Dopo mesi di attacchi frontali, il Dragone annovera una controllata del colosso fondato da Jack Ma nella squadra di operatori che dovrà avviare l’immissione della valuta virtuale nel mercato. Ma dalla finanza tradizionale arrivano cattive notizie…
Verso l’e-yuan, a tutta velocità. La Cina continua a tenere i giri alti nella corsa globale alle valute virtuali emesse dalle banche centrali, che presto o tardi affiancheranno il buon vecchio contante e anche gli stessi pagamenti elettronici. C’è chi vede un attacco frontale al sistema monetario con baricentro il dollaro, germe di una guerra valutaria tra Cina e Stati Uniti. E chi invece parla di naturale evoluzione della moneta. Ma a Pechino importa poco, quello che conta davvero è arrivare al traguardo prima degli Usa e dell’Europa. Magari per mettere almeno per il momento da parte i seri, serissimi, problemi di debito del sistema finanziario cinese (il caso Huarong è emblematico), banche e immobiliare in testa.
E così, dopo aver dichiarato guerra aperta al fintech, adesso la squadra della Repubblica Popolare si arricchisce di un player di tutto rispetto: Alipay, la piattaforma dei pagamenti online del colosso Alibaba. E pensare che in soli sei mesi il governo del Xi Jinping ha letteralmente annichilito il gruppo fondato da Jack Ma, attraverso una combinazione di colpi micidiale, tra cui una multa Antitrust da 2,8 miliardi di dollari e la trasformazione coatta in holding del braccio fintech, Ant. Adesso però, come scritto da Formiche.net pochi giorni fa, si sta avverando quello che sembra un paradosso: Alibaba darà ma forte alle autorità cinesi nella rincorsa allo yuan virtuale, collaborando all’ingresso sul mercato della valuta virtuale.
Tutto, ha rivelato il Global Times in queste ore, merito di MyBank, una banca online il cui azionista di riferimento è proprio Ant e ufficialmente inclusa nella squadra di istituti commerciali che dovranno, previa autorizzazione della Pboc, la banca centrale cinese, immettere lo yuan digitale nel mercato. L’accordo è arrivato nel week end e questo significa che una volta completato l’iter per il lancio della valuta cinese virtuale, MyBank potrà concedere per esempio prestiti in e-yuan, avviando la circolazione della valuta virtuale. Di più, la stessa Alipay potrà, anzi dovrà accettare pagamenti mediante yuan digitale, creando così una sorta di operazione-circolazione della moneta virtuale su due livelli.
Insieme a MyBank opereranno istituzioni finanziarie tradizionali: Industrial and Commercial Bank of China, Agricultural Bank of China, Bank of China e China Construction Bank. Per quanto riguarda le piattaforme invece, oltre ad Alipay, verranno coinvolte Eleme, Hema, Tmall Supermarket, curiosamente tutte di proprietà di Alibaba. Ma per una buona notizia che arriva, ce ne è una cattiva. Alle gioie cinesi della finanza innovativa si contrappongono i dolori della finanza tradizionale.
E cioè la crisi dei maggiori istituti di credito del Dragone, che uno dopo l’altra hanno mancato i target di utile indicati nel 2020. D’altronde le banche cinesi sono state letteralmente travolte da un’ondata di sofferenze, famiglie e imprenditori che non riescono a rimborsare i prestiti concessi. Il che ha prodotto massicce svalutazioni dei crediti, con inevitabili conseguenze sui bilanci. I profitti stanno dunque aumentando, ma più lentamente del previsto. Il che in Cina è una notizia. Nel primo trimestre, l’utile netto delle banche commerciali è cresciuto dell’1,5% anno su anno, ben al di sotto del consenso degli analisti stimato al 5%.
Nelle quattro banche più grandi – Industrial and Commercial Bank of China, China Construction Bank, Agricultural Bank of China e Bank of China (BOC), i profitti sono aumentati di meno del 3% su base annua, disattendendo le aspettative degli analisti. Azionisti e investitori sono anche preoccupati per le conseguenze per le banche di una possibile ristrutturazione di China Huarong Asset Management, il più grande gestore di crediti della nazione. Le sue obbligazioni offshore sono crollate a livelli spazzatura e Fitch e Moody’s hanno tagliato i loro rating dopo che la società ha mancato le scadenze per la divulgazione degli utili, alimentando i timori di una ristrutturazione del debito. Un bel problema.