensiero militare e i metodi operativi che ne derivano. Ciò in quanto gli americani (l’Occidente, ndr.) non hanno mai considerato mezzi contrari alla tradizione e di adottare sistemi operativi diversi dai mezzi militari”.

La lungimirante preveggenza delle parole dei due militari cinesi è la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo la notizia relativa al bando per l’acquisizione di tecnologie per le telecomunicazioni delle forze di polizia italiane, che non pone limitazione alcuna alle tecnologie utilizzabili ed assegna la commessa al fornitore che offre semplicemente la migliore qualità al prezzo più conveniente.

Chiunque conosca le problematiche di penetrazione connesse al settore, e come la fornitura della tecnologia di rete può consentire al fornitore stesso di agire sull’efficienza e la sicurezza della rete delle telecomunicazioni, capisce immediatamente i rischi connessi a queste acquisizioni.

Con un bando aperto e senza limitazioni, qualora la Repubblica Popolare Cinese si ponesse l’obiettivo di inserire tecnologia propria nelle reti di telecomunicazione delle forze di polizia italiane, dovrebbe solo renderla economicamente molto conveniente, sollevando le aziende fornitrici dalla preoccupazione di venderla in perdita, e avvalendosi poi della prerogativa che la sua legge garantisce, che obbliga ogni azienda cinese a collaborare con le forze di sicurezza e di intelligence quando fosse chiamata a farlo.

Stupisce che, malgrado nel 2017 questa preoccupazione fosse già presa in esame dal Ministero degli Interni Italiano, un rapporto del Copasir del 2019 abbia evidenziato i potenziali rischi dell’utilizzo delle tecnologie di rete cinesi nei sistemi di telecomunicazioni nazionali, e persino una recente trasmissione televisiva abbia evidenziato la minaccia che si può nascondere dietro l’utilizzo delle tecnologie cinesi di sorveglianza, la pubblica amministrazione non abbia ritenuto di adottare provvedimenti specifici per garantire la sicurezza delle comunicazioni delle forze di polizia nella gara per la “realizzazione di un servizio LTE Public Safety sul territorio di 11 (undici) province, articolantesi nella fruizione di un servizio di comunicazione MCPTT e fonai, di un servizio di videosorveglianza in mobilità e di un servizio di accesso a banche dati, con una durata pari a 36 mesi”.

Sorprende ancora di più che non si ritenga necessario proteggere la sicurezza di infrastrutture critiche come queste evitando gare al massimo ribasso e verificando requisiti di affidabilità degli operatori e delle tecnologie impiegate.

Che dire? Forse i due colonnelli cinesi avevano ragione a sostenere che non siamo preparati “dal punto di vista psicologico, ed in termini di provvedimenti.” A questo punto però mi pare evidente che non bastino più le misure difensive del perimetro cibernetico e del golden power, è necessario che ci sia una discussione politica seria su questo tema, dalla quale discendano decisioni vincolanti e chiare, per orientare l’azione della pubblica amministrazione, che pare voglia ragionare solo per compartimenti stagni, sacrificando la sicurezza sull’altare della convenienza economica e delle regole del libero mercato.


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