La crisi finanziaria del gigante di Stato Huarong, insolvente per 22 miliardi di yuan, sta alimentando sfiducia e timore verso la sostenibilità del debito cinese. Gli stessi segnali che precedettero il dramma ellenico (e anche italiano) nell’estate del 2011
Ancora oggi, solo a sentirne parlare a qualcuno correrà un brivido lungo la schiena. La Grecia e il suo crack finanziario è ancora oggi, un po’ come l’Argentina, il simbolo della devastazione che un debito sovrano fuori controllo può portare. La Cina, che con i suoi ritmi galoppanti di crescita all’indomani della grande pandemia ha stupito il mondo, non è molto lontana da una crisi del debito. Di quelle contagiose, come quella che nell’estate del 2011 fece schizzare gli spread tra i debiti sovrani in Ue (il caso italiano fu emblematico, al punto da mandare a picco il governo Berlusconi).
In questi giorni il Dragone sta facendo i conti con la crisi del gigante di Stato Huarong, il principale e più importante gestore del debito, privato e pubblico. Ma, almeno per il momento, insolvente visto che al netto delle rassicurazioni di facciata, Huarong non ha onorato obbligazioni per quasi 22 miliardi di yuan. Il che, lo si è visto dall’andamento in Borsa, ha scatenato un’ondata di panico che ha provocato un crollo a più riprese del titolo. Ed è proprio quello il problema, il panico e il timore, seme di ogni crisi finanziaria.
Due tra i più autorevoli media finanziari, l’agenzia americana Bloomberg e il South China Morning Post, hanno acceso un faro proprio su questo. E cioè sulle assonanze tra la strisciante crisi del debito cinese, che oltre al caso Huarong annovera i tanti governi locali cinesi sull’orlo del default, e la Grecia. “La crescente preoccupazione per la salute finanziaria di China Huarong Asset Management e il dramma che si sta consumando attorno al colosso del debito controllato dal governo cinese sono estremamente simili ai timori visti in Europa esattamente dieci anni fa: l’allora probabile dissoluzione della zona euro, il ruolo delle agenzie di rating nel segnalare i rischi e la minaccia di un diffuso contagio finanziario sono riapparse nel mercato cinese delle obbligazioni societarie”.
Insomma, “proprio come le preoccupazioni sulla sostenibilità dell’enorme fardello del debito pubblico della Grecia e la valutazione errata del rischio in tutta la zona euro nell’estate del 2011 hanno preceduto lo scoppio della crisi del debito in Europa in autunno, le debolezze nel mercato delle obbligazioni societarie cinesi e l’incertezza sul sostegno di Pechino alle imprese statali in difficoltà stanno influenzando negativamente l’umore degli investitori, innescando una spirale di paura”.
Pechino, dunque, potrebbe essere travolta dallo tsunami che costò la Troika ad Atene e manovre lacrime e sangue all’Italia, su diretta richiesta di Bruxelles. “La drammatica svendita delle obbligazioni di Huarong del mese scorso, innescata anche dal mancato rilascio dei risultati del 2020 sta alimentando la speculazione su una ristrutturazione o un default di una società che nei fatti è espressione del governo cinese”. E, scrivono ancora le due testate, il fatto che lo scorso 26 aprile Fitch abbia declassato Huarong a BBB, rappresenta il primo vero dubbio di un’agenzia di rating sulla capacità di Pechino di sostenere e proteggere le grandi imprese di Stato, quale Huarong è.
In Cina insomma, è tempo di aprire gli occhi sulle reali condizioni del debito sovrano. Alla fine di marzo, il titolo di Huarong veniva scambiato a 102 centesimi. Oggi a 67.